In Deed, una mostra senza opere a Roma

E’ possibile organizzare una mostra senza opere? Beh, quando si parla di arte contemporanea tutto è possibile. In realtà, all’evento di cui parliamo in questo articolo partecipa una folta schiera di celebri artisti, storicizzati potremmo giustamente affermare, ma nessuno di essi esporrà una presenza fisica della sua creatività.

Quello che invece vedremo è il certificato di autenticità dell’opera. La mostra in questione è In Deed, ospitata dal 24 febbraio al 3 marzo 2012 dal Nero Magazine Headquarters di Lungotevere degli Artigiani, 8 in Roma. Si tratta di una mostra itinerante curata da Susan Hapgood e Cornelia Lauf, accompagnata da un completo catalogo illustrato con testi dei curatori, Lorenzo Benedetti, Martha Buskirk, e Daniel McClean.

Angela Marzullo – Home Schooling

Venerdì 9 marzo 2012 lo spazio Ex Elettrofonica di Roma presenta la prima mostra personale italiana dell’artista svizzera Angela Marzullo (Zurigo, 1971). La ricerca artistica di Angela, che usa indiscriminatamente media espressivi diversi, è centrata sulla rivisitazione di opere, sia testi letterari (Walter Benjamin, Brecht, Pasolini) sia opere di arte visiva (Acconci, Rosler, Graham, Abramovic,..), sia seminali del pensiero e dell’arte critica degli anni ’70.

L’appropriazione dei testi e delle opere del passato nel suo lavoro è filtrata attraverso la lente del pensiero femminista di matrice italiana e francese che si va elaborando in quello stesso decennio. Lo sguardo di Angela è uno sguardo erede di quella tradizione, è cioè consapevole della carica ideologica che veicolano le immagini proprio a partire della differenza sessuale: è lo sguardo d’artista e, allo stesso tempo, di donna e madre. Da qui l’attenzione all’educazione, alla pedagogia, alla relazione madre-figlia, tutti temi centrali della sua poetica; da qui il titolo provocatorio della mostra, Home Schooling, dove l’Home Schooling è la rivendicazione del pensiero che un’altra educazione, un’altra trasmissione del sapere, è possibile, al di fuori dalle istituzioni: quella “di casa”, di madre in figlia, secondo una pratica sempre più diffusa nel Nord Europa.

Tra Werner Herzog e Giacinto Scelsi all’Auditorium di Roma va in scena una meravigliosa Apocalisse.

13 capitoli brevi, un’apocalisse illustrata ma mai nominata che svela la tragica meraviglia della catastrofe in un lungo fiume di immagini . Questo e molto altro è Apocalisse nel Deserto, documentario-capolavoro del sempre fulgido Werner Herzog, girato tra l’estate del 1991 e l’inverno del 1992 con l’ausilio di una piccola troupe nel Kuwait.

Il pretesto è quello della Guerra nel Golfo, la visione è quella dei pozzi di petrolio in fiamme, dei laghi artificiali di oro nero che rispecchiano ed imitano il cielo, la lotta dell’uomo contro l’elemento naturale. Tutto condito da pochissimi commenti e dalle musiche di Grieg, Mahler, Pärt, Prokof’ev, Schubert e Verdi.

Kerstin Braetsch e Adele Roeder alla galleria Giò Marconi di Milano

La galleria Giò Marconi è lieta di presentare Glow Rod Tanning with…, prima personale di Kerstin Brätsch (1979, vive e lavora a New York), in visione dal 22 febbraio al 31 marzo 2012. Per l’occasione l’artista presenterà nuovi dipinti su mylar, esposti attraverso l’uso di magneti, barre metalliche o su strutture autoportanti parzialmente illuminate da luce al neon. Completano l’allestimento alcuni elementi realizzati dal designer italiano Martino Gamper, che si offrono in maniera modulare come supporto ai dipinti.

Le piattaforme di Gamper uniranno idealmente la mostra di Kerstin al progetto COMCORRÖDER, presentato in parallelo da Adele Röder (1980, vive e lavora a New York) in via Masera di fronte al civico 10.

Social Networks e giovani artisti, attenzione a non esagerare

Ormai non è più inverosimile pensare all’arte ed alla vita privata come due entità non separate. Giusto una manciata di anni fa, artisti come Tehching Hsieh avevano deciso di trasformare la loro vita in una continua performance, con tutte le difficoltà e gli inconvenienti del caso. Oggi invece non bisogna far troppa fatica per manifestare la propria creatività anche in un contesto totalmente al di fuori dall’attività pubblica.

L’artista dei nostri giorni ha infatti a sua disposizione una serie di piattaforme digitali su cui espandere la propria creatività e mantenere il resto del pubblico in contatto con la propria attività anche in ambito privato. Facebook ad esempio può essere un buon metodo per espandere le proprie conoscenze e fare un poco di public relations che non guastano mai.

