Fallo o non fallo, è davvero questo il dilemma? – Simon Fujiwara da Giò Marconi

Mi ha sempre affascinata il meccanismo che consente ad un’opera di arrivare allo spettatore: l’artista nel momento in cui mette in mostra un proprio lavoro deve accettare che ne conseguirà una lettura sul cui esito non può esercitare reale controllo.In quale misura è lecito lasciare libertà a chi guarda e in quale invece è necessario fornire degli strumenti affinché il proprio messaggio arrivi il più chiaro possibile, questo dipende molto dal singolo.

Simon Fujiwara ha in qualche modo ovviato a questa problematica creano un particolare mondo immaginifico in cui lo spettatore viene inserito e redarguito a proposito del soggetto. L’hype che si è creato intorno al suo nome, i premi vinti nell’ultimo anno, la sua partecipazione alla Biennale, la sua giovane età e lo scandalo che sembrerebbe produrre il suo operato: erano questi gli elementi che mi hanno incuriosita ad andare da Giò Marconi per vedere Phallusies di Simon Fujiwara.

Arte Essenziale, un nuovo percorso etico e di libertà nel mondo e nell’arte

Il 7 maggio la Collezione Maramotti di Reggio Emilia inaugura un nuovo progetto. Arte essenziale non è una mostra di gruppo né una mostra a tema. Suo intento è riunire un insieme di artisti – quasi tutti coetanei – che nel panorama dell’arte contemporanea degli ultimi dieci anni hanno tracciato una linea poetica comune, pur non dando vita alla costituzione di un gruppo.

Federico Ferrari (1969) ha enucleato e articolato questa poetica cercando, attraverso la definizione di ‘Arte essenziale’, di indicare per l’appunto una sensibilità condivisa che, al di là delle differenze di stile, di materiali e di pratiche compositive, lascia percepire l’apparizione di un’inedita e, allo stesso tempo, immemorabile attenzione alla genesi del gesto artistico, secondo una modalità radicale ed essenziale. Arte essenziale mostra esattamente questa spoliazione del fare artistico che si spinge fino al proprio gesto iniziale, alla nudità stessa dell’apparire dell’opera e del mondo.

Tutto è connesso 2 al Castello di Rivoli

Il Castello di Rivoli presenta al pubblico Tutto è connesso 2, un nuovo allestimento della collezione permanente, in continuità con la più ampia ridefinizione degli spazi dedicati alla precedente mostra Tutto è connesso. La rassegna, che si tiene nelle sale storiche al primo piano della Residenza Sabauda, è stata ideata come ulteriore riflessione sul percorso espositivo basato sulle opere della collezione. Come ormai tradizione del Museo, le opere sono state allestite con il determinante contributo degli artisti, dialogando con la particolarità architettonica delle sale storiche del Castello.

Tutto è connesso 2 offre al pubblico la possibilità di incontrare acquisizioni inedite o depositi a lungo termine mai esposti prima al Museo. Sono esposte opere di Allora&Calzadilla, che presentano Stop, Repair, Prepare: Variations on Ode to Joy for a Prepared Piano (Fermati, ripara, prepara: variazioni all’Inno alla Gioia per un pianoforte modificato) del 2008, ambiziosa performance che viene eseguita nella sala 14 durante gli orari di apertura del Museo dal 23 maggio al 12 giugno. Domenica 5 giugno è inoltre in programma un incontro aperto al pubblico con gli artisti, che rappresentano gli Stati Uniti alla prossima Biennale di Venezia.

Piss Christ di Andres Serrano vittima di atti vandalici

A volte l’arte riesce a sollevare veri e propri vespai di polemiche, i quali sfociano in roventi atti di censura o peggio ancora in terribili spirali di violenza. Ne sa qualcosa Andres Serrano che con il suo Piss Christ (già il titolo dell’opera dice tutto) del 1987 ha aperto la strada ad una fiorente stagione di quella che potremmo definire come Shock Art.

