YBA 2.0? non sempre l’arte si può programmare

 I fasti della Young British Artists generation sono passati ormai da un bel pezzo. L’anello di congiunzione che ha decretato il successo di gente come Tracey Emin, Damien Hirst, Steve McQueen, Chris Ofili, Marc Quinn e Jenny Saville si è irrimediabilmente spezzato ed a nulla sono valsi i tentativi di Charles Saatchi di ricomporre i frammenti dell’incantesimo. Eppure il buon Saatchi aveva organizzato nel 2010 la mostra Newspeak:British Art Now, con la speranza di sfornare altri artisti in grado di bissare quanto fatto dagli eroi di Sensation.

Ma le galline delle uova d’oro hanno chiuso i battenti con l’avvento della crisi economica e con lo scoppio della bolla speculativa dell’arte contemporanea innescata dalle vendite in fantastilioni di paperdollari di Damien Hirst. Proprio il buon Hirst ha chiuso un’epoca, aprendone un’altra ben più oscura con la faraonica serie di mostre in tutte le gallerie Gagosian del Mondo. Difficile quindi ripetere il miracolo della YBA e forse gli artisti britannici di nuova generazione non hanno nemmeno voglia di calcare le orme dei loro illustri predecessori.

12 artisti inglesi per i posters di Londra 2012 ma Damien Hirst non c’è

Tutta la Gran Bretagna è  già in fermento per le prossime olimpiadi che si terranno nell’estate del 2012. Ovviamente tra gli eventi collaterali vi sono anche numerose manifestazioni culturali, basti pensare al Fourth Plinth, celebre quarto plinto di Trafalgar Square che nel 2012 vedrà avvicendarsi il bambino d’oro sul cavallo a dondolo di Elmgreen & Dragset ed il gigantesco gallo blu di Katharina Fritsch.

Ovviamente le olimpiadi di Londra avranno anche un simbolo d’eccezione, vale a dire l’Orbit, l’avveniristica torre progettata da Anish Kapoor che dominerà la capitale britannica come un immenso disco volante purpureo. In questi giorni abbiamo appreso che 12 artisti inglesi sono stati scelti (da una lista di partenza di oltre 100 artisti) per creare una serie di posters commemorativi delle olimpiadi. Tra gli artisti nominati svettano i nomi di Tracey Emin, Martin Creed, Michael Craig-Martin e Chris Ofili.

La stampa contro Charles Saatchi e la sua nuova mostra

 Fioccano le critiche per l’ultima mostra organizzata da Charles Saatchi nella suo quartier generale di Londra. Come precedentemente accennato in un nostro articolo, il magnate ha tentato di bissare il successo della generazione Young British Artists, manipolo di artisti assemblati a mestiere negli anni ’90 per raggiungere le vette dell’arte. In quegli anni Tracey Emin, Steve McQueen, Tacita Dean, Liam Gillick, Damien Hirst e CHris Ofili, assieme a tante altre stars del contemporaneo hanno raggiunto quotazioni incredibili, catapultando Saatchi nel gotha del mercato dell’arte.

Oggi, dopo la crisi finanziaria, la fine della bolla speculativa dell’arte e l’avvento delle nuove generazioni artistiche, l’impresa del ricco mercante sembra decisamente ardua e come da copione la mostra dal titolo orwelliano Newspeak: British Art Now (in visione appunto alla Saatchi Gallery dal 30 maggio al 17 ottobre) ha mancato rovinosamente il bersaglio.  Il prestigioso quotidiano inglese The Guardian ha definito l’evento come un confuso assortimento di opere “alle volte buone, spesso cattive e per la maggior parte anonime”. Il quotidiano si è inoltre scagliato contro il catalogo della mostra apostrofandolo come “orrido ed incomprensibile”.

Saatchi alla riscossa ma la YBA generation è irripetibile

E’ un collezionista, un art dealer ma soprattutto è stato il creatore di una nuova generazione artistica. Stiamo ovviamente parlando di Charles Saatchi, mogul dell’arte contemporanea che negli anni ’90 ha creato dal nulla la generazione degli Young British Artists, portando in auge nomi come Tracey Emin, Damien Hirst, Steve McQueen, Chris Ofili, Marc Quinn, Jenny Saville, Georgina Starr e Sam Taylor-Wood, tanto per citarne alcuni ma la lista sarebbe ancora lunga. Prima di allora, salvo sporadici sprazzi (anche se fondamentali) come l’Independent Group precursore della Pop Art, il Regno Unito non vantava certo molti primati all’interno della scena dell’arte contemporanea.