Twitter è invece molto usato anche da veri e propri mostri sacri come Ai Weiwei che proprio dal celebre social network cinguettante ha lanciato la sua battaglia contro le ingiustizie delle istituzioni cinesi. Ultimamente invece molti giovani artisti hanno scoperto piattaforme alternative come Tumblr, website che permette di creare veri e propri blogs altamente customizzabili tnato che è facilissimo trovare modelli già pronti per creare portfolios.

Zombie della pittura, unitevi!

Per molti la pittura è definitivamente morta, per altri è ancora viva. Questa strana condizione in cui versa uno dei medium più vecchi del mondo è quindi simile a quella di uno Zombie, un’entità che ancora non ha ben chiaro il suo futuro mentre a stento intravede il suo presente. Effettivamente un caso-pittura esiste e ne danno prova le ormai sistematiche assenze alle manifestazioni internazionali.

Anche alla scorsa Biennale di Venezia, tranne il Padiglione Minestrone Italia di Vittorione Nazionale© in cui si è assistito ad una sorta di trionfo/tragedia, la pittura è stata soppiantata dall’installazione che ormai sembra farla da padrone. Tutti i curatori vogliono un bel progetto invasivo, con oggetti ammassati dappertutto e sopratutto sparsi dappertutto.

Quattro chiacchiere con Christo

Oltre ad essere un grande artista, Christo Javacheff è un gran signore. Un uomo di altri tempi verrebbe da dire, pronto ad aprirsi al pubblico dell’arte, ad informarlo e perché no anche formarlo. Proprio ieri si è tenuta una lecture del nostro “impacchettatore” preferito all’ Art Forum Würth di Capena, evento che tra le altre cose ha fatto da corollario alla mostra in essere Christo and Jeanne-Claude, opere nella collezione Würth, in visione fino al prossimo 8 settembre 2012.

Christo, purtroppo orfano di Jeanne-Claude, ha parlato per più di un’ora, illustrando dettagliatamente il suo nuovo progetto Over The River. Il discorso è stato inoltre animato da aneddoti e metodologie riguardanti celebri opere del passato come The Umbrellas e Running Fence, inutile dire che questi ed altri progetti sono stati più volte rifiutati dalle varie istituzioni pubbliche ed hanno comunque richiesto duri anni di lavoro.

Kaarina Kaikkonen / Huma Bhabha alla Collezione Marmotti di Reggio Emilia

Kaarina Kaikkonen Are We Still Going On?

Pensata per la ex fabbrica di abbigliamento , ora sede della Collezione Maramotti, la grande installazione Are We Still Going On? di Kaarina Kaikkonen segue e accompagna la struttura compositiva dell’edificio, esempio peculiare di architettura brutalista e organicista degli anni Cinquanta. Il vecchio ingresso alla fabbrica − in cui è stata realizzata l’opera − è idealmente diviso in due aree; le catene orizzontali in cemento armato che collegano i pilastri non solo conferiscono un ritmo architettonico allo spazio, ma divengono parte del lavoro dell’artista.

L’installazione si compone di due strutture simmetriche che evocano lo scheletro di una grande barca. La semplice carena è sezionata in due parti che si sviluppano dal soffitto fino a tangere il pavimento, con un medesimo ritmo compositivo semicircolare realizzato con abiti annodati tra loro. Per la scelta dei colori che delineano le due strutture complementari, gli abiti suggeriscono un dialogo simbolico tra il maschile e il femminile: chiari da un lato, dai toni più freddi dall’altro. Dal tutto emana una combinazione coloristica di armonica bellezza.

ORI GERSHT – Still and Forever

Brand New Gallery di Milano inaugura il 1 marzo la mostra Still and Forever, prima personale italiana dell’artista israeliano Ori Gersht. Attraverso la creazione di scenari sublimi che diventano precipitosamente inquietanti per mezzo di una decadenza improvvisa e graduale, le opere di Ori Gersht rendono momenti prolungati di suspense grazie all’uso della fotografia in stop-motion e del film al rallentatore. Rifacendosi nelle composizioni a quadri storici di grandi maestri, l’artista offre una meditazione sulla vita, la perdita, il destino ed il caso. Catturare un attimo, fermarlo nel tempo e nello spazio per renderlo percettibile in modo chiaro e preciso è una prerogativa di questo artista.

Nella serie Blow Up, che prende il nome dall’omonimo film di Michelangelo Antonioni, la composizione floreale richiama le tinte del tricolore di Francia e si rifà all’opera di Henri Fantin-Latour. Ori Gersht accelera la scomparsa di questo still-life facendolo letteralmente saltare in aria, attraverso una tecnica che prevede un preventivo congelamento dei fiori e la successiva creazione di una violenta esplosione attraverso piccole cariche di nitroglicerina sapientemente posizionate. L’azione viene catturata in modo assai vivido per mezzo di una speciale camera ad alta risoluzione ad 1/6000 di secondo: i momenti cruciali di quest’immagine, allo stesso tempo affascinante ed inquietante, vengono selezionati dall’artista ad evocare la dicotomia tra caos e serenità così come gli atti casuali di violenza, non solo della storia europea, ma anche del suo paese d’origine.

