La retorica dell’arte contemporanea

Il dorato mondo dell’arte contemporanea ha i suoi vizi ed i suoi tic. Ovviamente elencare ognuna di queste consuetudini sarebbe un’impresa impossibile. Oggi però vorremmo provare a stilare una piccola lista di frasi ricorrenti, un piccolo compendio di retorica da addetti ai lavori che puntualmente potrete ascoltare ad un qualunque vernissage avrete voglia di presenziare. Ma bando alle ciance e via con la lista:

– “Basta con la solita galleria d’arte. Ora il futuro è aprire uno spazio che agisca in modo diverso, multifunzionale ed a supporto degli artisti”

– “La mia è una ricerca sulla memoria”

– “Bisogna fare sistema

– “Questa fiera va rinnovata”

Poi ti lamenti che il pubblico non c’è

Il crollo verticale del sistema/arte, culminato con la sostanziale debacle di Roma contemporary, può aiutarci a comprendere cosa andrebbe cambiato, per ritrovare il perduto interesse del pubblico. Innanzitutto bisognerebbe farla finita con il concetto di “tecnico straniero”, lo specialista venuto da oltreconfine che salva baracca e burattini è una bella favoletta da raccontare ai vostri nipoti. Abbiamo ottimi curatori, manager ed addetti del settore anche dalle nostre parti, è preferibile un fallimento tutto italiano ad uno estero profumatamente pagato.

Anche i circoletti finto-minimal intellettuali che organizzano talk (in tutte le lingue tranne che l’italiano) sulla relazione tra Marinus Boezem e la margarina sono giunti ben oltre l’umana sopportazione. Proprio per dar retta a questi intellettuali radical-chic molti galleristi sono stati trascinati nel buco nero del Newindustrialminimalism / Cunsumerism, una pseudo corrente creativa che trova la sua ragion d’essere all’interno di lamiere buttate per terra, pezzi di marmo smussati con cartoline appiccicate sopra, sedie, mobili, piume di pavone e quanto altro.

MASBEDO al Centro Luigi Pecci di Prato

Dall’anno del Drago alla performance audio-visiva dei Masbedo con Gianni Maroccolo e Lagash :il 30 maggio serata da non perdere al Centro Pecci. Il 30 maggio al Centro per l’arte contemporanea luigi Pecci, due eventi che celebrano la contemporaneità nella maniera più alta. La densa giornata al Museo del 30 maggio è stata pensata per inaugurare l’orario estivo che vedrà l’apertura del museo dalle 16 alle 23, ogni giorno (escluso il martedì), con visite guidate gratuite al costo del biglietto alle ore 21.00 ogni mercoledì.

La serata inizia alle 19.00 con l’inaugurazione della mostra a cura di Dryphoto e dell’Associazione Buddista della Comunità cinese in Italia che ospita i lavori degli artisti Andrea Abati, Stefano Boccalini, Michelangelo Consani, Leone Contini, Da Wing, Valentina Lapolla, Shou Li, Franco Menicagli, Robert Pettena , chiamati a lavorare sul tema della presenza della comunità cinese a Prato partendo dall’evento dei festeggiamenti per l’inizio dell’anno del Drago. A seguire un apertitivo italo-cinese a base di piatti tipici della cultura cinese.

A che ora è la fine della fiera?

Cronaca di una morte annunciata o periodo di stanca che prima o poi passerà? Difficile a dirsi, ma questo periodo che tutti chiamano “crisi economica” è decisamente molto più complesso di ogni altro periodo di depressione. L’economia c’azzecca fino ad un certo punto, visto che i paurosi scivoloni delle fiere d’arte contemporanea made in Italy non riguardano solo le vendite ma soprattutto le presenze dei collezionisti e del pubblico in generale,in netto ribasso,  un calo d’attenzione diffuso da cui bisogna per forza di cose uscire se si vuole sopravvivere.

Roma contemporary è l’ultimo episodio in ordine di tempo di una situazione di stanca generale del mercato, segno evidente che se Roma, Torino, Bologna e Milano vogliono continuare ad esistere si dovrà rivedere l’intera formula fieristica. Così come siamo combinati, la fine è già scritta in questa equazione: meno allure = meno collezionisti / meno collezionisti = meno gallerie/ meno gallerie = meno prestigio/ meno prestigio = meno collezionisti ed il cerchio si chiude.  

