Lehman Brothers vende la sua collezione ma nessuno vuole Damien Hirst

Che la fine della bolla speculativa dell’arte contemporanea fosse legata al tracollo finanziario della Lehman Brothers lo sapevamo tutti ed anche Globartmag ha più volte parlato di questa delicata questione che ha letteralmente sovvertito le regole di un mercato dell’arte a dir poco pirotecnico il quale fino al 2008 aveva fatto registrare cifre surreali ed in crescita esponenziale.

Oggi però possiamo proclamare a gran voce che il mercato dell’arte si sta velocemente ridimensionando e che la bolla speculativa ha mietuto importanti vittime le quali stentano a riprendersi dai burrascosi eventi. Tali conclusioni sono tratte dall’ultima asta che Sotheby’s ha organizzato utilizzando la collezione di opere proveniente dalla Lehman Brothers e da Neuberger Barman. Ebbene mentre la vendita di molte opere è andata veramente bene, quando il turno è toccato a Damien Hirst, altro grande simbolo della bolla dell’arte, si sono registrati risultati a dir poco catastrofici. Hirst è stranamente legato a Lehman, visto che nel giorno della bancarotta del brand, esattamente il 15 settembre del 2008, l’artista organizzò una vendita all’asta delle sue opere che gli fruttò ben 198 milioni di dollari, record assoluto per un singolo artista.

Siam tutti figli di…Achille

 Recessione o non recessione? Difficile a dirsi in un mercato dell’arte dove non esiste una reale piattaforma statistica in grado di quantificare introiti e vendite. Gli unici dati disponibili sono quelli delle aste ma dopo la bolla speculativa e dopo il crollo della Lehman Brothers le quotazioni di molte stars del contemporaneo hanno subito un congruo ridimensionamento. Un valido segno dell’andamento del mercato potrebbe essere però estrapolato dalla resistenza alla crisi che le gallerie private riescono ad opporre.

Nell’autunno del 2008 il celebre critico americano Jerry Saltz predisse che 100 gallerie di New York avrebbero chiuso i battenti di li a pochi mesi, in realtà ad oggi solo 25 dealers sono usciti di scena e la grande mela ha comunque registrato nuove aperture che hanno doppiato le perdite. Ed in Italia il mercato come va, in che modo possiamo analizzarlo? Beh, niente di più difficile. Anche da noi c’è stato un ricambio di gallerie, vi sono state manifestazioni fieristiche che si sono chiuse positivamente ed altre meno. Il Nostro problema però non risiede nella crisi poiché l’oggetto artistico è da considerarsi un bene di lusso e come si sa durante i periodi di recessione le statistiche recitano sempre la stessa litania: “ricchi più ricchi, poveri più poveri”.

Damien Hirst e Jeff Koons cadono nel baratro al 50%

 Il nuovo anno sembra già portare succose notizie di mercato, sembrerebbe infatti che Damien Hirst e Jeff Koons, stelle della bolla speculativa dell’arte, hanno perso il trono di re del mercato. Nel 2009 le vendite di molte delle loro opere si sono chiuse con un ribasso del 50 percento e sembra che ci vorrà una decade per far tornare le loro quotazioni a valori di record, almeno a quanto dicono importanti art dealers. “proprio in questo momento diversi collezionisti hanno avvertito la significante perdita di quotazioni di Hirst e non hanno intenzione di vendere, almeno fino a quando risaliranno” ha dichiarato Philip Hoffman, capo esecutivo del Fine Art Fund di Londra.

La vendita all’asta di opere di arte contemporanea è cresciuta esponenzialmente tra il 2003 ed il 2008. Il periodo d’oro sembra esser finito proprio con l’evento Beautiful Inside My Head Forever nel settembre 2008, asta di due giorni che ha coinciso con quelli del collasso della Lehman Brothers Holdings ed è stata etichettata dai dealers come l’inizio della fine del boom legato all’arte contemporanea.