Com’è triste Bologna parte 1

di Redazione Commenta

Artribune ha da poco pubblicato alcuni video-bollettini con le opinioni dei galleristi presenti quest’anno ad Artefiera Bologna. Inutile aggiungere che le dichiarazioni rilasciate da alcuni dealers mi hanno lasciata un poco perplessa. Come precisato in seguito dal sempre puntuale magazine, a telecamere spente le opinioni dei galleristi erano un tantino diverse. Di certo a qualcuno la fiera ha giovato ma la maggior parte delle gallerie partecipanti sono tornate a casa con un pugno di mosche, anzi con la sacca piena di biglietti da visita e qualche rimpianto.

La crisi forse non colpirà le fiere d’oltreconfine ma dalle nostre parti il disastro economico si sente eccome ed è inutile continuare con questo negazionismo berlusconiano reiterato da Silvia Evangelisti, l’Italia è ferma, il mercato dell’arte contemporanea non sta attraversando un momento felice e la vetusta formula di Artefiera non regge il passo con i tempi. La recessione arriva inevitabilmente anche a Bologna, dove dopo una preview semideserta ed un venerdì che ha fatto tremare le ginocchia a tutti (colpa anche dei numerosi scioperi nazionali e dei cataclismi naturali), i rimanenti giorni di fiera sono sfilati senza troppe sorprese e senza troppa calca.

Fortuna vuole che quest’anno, a differenza di quelli passati dove le riserve erano blindatissime, l’organizzazione ha deciso di elargire a moltissimi visitatori il biglietto gratuito per tentare di “fare massa”. Ma riempire i vuoti serve a poco, se poi il collezionismo latita. Purtroppo un altro grosso enigma di Artefiera è il collezionismo proveniente da oltreconfine e sinceramente non si riesce a scorgere una precisa ragione per presenziare ad una fiera sempre più rimaneggiata.

Per quanto riguarda i contenuti di questa edizione va detto che il numero degli stand presenti alla kermesse è stato notevolmente ridotto e se qualcuno ha accolto la cosa con grande tripudio, gridando ad una “vittoria sul sole” per la fruibilità è chiaro che l’assenza di tanti big rappresenta un campanello d’allarme poco rassicurante: se vengono a mancare molti punti d’interesse anche il collezionismo potrebbe presto migrare verso altri lidi. Va inoltre detto che questo “taglio” non coincide con un’accurata selezione e si rischia sempre più di perdersi gli altri big per strada. -continua alle ore 15-

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