Into the surface

Brand New Gallery di Milano inaugura il 12 gennaio la mostra collettiva Into the surface. Fortemente interessati a trasporre in maniera tradizionale interessi pittorici su supporti e media anticonvenzionali, questo gruppo di artisti focalizza l’attenzione sul processo creativo in sé rispetto alla rappresentazione della realtà, relazionando i propri diversi processi creativi ed il proprio atteggiamento al concetto di “materia astratta”. Adottando un insieme di segni e strategie laddove linguaggi diversi si intrecciano in una continua ridefinizione del concetto di forma, questi artisti indirizzano i loro interessi al principio elementare della pittura attraverso l’uso di materiali inusuali, spesso semplici e grezzi, segnati dal luogo d’origine e dalle esperienze con essi condivise.

Ibridi tra pittura e scultura o tra pittura e fotografia, queste opere sono concepite con intensità, delicatezza ed un sottile senso di equilibrio. È interessante notare come ogni artista abbia un approccio specifico e differente alla materia che costituisce l’opera d’arte, da cui scaturisce una diversa poetica di fondo. Se le tele di Aaron Bobrow incorporano l’accidentale nell’estetica attraverso l’esplorazione dei limiti di vita dei materiali industriali (protési attraverso segni gestuali a divenire oggetti d’arte), Phil Wagner lavora principalmente con materiali poveri, oggetti ritrovati, recuperati e riciclati attraverso un continuo collegamento espressivo tra pittura e scultura; anche le opere di Alex Dordoy vengono percepite in primo luogo attraverso il supporto fisico e si configurano come detriti industriali, questa volta impregnati di un miscuglio di sostanze pittoriche.

Giulio Paolini alla galleria Massimo Minini

Per la sua sesta esposizione personale alla Galleria Massimo Minini, Giulio Paolini ha realizzato quattro lavori inediti di grande formato. Ciascuna stanza accoglie una sola opera, che attraverso il suo titolo ne evoca un’altra, esposta dall’artista in precedenza nella stessa galleria. “Quanto d’inedito e inatteso queste nuove immagini propongono è però anche traccia antica e sedimentata della nostra comune memoria”, scrive Paolini nella lettera a Minini riprodotta nel foglio-invito della mostra che ripercorre la lunga amicizia tra il gallerista e l’artista.

Nella prima stanza, intitolata L’ospite, quattro cornici dorate presentano un’inquadratura fotografica dello studio dell’artista, che a sua volta inscrive un’immagine dell’ambiente medesimo in cui il lavoro è esposto e nel quale Paolini ha allestito nel 1989 la mostra omonima. Tutt’intorno, altre cornici amplificano sulla parete la prospettiva suggerita dalle fotografie. Nell’ambiente successivo, Eco propone un grande disegno sviluppato su due pareti adiacenti, che attraverso una serie di riquadri evoca la sequenza dei nove elementi costitutivi dell’opera dallo stesso titolo esposta a Brescia nel 1976.

“Prefigure”, ovvero quando l’arte gioca d’anticipo

Nella Wunderkammern romana performance art, body art e poesia visiva parlano italiano attraverso una mostra che celebra due figure storiche nazionali: Tomaso Binga e Guglielmo Achille Cavellini. Personaggi, questi, che hanno saputo anticipare modalità di comunicazione e di interpretazione in vigore nella società odierna, come allude il titolo ‘Prefigure’.

Ciò che li accomuna è una ricerca basata sul concetto d’identità, mettendo ironicamente in gioco se stessi, e la data del 1971, anno di svolta per entrambi. Se Bianca Menna assume il nome maschile di Tomaso Binga in riferimento all’ambiguità dei ruoli sociali legati al sesso, non è da meno Cavellini che inizia la divulgazione della propria figura di artista nel futuro, attraverso un ambizioso programma che approderà alla celebrazione del suo centenario nel 2014, grazie alla promozione della stessa Wunderkammern. Nella galleria si attua un confronto diretto tra i due protagonisti che si suddividono, letteralmente, lo spazio dell’unica sala esponendo lavori degli anni Settanta.

WERTTRANSPORT indaga sulle condizioni dell’artista contemporaneo

Sabato 14 Gennaio 2012 inaugura presso la galleria VBM 2O.1O a Berlino la mostra WERTTRANSPORT a cura di Zara Audiello e l’Associazione culturale 22.37, collettiva di Rebecca Agnes, Kristine Alksne, Elena Bellantoni, Luis De Matos, Marco Giani, Irma Markulin, Stefania Migliorati, Marco Pezzotta, Ivana Spinelli.