Insomma il vecchio Saatchi ha trasformato la sua nazione in un polo artistico capace di catalizzare l’interno mercato mondiale. Sono però passati 13 anni dalla celebre mostra Sensation e da quella stagione di gloria che si  è comunque protratta nel tempo ed oggi i protagonisti della YBA sono artisti maturi ed affermati che hanno intrapreso le loro strade. Saatchi ha continuato la sua attività di scouting e scopritore di talenti, aprendo anche un sito web, organizzando concorsi e persino talent show. A distanza di tutti questi anni il magnate ha quindi tentato di bissare il successo della stagione d’oro ma con alterne fortune.

New Museum, Jeff Koons e Dakis Joannou: cronache di un disastro annunciato

 Finalmente si è aperta Skin Fruit (in visione fino al 6 giugno 2010), la tanto attesa e criticata mostra del New Museum curata da Jeff Koons con opere provenienti direttamente dalla collezione del celebre dealer greco Dakis Joannou, il quale figura anche tra i benefattori del museo. Questo strano conflitto di interessi fu aspramente criticato lo scorso autunno, al momento della presentazione del progetto ed in molti furono concordi nel definirlo “una pessima idea“. Ed a giudicare da quello che possiamo vedere oggi nelle sale del New Museum non c’è che da confermare tale affermazione.

Le opere in mostra sono state selezionate ed installate in maniera del tutto caotica da Mr.Koons (vecchio amico di Joannou il quale possiede molte opere dell’artista), basti pensare al fatto che l’artista ha riempito gli spazi espositivi con ben 80 opere tra dipinti, sculture, disegni, video e performances creati da 50 artisti diversi. Ovviamente ci sono alcune opere decisamente interessanti ed alcune sorprese ma la stragrande maggioranza degli artisti sono grandi nomi come Mike Kelley e Cindy Sherman o nuove ma già celebri conoscenze come John Bock, Nathalie Djurberg e Dan Colen, insomma artisti che già fanno parte della scena dell’arte e le cui opere sono presenti in numerose collezioni private e museali.

Chris Ofili, l’artista che ha combattuto il successo

 Qualche anno dopo aver vinto il Turner Prize edizione 1998, Chris Ofili era in un negozio di Londra per comprare una grande quantità di colori. Una volta giunto alla cassa uno studente in fila dietro di lui gli chiese: “Ma tu sei Chris Ofili? alla scuola d’arte tutti dicono che hai smesso di dipingere“.
Ofili fu deliziato da quella domanda, così sorrise e disse: “Torna dai tuoi amici e digli che ho definitivamente smesso di dipingere, ma non dirgli che mi hai visto comprare tutti questi colori, altrimenti non ti crederanno”.

Chris Ofili, oggi 41enne, ha sempre combattuto contro il successo che per lui, a differenza di tutti gli altri artisti emergenti del mondo, è giunto sin da subito. Prima di compiere 30 anni l’artista aveva già esposto in 3 continenti con mostre personali a Londra, New York e Berlino. Ofili faceva inoltre parte degli Young British Artists di Charles Saatchi ed aveva vinto, come già detto il Turner Prize. Infine l’artista aveva partecipato alla 50esima Biennale di Venezia, occupando in pompa magna il padiglione britannico.

L’effetto Saatchi

Gli artisti contemporanei inglesi sono ormai talmente quotati nel mercato dell’arte internazionale che ogni galleria italiana vorrebbe averne uno, magari anche uno poco famoso ma rigorosamente di sangue britannico. Certo è che ultimamente anche gli artisti della Repubblica Ceca sono molto in voga ma l’Inghilterra è sempre l’Inghilterra. Gli Young British Artists sembrerebbero essere i porta bandiera di una vena creativa inesauribile, un vero tesoro per la terra di Albione per molto tempo devota a John Constable, J. M. W. Turner e Francis Bacon quali rappresentanti dell’arte britannica nel mondo. Oggi tutto è cambiato e la Gran Bretagna sembra sfornare un talento al mese. Dietro questa fucina di creatività c’è sicuramente la mente geniale di Charles Saatchi, proprietario dell’omonima galleria, collezionista d’arte e co-fondatore della famosa agenzia pubblicitaria londinese Saatchi and Saatchi.

Ma cominciamo per gradi, nel 1988 un gruppo di 16 artisti del Goldsmiths College di Londra capitanati da Mr. Damien Hirst al secondo anno di college, prese parte ad una storica mostra chiamata Freeze in uno spazio espositivo alternativo nei Docks di Londra. Alla mostra assistette anche il buon Saatchi che rimase subito colpito dagli animali sotto vetro di Hirst tanto da divenirne il maggiore collezionista.