Arte politica e politica dell’arte

Fare arte vuol dire fare politica. Più che lecito parlare di arte politica o politica dell’arte, anche se per qualcuno l’arte rimane un momento di creatività slegata dal linguaggio politico. Eppure oggi più di ieri l’artista non può non tener conto degli aspetti per così dire “burocratici” della vita creativa. I musei, i ministeri, gli assessori, gli addetti, i direttori e persino i collezionisti, tutti appartengono ad un colore politico e purtroppo bisogna sapersi accodare se in qualche modo si vuole continuare a lavorare.

Citarsi addosso

La citazione è il male del secolo, l’equivalente della panna in cucina: buona solamente ad uccidere qualsiasi sapore. Il citazionismo è però una delle pratiche più in voga tra le nuove schiere di giovani artisti e tra le masse in movimento della critica per così dire moderna. La regola è molto semplice, si prende un filosofo o un fatto storico di grande importanza e lo si inserisce all’interno di una ricerca altrimenti vuota e fuori da ogni contesto.

Largo ai gggiovani, anzi no!

Strano Paese, l’Italia. Siamo sempre pronti a criticare ogni tipo di lobby, di massoneria, di nepotismo e di favoritismo, ma saremmo anche  i primi a voler partecipare a questo imbandito desco, qualora ne avessimo il privilegio. La cosa che più odiamo è il vecchio, il passato che continua imperterrito ad impedire al nuovo di avanzare. Eccoli li, i tromboni ancora saldamente al comando sulle loro poltrone, eccoli i baroni delle università e delle farmacie.