Dreaming Beauties alla galleria Riccardo Crespi di Milano

La Galleria Riccardo Crespi presenta Dreaming Beauties, mostra collettiva che mette in relazione le opere di quattro artiste: Sofia Cacciapaglia, Ludovica Gioscia, Marta Sforni e Veronica Smirnoff. All’interno del percorso sensoriale offerto dalle quattro artiste si giunge ad una visione onirica e quadridimensionale del concetto di bellezza, finalmente libero da ogni meccanismo d’equilibrio. Le disomogeneità di stili e tecniche contribuisce alla riprogrammazione di ogni manifestazione fisica e concettuale, sino al completo stordimento percettivo.

Nel lavoro leggero e imponente di Sofia Cacciapaglia si ritrovano forme femminili che nella loro essenzialità tendono a divenire forme astratte, allo stesso modo le botaniche immaginarie riecheggiano immagini antropomorfe, quasi allegoria di un ciclo dal quale non si può uscire. La natura umana, l’essere donna ‘ossessivamente’ non sfugge alla propria essenza: l’osservatore viene riportato sempre lì, a confrontarsi con il rincorrersi ed il confondersi delle unità di misura della realtà e dell’onirico.

New entry > Archivio Video al DOCVA di Milano

Dal 29 maggio al 6 giugno New entry > Archivio Video – appuntamento periodico che presenta al pubblico opere conservate in Archivio Video DOCVA, curato da Careof – propone Folder di Cosimo Terlizzi. Cosimo Terlizzi inizia la sua ricerca artistica a metà degli anni Novanta, indagando la realtà che lo circonda attraverso la memoria e le esperienze personali e collettive. Restituisce microstorie che trascendono le singole vicende per descrivere le incongruenze e gli aspetti insoliti della quotidianità. Suoi soggetti privilegiati sono le persone, colte in rapporto al loro ambiente, trasformate in icone di rilevanza generazionale. In questa direzione ha fatto del ritratto il suo strumento d’indagine privilegiato.

Il mediometraggio documentario Folder (2010) sintetizza la poetica dell’artista. Il titolo si riferisce alla cartella di documenti personali, dove Terlizzi ha archiviato digitalmente i ricordi di un anno di vita: appunti in forma di video, fotografie, conversazioni via chat. Elementi autobiografici e indizi, attraverso i quali si delinea la vicenda drammatica di un’amica legata al percorso di cambiamento di sesso. Il film si struttura come un ipertesto, dove le singole informazioni sono legate le une alle altre in una narrazione non lineare.

Matteo Attruia alla Lipanjepuntin di Trieste

LipanjePuntin artecontemporanea ha il piacere di presentare Courtesy the Artist, una mostra personale di Matteo Attruia (Sacile, 1973) a cura di Daniele Capra. Per Courtesy the Artist Matteo Attruia ha contattato oltre una ventina di artisti da lui stimati chiedendo loro di contribuire alla realizzazione della mostra attraverso la donazione di una loro opera.  Compatibilmente alle proprie esigenze espressive, gli artisti coinvolti hanno ricevuto una busta, un francobollo ed un attestato/opera che testimonia la partecipazione e la gratitudine di Attruia.

L’artista così mette in atto un processo basato su dinamiche contrapposte, di condivisione di intenti e di appropriazione del lavoro altrui, svelando da un lato la propria debolezza che lo spinge a chiedere aiuto e, dall’altro, l’abilità di colui che riesce comunque a trarre un vantaggio da una situazione di difficoltà.  Le opere, rigorosamente private della firma di chi realmente le ha eseguite, ma non prive dello stile che caratterizza ciascun autore, diventano così lavori dello stesso Attruia e come tali sono esposti con il vincolo di segretezza. Identificate esclusivamente con un numero progressivo, le opere parlano al grado zero, annullando ogni liaison con il background, la storia e il curriculum che solitamente le accompagna.