Prima delle teste sanguinolente e degli squali in formaldeide, Serrano aveva raffigurato la passione di Cristo utilizzando la propria urina. In soldoni Piss Christ è la fotografia di una classica statuetta raffigurante Cristo sulla croce, immersa in una sorta d’acquario contenente del liquido giallognolo, la pipì di Serrano appunto. Un’azione radicale e provocatoria quella di Serrano ed è innegabile che tale gesto ha in seguito influenzato intere schiere di giovani artisti.

Il mondo manifesta per la liberazione di Ai Weiwei

Continuano le manifestazioni di solidarietà internazionali per il povero Ai Weiwei, ingiustamente arrestato dal governo cinese che sta tentando in tutti i modi di screditarlo. Come sempre, prima di iniziare ogni notizia dedicata alla faccenda vi invitiamo a firmare la petizione per la liberazione immediata del coraggioso artista. Dicevamo che la Cina sta tentando in tutti i modi di gettare fango sul nome di Weiwei, prima accusandolo di evasione fiscale, poi di plagio ed ora nientemeno che di bigamia.

Il mondo della creatività (e non solo) è però stanco di queste assurde macchinazioni e lo ha dimostrato ancora una volta con grande fermezza. Proprio domenica scorsa si è svolta infatti una giornata di protesta internazionale denominata Creative Time, l’appuntamento simultaneo è riuscito a coinvolgere un folto drappello di attivisti sparsi per tutto il mondo. A New York 200 persone si sono assiepate davanti al consolato cinese, sedendosi su delle sedie proprio come la celebre performance Fairytale: 1001 Qing Dynasty Wooden Chairs, eseguita da Wewei nel corso di Documenta 12 a Kassel nel 2007. L

Conrad Ventur alla 1/9unosunove di Roma

La galleria 1/9unosunove di Roma presenta al pubblico (dal 20 aprile al 28 maggio 2011) la seconda mostra personale in Italia dell’artista americano Conrad Ventur (1977, Seattle). La ricerca artistica di Conrad Ventur si concentra sulla citazione, la memoria, la fama e la ripresentazione di performance storiche attraverso l’uso di archivi e nuovi media per sottolineare gli effetti del passaggio del tempo. In occasione di Over the Long Haul l’artista presenterà la raccolta completa dei suoi Screen Tests Revisited: tra il 2009 e il 2011 Ventur ha ricreato tredici degli Screen Tests di Andy Warhol (i primi film sperimentali realizzati dall’artista negli anni Sessanta) filmando i soggetti originali della Factory, tra cui il poeta John Giorno, l’attrice Mary Woronov, lo scrittore Taylor Mead e Mario Montez, la leggendaria star del cinema underground.

Conrad Ventur li ha filmati nello stesso modo in cui furono ripresi 45 anni fa: in bianco e nero, senza suono, in slow-motion. I modelli comunicano una certa candida familiarità con Ventur, quasi suggerendo l’ormai definitivo crollo di quel mondo ossessionato dalla giovinezza su cui poggia la cultura popolare. Passato e presente si intrecciano in una narrativa cinematografica che unisce decenni allo stesso modo in cui riattiva i nostri legami con la cultura popolare e memorie sociali condivise.

Bruce High Quality Foundation in tour per parlare d’arte con i giovani

Attenzione ragazzi, i Bruce High Quality Foundation sono tornati. La fantomatica fondazione dedicata a Bruce High Quality, artista fittizio ormai deceduto, non finisce mai di stupirci. Lo scorso anno I cinque Bruce crearono la Brucennial, una biennale d’arte indipendente nata come diretta risposta no-profit alla Whitney Biennial. Ma la lista delle loro scoppiettanti azioni è ben più lunga, basti citare le loro proteste contro il New Museum ed i loro placcaggi di monumenti newyorchesi in perfetta tenuta da foottball americano.