Werttransport (trasporto valori) nasce da un’indagine sulle condizioni dell’artista contemporaneo. In particolare su quell’aspetto che da sempre caratterizza l’artista, ma che oggi, in una società globalizzata, appare sottovalutato se non addirittura ignorato in ambito politico, economico e sociale: la mobilità. Il processo migratorio in ambito culturale, i cui principali attori sono da sempre gli artisti, è un fenomeno che si estende su scala globale e concorre a definire zone di ibridazione culturale in cui si riconoscono particolari centri di connessione.

Carlo Bach – Time will tell

Time will tell segna il ritorno di Carlo Bach sulla scena artistica da protagonista, con la mostra personale che inaugura oggi da LipanjePuntin artecontemporanea, a cura di Marco Puntin.

Fotografie, objets retrouvés, pareti screpolate dalla storia e dalla memoria, oggetti antichi e solidi da cui fuoriesce un flusso costante di sabbia: queste sono le opere esposte. Un’interpretazione personalissima del tempo da parte di Bach. Il tempo, come categoria oggettiva o soggettiva, è stato indiscutibilmente uno dei fulcri su cui si è imperniata la riflessione filosofica di tutti i tempi: a partire dalla concezione ciclica e circolare, legata alle cadenze della natura del mondo pagano, alla rivoluzione agostiniana del tempo lineare, per arrivare alla riflessione degli ultimi secoli, in cui ogni possibilità di cogliere il tempo, come fattore esterno, eterno e immutabile, si disintegra sotto i colpi della soggettività.

Craigie Horsfield e Melissa Kretschmer alla galleria Alfonso Artiaco

La galleria Alfonso Artiaco di Napoli inaugura il 16 dicembre due mostre: la mostra personale di Craigie Horsfield e nel Project space la mostra di Melissa Kretschmer. Craigie Horsfield (nato a Cambridge nel 1949) è uno dei principali artisti contemporanei nel campo dei progetti sociali: il suo lavoro ha aperto la strada ad una significativa evoluzione dei concetti di comunità e di individuo che hanno influenzato molti artisti che, dopo di lui, si sono cimentati in questo campo.

Le opere di Horsfied spaziano tra diversi media: dai video alle installazioni, dalla fotografia alle sound installation fino ad arrivare alle performance, ciascuno posto sempre in un rapporto dialogante con l’altro ed utilizzati per una costante riflessione sui concetti di “relazione” e di “slow time”, di cui è riconosciuto come l’autore più influente. Per “relazione” Horsfield intende l’idea secondo la quale ciascun individuo si genera attraverso le relazioni che intesse con gli altri per creare un nuovo individuo che si sostanzia in ciascun incontro ed in ciascuna conversazione. I progetti sociali, le installazioni i suoi video o gli arazzi, sono tutti legati dalla costante speculazione sulla nozione di “relazione”, sia nel suo divenire, sia come racconto.

Damien Hirst e gli Spot Paintings, nuovi stimoli e giuste energie?

Era da molto tempo che non si sentiva parlare di lui ma evidentemente il folletto dell’arte contemporanea, al secolo mr. Damien Hirst era impegnato a preparare l’ennesimo colpo da maestro. Questa volta il piccolo genio della YBA è tornato sui suoi passi dando forse l’ennesima prova di una mancanza di idee alquanto condivisa all’interno del sistema internazionale, giunto oramai in una fase di stanca.

Per analizzare meglio questa notizia dobbiamo però partire dal passato. Come ben ricorderete, nel 2008 il signor Hirst organizzò un’asta storica, giusto prima del disastro economico dove tra le altre cose scoppiò anche la bolla speculativa dell’arte contemporanea. In quel frangente più di 21.000 persone visitarono la preview exhibition di Sotheby’s con le opere all’asta e nella conseguente vendita di due giorni il celebre artista totalizzò un bottino di circa 200 milioni di dollari. Ebbene, proprio all’alba di quella storica asta, Damien Hirst dichiarò al mondo intero che non avrebbe più creato spot paintings, vale a dire quei simpatici dipinti astratti con i pallini colorati.

