Andrea Morucchio, Back in Black alla Ca’ Pesaro di Venezia

di Redazione Commenta

La mostra presenta (dal 2 settembre al 23 ottobre 2011) una selezione di sei opere plastiche, una stampa e un video, il cui legame formale più evidente è il colore nero. Si tratta di lavori particolarmente rappresentativi del percorso artistico di Andrea Morucchio (1967), sviluppatosi in un ampio orizzonte di ricerca: fotografia, scultura, installazione, video e performance, sono i mezzi utilizzati da più di un decennio in una continua sperimentazione di dimensioni espressive, esperienziali e creazioni di senso.

Continua con questa mostra la “vocazione” della Sala 10 – l’ultima del percorso museale – che ancora una volta si propone come uno spazio dedicato a rotazione alla presentazione di inediti dalle collezioni, riscoperte e saggi significativi di video-arte e videografia e, come in questo caso, a importanti sperimentazioni di giovani artisti.Alla mostra è abbinato un catalogo, con testi introduttivi di Silvio Fuso e Stefania Portinari e, per le singole opere, testi di Giovanni Bianchi, Daniele Capra, Chiara Casarin, Gaia Conti, Domitilla Musella, Andrea Pagnes, Silvio Saura, Alberto Zanchetta. Back in Black presenta una serie di opere in cui l’interesse sensoriale per la forma non è mai disgiunto dal livello simbolico o metaforico. Forme e significati si richiamano, dialogano e si sviluppano tra scultura, video performance e fotografia, in un allestimento suggestivo che allude allo Zeitgeist, lo spirito del tempo che stiamo vivendo.

Uno spirito buio, tra guerra, crisi economica, disastri ecologici, il populismo e le “videocrazie”. Un “ritorno al nero” come metafora cromatica della nostra contemporaneità, che stimola riflessioni necessarie per scoprire e forse perfino modificare le caratteristiche del mondo in cui viviamo.

Andrea Morucchio (Venezia 1967), laureato in Scienze Politiche presso l’Università di Padova, inizia l’attività come fotografo nel 1989, realizzando alla metà degli anni ’90 un importante ciclo di lavori legati alle permanenze a Cuba e in Nepal. Dalla fine degli anni ’90 amplia la propria ricerca linguistica – sovente supportata da riflessioni di carattere politico-sociale – su diversi fronti, dalla scultura all’installazione, dal video alla fotografia, alla performance.

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