Stavolta i Bruce hanno intenzione di lanciare un vero e proprio programma educativo. Il gruppo artistico ha infatti da poco presentato il nuovo progetto Teach 4 Amerika, una sorta di strampalato ma avvincente tour che li porterà presto in varie università degli Stati Uniti da New York fino a Portland.

Biennali: a Venezia si alloggia a Sharjah si sloggia

Tutto il mondo dell’arte è in trepida attesa per la prossima Biennale di Venezia. Come ben sapete però cercare una sistemazione in laguna è cosa assai ardua, vuoi per i prezzi molto alti, vuoi per la limitatezza degli alloggi. Un gruppo di artisti danesi ha perciò deciso di risolvere questa spigolosa questione, offrendo una sistemazione gratuita ad alcuni artisti che ne faranno richiesta.

Questo gruppo di intraprendenti creativi prende il nome di Wooloo Productions ed è noto per le sue performance a dir poco non convenzionali. Già nel 2002 il gruppo aveva lanciato sul proprio sito il progetto online New Life Copenaghen, garantendo alloggi per 3.000 artisti internazionali presso alcune famiglie danesi. Per la Biennale di Venezia, Wooloo Productions ha intenzione di lanciare il progetto New Life In Venice, seguendo più o meno lo stesso funzionamento di quello attuato in Danimarca. 

Still Life alla Lismore Castle Arts

L’immagine come oggetto pregno di senso, luogo in cui si innestano dinamiche sensibili e assiomi culturali. Una tematica che appare inesauribile nella società contemporanea dove il sistema capitalistico ha fatto proprie tali strutture. E una mostra, un’altra mostra che affronta questa problematica critica attraverso metodologie varie: appropriazione, ripetizione, serializzazione.

La mostra in questione è Still Life presso l’irlandese Lismore Castle Arts, è stata inaugurata lo scorso 9 aprire e sarà visitabile fino al 30 di settembre 2011. L’evento, curato da Polly Staple, accoglie le esperienze artistiche di Gillian Carnegie, Anne Collier, Mark Leckey, Sherrie Levine, Seth Price e Richard Wright. Tutti gli artisti in questione lavorano analizzando il lato manifesto del dato, se Gillian Carnegie esplora ossessivamente l’immagine pittorica “di genere”, Anne Collier si appropria di immagini fotografiche connotate da un forte impatto mediale, Marilyn Monroe su tutte.

Rolf Julius – Gray Music #1

Dieci anni dopo la prima, nel 2001, a cui seguirono quelle nel 2005 e nel 2007, per la quarta volta una mostra personale di Rolf Julius viene allestita a Torino per e/static. “Gray Music #1” è stata fortemente voluta dall’artista tedesco, purtroppo scomparso il 21 gennaio scorso, e la sua preparazione venne intrapresa già a partire dai primi mesi del 2010.

Ne faranno parte diverse opere, fra cui alcune, molto preziose, risalenti ai primi anni ’80: quella che da il titolo a tutta la mostra, 24 fotografie in bianco e nero giustapposte alla composizione sonora omonima (opera presentata in questa forma nel 1980 a Bremen per Pro Musica Nova), due serie di disegni, a inchiostro nero e a tempera ocra, realizzati nel 1983, nel periodo in cui Julius risiedette al PS1 di New York, e il celebre Music for the eyes del 1982, il lavoro forse più noto fra quelli realizzati dall’artista nella sua carriera.

Robert Longo alla Galerie Thaddaeus Ropac di Parigi

Tanti anni fa mi capitò di ammirare da una cospicua distanza alcune opere di Robert Longo. “Niente di speciale, in fondo si tratta di banalissime fotografie. Si sono scatti ben curati, ma di fotografie del genere se ne vedono su tutti i rotocalchi”, pensai. Chissà quanta altra gente, scorgendo rapidamente le opere di questo protagonista della Pictures Generation, avrà pensato le medesime cose.