Daria Martin | Anna Halprin – Minotaur

La galleria Raffaella Cortese di Milano inaugura il 15 dicembre la mostra di Daria Martin, filmmaker (San Francisco, 1973) con base a Londra, e Anna Halprin (classe 1920), coreografa e performer americana. Con Minotaur la galleria apre una serie di mostre in cui due artisti, che si sono scelti tra loro, dialogano sui temi cardini della propria ricerca.

In questa prima stagione si confronteranno artisti di diversa generazione, legati da un rapporto maestro – allievo. Daria Martin per il suo film capolavoro Minotaur, ha chiesto la collaborazione di Anna Halprin, artista performativa punto di riferimento nella danza post moderna, che Daria ha sempre amato e guardato con ammirazione. Halprin è una figura determinante nella coreografia del 20 ° secolo, la cui carriera abbraccia più di sette decenni. Spesso accreditata come ideatrice della danza postmoderna, nel 1960 ha insegnato danza ad Yvonne Rainer, Trisha Brown, Simone Forti, Robert Morris e altri che poi a formarono il gruppo Judson Church di New York. Nella seconda metà della sua carriera, divenne una figura di spicco nel campo della danza come arte di guarigione.

Monica Alonso – Angustia Blanca

La Galleria Tiziana Di Caro di Salerno inaugura il 17 dicembre Angustia Blanca, seconda mostra personale nei suoi spazi di Monica Alonso (A Fonsagrada, Lugo, 1970). La mostra prevede opere realizzate nel periodo tra il 2009 ed il 2011, attraverso cui Monica Alonso intende presentare la sua nuova linea di lavoro fortemente connessa alla terapia “psico – spaziale”, che consiste nel localizzare reazioni di carattere psicologico ed emotivo, spingendosi oltre il discorso artistico o estetico, e trasformando gli spazi espositivi in luoghi di percezione e analisi, che stimolano lo spettatore a costruire una personale dimensione terapeutica.

Da qualche anno Monica Alonso ha concentrato il proprio campo d’indagine sull’angoscia, che ha già trattato in una grande installazione intitolata Angustia Fria – Angustia Caliente (Angoscia Fredda – Angoscia Calda), realizzata durante la residenza – premio CAM di Arte Plastica, che l’ha vista viaggiare dalla Norvegia al Brasile, passando per differenti luoghi, al fine di sperimentare le variazioni emozionali derivanti dai cambiamenti di temperatura, che erano state oggetto di Calor, la sua prima mostra personale a Salerno nel 2008.

Noncorpi, a Siena una mostra multimediale racconta l’immaginario del corpo del nostro tempo

Ogni epoca produce delle immagini dei corpi come metafore delle condizioni sociali, culturali e politiche che la caratterizzano. Noncorpi è una mostra multimediale sull’immaginario del corpo del nostro tempo che, da sabato 10 dicembre a martedì 20 dicembre, proporrà negli spazi del Siena Art Institute e della Galleria FuoriCampo di Siena video e audio installazioni, fotografie, oggetti luminosi, interventi performativi con strumenti acustici ed elettronici che indagano il rapporto fra il corpo e le società nell’epoca del capitalismo globale.

Dieci gli artisti in mostra: Robert Gligorov, Andrea Marini, Ongakuaw & see|zee_vizual, Elisa Biagini, Mauro Magrini e Dejan Atanackovic, curatore dell’evento, in collaborazione con il duo Di Volo & Tancredi e Mauro De Lillo. A partire dal concetto di nonluogo come spazio concepito per il veloce attraversamento di masse, informazioni, servizi, in cui il segno prevale sul contenuto fino quasi a sostituirlo, i noncorpi sono l’esito di una società sempre più consumistica, in cui anche il corpo viene ridotto a puro segno, sezionato, frammentato, frugato fin nelle cavità, attraversato esattamente come un nonluogo: dall’interno, ad opera di industrie farmaceutiche, produttori di fast food, promotori di prodotti per la salute; dall’esterno, dalle industrie della moda, della chirurgia estetica e dello spettacolo.

Scoperto un giro di opere false a New York

In questi ultimi giorni il patinato mondo dell’arte contemporanea è scosso da una notizia che è rimbalzata su tutte le prime pagine dei quotidiani, primo fra tutti il New York Times. Si tratta di un giro di frodi (se ne contano almento 16) a cui ha partecipato la creme della creme dei dealers della scean. Nello specifico il dealer Glafira Rosales avvrebbe rifornito alcuni suoi colleghi tra cui Ann Freedman presidente della galleria newyorchese Knoedler & Company ed il gallerista newyorchese Julian Weissman con opere di dubbia provenienza.