Thomas Kinkade, l’uomo da sei milioni di opere…brutte

Avete mai sentito parlare di Thomas Kinkade? Ebbene se non lo conoscete vi chiariamo noi le idee, parliamo di un pittore americano nato nel 1958 a Sacramento in California. Il buon Kinkade ama creare dipinti che raffigurano scene bucoliche o comunque paesaggi idilliaci caratterizzati da un realismo molto commercialeper non dire improponibile.

L’identikit dell’artista è praticamente quello di tantissimi altri pittori che mai e giammai rientreranno nei gusti del sistema dell’arte contemporanea ed anzi la critica americana ha più volte definito Kinkade come un pittore kitsch che crea chocolate box art, vale a dire opere che andrebbero bene solo per abbellire le scatole dei cioccolatini.

La Triennale di Milano si apre al design sloveno

Dal 14 febbraio al 1 aprile 2012 la Triennale di Milano presenta al grande pubblico un interessante evento legato al design che prende il nome di Silent Revolutions. Alla mostra sarà presente una ricca selezione di prodotti di design appartenenti ai primi due dinamici decenni della Slovenia. L’evento è curato da Maja Vardjan

La mostra verte non solo sull’eccellenza dei singoli prodotti, ma anche sul loro ruolo nel più ampio contesto del design sloveno contemporaneo. Sono presentati non solo prodotti e designer straordinari, ma anche clienti, produttori e aziende che hanno svolto un ruolo cruciale nella realizzazione dei progetti. Particolare attenzione è dedicata ad approcci innovativi e importanti strategie, che ispirano visioni e nuovi modi di concepire il design nell’attuale panorama economico in rapida evoluzione.

L’Homo Sapiens Sapiens con la sua arte contemporanea

Con l’arte non si mangia, l’arte è un bene di lusso, l’arte non è necessaria. Chissà quante volte avrete sentito queste parole negli ultimi tempi. La classe politica le ripete come una litania e via di corsa a tagliare i fondi dedicati alla nostra beneamata cultura. In Italia la situazione in cui versano i beni culturali è oramai tristemente nota ai più ma anche negli altri stati europei, come la Gran Bretagna ad esempio, quando si tratta di far cassa si guarda sempre a limitare il budget dedicato ad arte e affini.

Anche negli States però le cose non cambiano ed il candidato repubblicano per la presidenza Mitt Romney ha già annunciato di voler eliminare ogni programma governativo per le arti che non sia strettamente necessario. E dire che il National Endowment for the Arts ha già ricevuto un bel taglio netto al 6% per un totale di 146 milioni di dollari. Insomma l’arte non è un buon affare.

Lucamaleonte da Garagezero a Roma

Con De Rerum Natura, Lucamaleonte apre un viaggio all’interno di icone che celebrano l’estetica e la scienza. Come il pensiero di Lucrezio riconduce l’origine all’aggregazione degli atomi nello spazio infinito, così l’artista attraverso l’unione di campiture differenti crea un archivio di bestie che vivono solamente se in relazione. Una natura che si alimenta con il mortifero e l’esoterico, concepita intorno al simbolo, che ancora prima di essere rappresentazione rubata alla tradizione, incarna le esperienze personali dell’artista.

La produzione delle opere nasce dallo studio delle architetture urbane scelte da Lucamaleonte per valorizzare la città e realizzate su poster di diversi formati ospitati da GarageZero per l’occasione.

Inattese Vedute Svelate da Esther Stocker

Percorrendo velocemente e distrattamente le vie dello storico Rione Ludovisi l’occhio è catturato da un’insolita vetrina, dove è allestita un’installazione ambientale costituita da innumerevoli fili neri generati dalla scritta ‘In defence of free forms ’ (‘In defence of free forms – part 2’, tecnica mista, installazione ambientale, 2011), titolo della prima personale di Esther Stocker (Silandro, 1974 – vive e lavora a Vienna) presso OREDARIA Arti Contemporanee.

Già nota nella capitale per il suo recente intervento al MACRO (Destino comune), Esther ha esordito alla fine degli anni Novanta con alcuni dipinti astratti in cui segni geometrici e griglie ortogonali si sovrappongono attraverso l’uso di tre tinte: bianco, grigio e nero. Composizioni che richiamano il concetto di ‘camouflage’ con lo scopo di esplorare le facoltà percettive dell’uomo. Una poetica che pone le proprie radici nelle esperienze della Op Art, rivisitandole e oltrepassandole. Il suo camuffamento, infatti, si svela tramite irregolarità che caratterizzano i suoi lavori, anomalie create per asserire che nulla è prevedibile.