Shirazeh Houshiary alla Lisson Gallery di Milano

Il lavoro di Shirazeh Houshiary si colloca a metà strada tra presenza e assenza, tra essere e non essere. Attraverso l’uso di differenti tecniche espressive… pittura, scultura e animazione, l’opera di quest’artista mira a catturare l’essenza invisibile alla base dell’esistenza.  Le sue composizioni, create dall’intreccio finemente lavorato di matita e colore, di armature di alluminio, o di fugaci apparizioni digitali, evocano topografie impossibili, indagando il microscopico o il cosmologico. Sebbene appaiano elusive e possano confondere lo sguardo, queste opere possiedono una forte energia che, se da un lato mette a nudo i limiti della percezione umana, dall’altro mostra un’intensa presenza fisica.

Le opere pittoriche di Shirazeh Houshiary esigono la lettura e al tempo stesso la negano. Su una base di pittura acrilica nera o bianca, la matita viene utilizzata per comporre differenti livelli di testo attraverso la ripetizione di due parole – un’affermazione e una negazione – che, sovrapposte l’una sull’altra, finiscono per trasformarsi in una rete intricata e in velature trasparenti, amalgamate poi attraverso un’esplosione di colore.

Smeared with the Gold of the Opulent Sun alla Nomas Foundation di Roma

La mostra Smeared with the Gold of the Opulent Sun è ispirata a un personaggio mancante, una figura centrale ma assente. La si potrebbe intendere come un tentativo – necessariamente fallito – di ricostruire la sua storia a partire da alcune pagine di quello che sembra essere il suo diario, e da una collezione di frammenti e una collezione di immagini e oggetti presumibilmente creati, o raccolti, da lui. Per quanto abitasse a Roma, non è dato sapere se vi sia anche nato o se vi sia morto (o se sia morto sul serio o invece sia solo disperso, o si sia recato altrove lasciando deliberatamente dietro di sé questa imperscrutabile, ma elegante, autobiografia per oggetti). È anche difficile stabilire quando sia vissuto.

Forse in un passato lontano o non tanto lontano (il tempo dei polli di gomma?), o forse addirittura in un imprecisato momento del futuro. Come la grande e ammalata città in cui viveva, i residui della sua vita testimoniano strati temporali contradditori, epoche che si sovrappongono l’una all’altra. Chi era? Cosa faceva? Anche questo è un bel mistero. Come tutti, va da sé, pare che egli abbia amato. Che abbia lottato per difendersi e sopravvivere. Che abbia cercato di comprendere i tempi sofferti in cui è vissuto. Impossibile dire fino a che punto ci sia riuscito.

Roma contemporary

La quinta edizione della fiera internazionale d’arte contemporanea Roma contemporary, che si svolge presso il MACRO Testaccio dal 25 al 27 maggio, viene presentata giovedì 24 maggio alle ore 12 da Dino Gasperini, Assessore alle Politiche Culturali e Centro Storico di Roma Capitale insieme a Bartolomeo Pietromarchi, Direttore MACRO – Museo d’Arte Contemporanea Roma, Roberto Casiraghi, Direttore Roma contemporary, Luca Cerizza, Curatore della sezione Start Up e Chris Sharp, Curatore della sezione Out of Range.

Sono 66 le gallerie internazionali ospitate nello spazio di oltre 8.000 metri quadrati, articolato nei due padiglioni del MACRO Testaccio e nella Pelanda, con un progetto espositivo rinnovato e un ampio programma culturale dedicato a tendenze emergenti e temi d’attualità della scena artistica. La nuova denominazione della fiera Roma contemporary e il progetto dell’immagine coordinata, a cura del giovane duo grafico svizzero Larissa Kasper & Rosario Florio, esprime interamente lo spirito di rinnovamento della manifestazione diretta da Roberto Casiraghi e organizzata da Revolution.  Le due sezioni della fiera Out of Range, dedicata a 11 opere di grande formato allestite nel cortile del MACRO, e Start Up, che presenta 22 gallerie giovani nate dopo il 2007, sono curate rispettivamente da Chris Sharp e da Luca Cerizza.

Ma l’artista chi l’ha visto?

Come ben saprete, il sistema dell’arte contemporanea è costituito da una serie di attori più o meno importanti. Gli artisti ovviamente ricoprono un ruolo fondamentale all’interno di questo sistema, visto che senza di loro l’arte esso non avrebbe ragione di esistere. Eppure i poveri artisti sono sempre più schiacciati all’interno di meccanismi infernali che spesso e volentieri li retrocedono e comprimari di una competizione senza tregua.