Le vittime coinvolte nella truffa potrebbero essere molte e sopratutto ignare, visto che persino il New York Times ha azzardato quest’ipotesi: “Chi è coinvolto in questo caso ha dichiarato che i collezionisti ed i dealers che hanno acquistato le opere incriminate potrebbero non avere nessun dubbio sulla chiara autenticità dei loro acquisti”. Nel mentre Knoedler & Company ha già chiuso i battenti, segno evidente che qualcosina di losco nell’aria deve pur esserci.

This is tomorrow alla galleria annarumma

Da sempre considerata tra i più acuti osservatori dell’arte giovane inter-e-nazionale, la galleria annarumma di Napoli inaugura il 15 dicembre la collettiva THIS IS TOMORROW, consuntivo di un’attività che raggiungerà il prossimo anno, il traguardo dei dieci anni di lavoro sul campo. Sette i talenti in erba individuati per questa occasione: Aaron Angell (GB 1987), Alfredo Aceto (IT 1991), Trisha Baga (USA 1985), Jacob Kerray (GB 1988), David Ostrowsky (D 1981), Ben Schumacher (CAN 1985), Benjamin Senior (GB 1982).

Collezionista di abitudini è Alfredo Aceto, che sempre s’incammina lungo i sentieri in ombra dell’esistenza, lì dove, tra oggetti che non hanno alcun motivo per essere ricordati, risiedono le piccole meschinerie e grandi fragilità dell’individuo, per consegnare allo sguardo un’umanità più vulnerabile, ma certo più sincera. Come una profetessa dei tempi moderni, Trisha Baga ricorre a tutta la tecnologia di cui la creatività contemporanea può disporre per avvisare del divario che c’è tra lo sguardo e la vista, il conoscere e il ri-conoscere, sublimando l’oggetto comune, interlocutore preferenziale della sua e nostra quotidianità.

Charles Saatchi, la società dello spettacolo e l’arte in rovina

 “Sono cresciuto a pane e spettacolo, adoro l’esibizionismo ma questo mondo dell’arte è divenuto troppo esibizionista e troppo spettacolare anche per uno come me. Mi chiedo se i grandi collezionisti siano ancora innamorati dell’arte contemporanea o siano solo pronti ad ostentarla nelle loro ricche case. Curatori e galleristi invece sono privi di coraggio ed intuizione. Preferiscono esporre video noiosi ed opere post-concettuali incomprensibili”.

Queste parole comparse pochi giorni or sono sul Guardian sono di Charles Saatchi, uno dei più grandi squali del mercato dell’arte nonché ideatore della generazione Young British Artists. Parole dure ma sensate, eppure vien da sorridere se si pensa che è stato proprio il celebre dealer, una ventina di anni fa, ad inaugurare una lunga stagione costellata da opere spettacolari, votate allo spettacolo. Il boomerang lanciato da Saatchi è rimbalzato pericolosamente all’indietro, finendo per colpire il suo ignaro padrone. Oggi il povero Charles sembra aver aperto improvvisamente gli occhi, mettendosi a riflettere su ciò che fra le nostre pagine si discute ormai da tempo immemore.

Schema Ponzi nell’arte contemporanea? dove finisce il “fare sistema” ed inizia la truffa vera

Chissà se davvero esiste un “cartello” dell’arte contemporanea, una sorta di Schema Ponzi che promette forti guadagni alle vittime, sempre che esse siano disposte a gettare nel calderone altri nuovi investitori. Questa catena di Sant’Antonio mirata ad ottenere ingenti ritorni economici e soprattutto a breve termine è una sorta di marketing piramidale della truffa e come già ipotizzato nel nostro incipit, potrebbe attecchire anche nel dorato mondo dell’arte, a patto che non lo abbia già fatto.

Giusto pochi giorni or sono il Guardian ha pubblicato la notizia della scoperta di uno sconcertante giro di estorsioni nel mondo dell’antiquariato. Migliaia di dealers, organizzatori di fiere e case d’asta sono stati per lunghi anni bersagliati da un manipolo di traders internazionali che li hanno costretti a pagare migliaia di euro sotto forma di inserzioni pubblicitarie fasulle. Cosa ha spinto le vittime a pagare tali somme non è ben certo ma un’indagine internazionale sta cercando di gettare un poco di luce su questo losco meccanismo.