Ed invece in quel frangente fu il mio stesso occhio ad ingannarmi, ciò che sembrava fotografia era invece disegno puro, un fitto intreccio di ricami che di fatto oltrepassava i limiti del medium. Mi trovavo di fronte alla serie Men in the cities e davanti al mio cospetto si contorcevano figure umane, simboli malati dell’ansia contemporanea avvolti da un tormento senza tempo. In quel frangente fui sopraffatta dalle linee e dalle cesellature che donavano ai disegni di Longo un’insperata quanto meravigliosa tridimensionalità.

Lo street artist fa il vandalo e modifica un Sol LeWitt

Vi abbiamo già parlato del folle attacco portato a termine da una donna mentalmente disturbata ai danni del dipinto Two tahitian women (due donne tahitiane) di Paul Gauguin, attualmente esposto alla National Gallery of Art di Washington in occasione di una mostra dedicata al grande maestro.

Ebbene, secondo quanto dichiarato dagli ispettori di polizia che hanno interrogato la donna, quest’ultima avrebbe agito perché: “le due ragazze nel dipinto, con il seno scoperto, avevano degli atteggiamenti smaccatamente lesbo. Ho tentato di distruggerli. Penso che andrebbero bruciati…io sono della CIA ed ho una radio in testa ed ho intenzione di uccidervi” queste sono le esatte (e deliranti) parole che la squilibrata ha pronunciato agli agenti, secondo quanto riportato oggi nelle pagine del Los Angeles Times. Il quotidiano però, oltre a fornire questi inquietanti retroscena, ha svolto una piccola indagine sugli atti di vandalismo all’interno degli spazi della National Gallery, riportando alla luce altri misfatti che prima d’ora non erano mai stati resi noti.

Se Weiwei scompare assieme alla Cina

Nel corso di questi due anni ho scritto numerosi articoli su Ai Weiwei e sulle sue assurde vicende con il governo cinese. Ho anche parlato di questo coraggioso artista all’interno del mio libro Oltre ogni limite, ponendo l’accento sulle sue battagliere azioni con il collettivo The Stars prima e le successive lotte in solitaria, prima fra tutte quella per portare alla luce alcune scomode verità sul terremoto del Sichuan, avvenuto in Cina il 12 maggio 2008.

Ho quindi imparato ad amare il talento e lo spirito umanitario di questo grande artista ed ho cercato di trasmettere questa passione agli altri, ai miei lettori, illustrando le nefandezze di una nazione troppo spesso dipinta come il paradiso degli artisti. Ebbene, la Cina non è terra per artisti e non importa quanto fiorenti siano i suoi mercati dell’arte, nella grande nazione asiatica i diritti umani vengono sistematicamente calpestati e questo basta a fotografare l’identità di un governo, di una serie di istituzioni malevole e reazionarie.

Nulla da obiettare, disarmanti verità – Michael Bevilacqua e Dean Sameshima a The FLat

Mentre noi siamo sempre rinchiusi nel nostro piccolo mondo antico, in altri luoghi esiste una realtà  manifesta di rabbia e dannazione. Sembra di fare un salto nel tempo entrando da The Flat di Massimo Carasi (Milano), negli anni bui di New York o nell’era del Punk underground a Londra, eppure siamo qua ed è tutto così reale che ci deve scuotere per forza.

Al piano terra accolgono le spettatore alcune grandi tele di Michael Bevilacqua, per chi conosce già il lavoro dell’artista californiano potrebbero sembrare variazioni sul tema. Michael da sempre gioca con colori e citazioni con un’arte che a prima vista potrebbe sembrare un’attualizzazione della pop art, con i suoi riferimenti a personaggi e simboli della cultura massificata americana, ma il suo è un gioco molto più complesso di mistificazione dell’immagine attraverso la parola e viceversa. Vicino all’ingresso piccole carte come copertine di libri di storie che non vorremmo leggere, ma invece ci inseguono, i colori tenui pastello nascondo  Klu Klux Klan, American Psyco e l’artista stesso, o almeno parte di esso.