Già, i curatori stilano i loro lungimiranti progetti che puntualmente non tengono conto delle opere in mostra, le fiere e le altre grandi manifestazioni di mercato sono orientate ad ingraziarsi le gallerie, le Biennali sparse per il mondo mirano a riunire un sempre più crescente numero di nomi possibili per attirare il pubblico, anche i testi sull’arte contemporanea sono divenuti una sorta di libercoli satirici che nulla hanno a che vedere con uno studio scientifico della materia.

Thomas Schütte al Castello di Rivoli

Il Castello di Rivoli presenta al pubblico la prima rassegna museale italiana dedicata all’artista tedesco Thomas Schütte. La mostra – allestita in stretta collaborazione con l’artista – è curata da Andrea Bellini, condirettore del Castello di Rivoli e Dieter Schwarz, direttore del Kunstmuseum Winterthur. Co-prodotta dal Museo e dal NMNM Nouveau Musée National de Monaco, la mostra di Torino è il primo di due eventi dedicati alla figura dello storico artista tedesco, il cui lavoro sarà presentato – dal 7 luglio all’11 novembre – anche presso il NMNM del Principato di Monaco.

Negli spazi di Villa Paloma il progetto curatoriale si concentra sulla serie dei modelli architettonici delle One Man Houses, accompagnate da un gruppo di opere recentissime ed inedite che trattano diversi temi cari all’artista, come i bunker ed i templi. La mostra al Castello di Rivoli prende invece in considerazione la serie delle Frauen, straordinarie figure di donne i cui corpi vengono sottoposti a deformazioni spaziali e organiche. Ciò che emerge con forza da questo gruppo di opere è la capacità di Schütte di operare una vera e propria rivoluzione formale e immaginativa, non solo rispetto alla nobile tradizione della scultura figurativa occidentale ma anche nell’ambito della sua stessa opera.

Tre Mostre al Castello di Rivara

Maurizio Savini e Riikka Vainio: DOMESTIC FOREST

Fino al 23 settembre

“Traccio una casa intorno a me per farla abitare soltanto per un istante” Domestic forest è l’evoluzione o, se vogliamo, la naturale conseguenza di una performance. È un’azione che tenta di edificare uno spazio senza costruire nulla, senza erigere alcun tipo di steccato o recinzione, apparentemente negando lo spazio stesso. È un accampamento. E sebbene tale vocabolo evochi nell’immediato un’idea di trasandatezza e di vita ai margini, non è questa l’intenzione. Ciò che qui si immagina è una planimetria che non verrà mai realizzata in modo permanente, ma che trova invece forma e plasticità nell’esposizione. Un progetto spontaneo e istintivo, disegnato tracciando soltanto una sottile linea bianca, più leggera del solco di un aratro.

 E ciò avendo cura di non modificare e di non spostare nulla. In totale sintonia con lo spazio, Domestic forest è un luogo di aggregazione dove tutti possono intervenire senza ostacoli né barriere, con piena libertà di scegliere e disporre. Un banchetto dove i convitati possono guardare da finestre immaginarie, da angoli nascosti nel nulla.

Nina Könnemann alla Fondazione Pastificio Cerere di Roma

Dal 25 maggio al 13 luglio sarà aperta al pubblico presso la Fondazione Pastificio Cerere la prima mostra personale in Italia dell’artista tedesca Nina Könnemann. Saranno esposte quattro opere video che ripercorrono la sua produzione artistica dai primi anni 2000 a oggi.  Könnemann esplora momenti di aggregazione collettiva, concentrando di volta in volta il proprio sguardo sui micro-fenomeni che si verificano ai margini di quegli eventi. L’uso della camera a mano permette all’artista di reagire spontaneamente ai movimenti della folla e restituire una testimonianza diretta degli accadimenti che osserva, svelando così gesti minimi, banali e irrilevanti, che ne alterano le narrazioni convenzionali.

L’artista cattura attimi in cui la realtà si dischiude, offrendo un barlume del potenziale sovversivo, anarchico che le manifestazioni della sotto- e controcultura hanno sempre perseguito e i media invece costantemente manipolato e spettacolarizzato. In questo senso, Könneman utilizza il video minandone la sua funzione massmediatica: la realtà è documentata con l’intento di testimoniare l’autogenerazione di realtà parallele.