Steve McCurry a Roma

Steve McCurry non è solo uno dei più grandi maestri della fotografia del nostro secolo, premiato diverse volte con il World Press Photo Awards che si può considerare come una sorta di premio Nobel della fotografia, ma è un punto di riferimento, anche in Italia, per un larghissimo pubblico, soprattutto di giovani, che nelle sue fotografie riconoscono un modo di guardare il nostro tempo e, in un certo senso, “si riconoscono”.

Dal 3 dicembre 2011 al 29 aprile 2012, Steve McCurry sarà a Roma con una grande mostra allestita al Museo d’Arte Contemporanea di Roma, negli spazi espositivi della Pelanda al MACRO Testaccio. Uno dei maggiori protagonisti del progetto e della cultura dell’immagine in Italia, Fabio Novembre, ha curato la mostra e l’allestimento. Le foto sono state scelte non con criteri spazio-temporali, ma per assonanza di soggetti e di emozioni, cercando i fili comuni e gli impensabili legami che accomunano luoghi e persone seppure in latitudini diverse. L’allestimento è pensato come un villaggio nomade con una serie di volumi che si compenetrano tra loro  per restituire quel senso di umanità che si respira nelle foto di McCurry.

Re-cycle. Strategie per l’architettura, la città e il pianeta

Il 30 novembre s’inaugura al MAXXI di Roma la mostra “Re-cycle. Strategie per l’architettura, la città e il pianeta”, una mappa contemporanea del riciclo come strategia creativa che proseguirà fino al 29 aprile 2012 attraverso una mostra con 80 disegni, modelli, fotografie, video, oggetti, due installazioni site specific di Fernando e Humberto Campanaraumlaborberlin e una mostra fotografica di Pieter Hugo/ Permanent Error.

Faranno parte della mostra importanti lavori di architetti e artisti contemporanei: dalla High Line newyorchese di James Corner e DS+R ai dischi di Jimi Hendrix incisi sulla lastra di un cranio fratturato nella Russia della Guerra Fredda, dal progetto di Lacaton & Vassal per la trasformazione del Palais de Tokyo a Parigi ai filmati di Blob che riusano spezzoni di materiale televisivo. E ancora, l’Alvéole 14 a Sainte Nazaire del gruppo LIN, i progetti di rinaturalizzazione selezionati insieme a Harvard University per le shrinking cities in America e in Europa.

(e)Straniamento – Tre mostre evento a La Nube di Oort

Martedì 29 novembre inaugura (e)Straniamento, collettiva di Anita Calà, Oan Kyu, Daniela Monaci e Marcello Mantegazza. Inizia con questa esposizione un ciclo di tre mostre-evento nate dalla collaborazione tra Barbara Martusciello, Massimo Prampolini e Cristian Stanescu dedicate dalla Galleria La Nube di Oort di Roma al complesso tema, quanto mai attuale, dell’estraniamento.

La manifestazione prevede una successione di collettive e conversazioni dedicate alla questione dell’estraniamento come reazione individuale a uno stato di intensa alienazione, ai non-luoghi – come nella definizione del sociologo Marc Augé – alla società liquida – come pensata da Zygmunt Bauman – e a una serie di problematiche connesse all’attuale realtà socio-esistenziale. Giocate sulle sottili differenze linguistiche straniamento/estraniamento queste esposizioni, affiancate da incontri tematici, con letture e conversazioni, tratteranno il tema del dolore e della frustrazione che spingono un essere umano a non riconoscersi più in niente.

Agnieszka Polska, Svätopluk Mikyta e Nika Neelova – Reworking Memories

Federica Schiavo Gallery di Roma inaugura il 24 novembre la mostra Reworking Memories che riunisce il lavoro recente di tre giovani artisti dell’Est Europa: Agnieszka Polska, Svätopluk Mikyta e Nika Neelova. Le opere in mostra rinviano al processo di acquisizione, rielaborazione e distorsione delle narrazioni storiche attualmente in auge e ai metodi di costruzione di storie individuali dimenticate. Ciascun artista manipola il linguaggio e la memoria, interrogando le comuni idee di archivio, percepito come la più autentica registrazione della memoria di un popolo. Analizzano le potenzialità di archivi reali o immaginari, collettivi o privati per rinarrare nuove storie e suggerire punti di vista inusuali sulle comuni retoriche della storia, così come sulle mitologie private.

I principali media usati da Agnieszka Polska sono l’animazione, il video e la fotografia. In galleria, l’artista polacca presenta un progetto che include una grande proiezione del nuovo video, dal sapore quasi documentaristico, How The Work Is Done e un selezionato gruppo di opere dalle serie fotografiche: Arton e How The Work Is Done. Polska lavora citando temi della storia dell’arte nonostante le proprie realizzazioni siano composte da collage di immagini banali.

Diego Iaia | Anti-age

Anti-age è il titolo che Diego Iaia ha pensato per la sua seconda personale che inaugura il 2 dicembre presso The Gallery Apart di Roma, una mostra concepita come un momento di rallentamento e sfasamento temporale caratterizzato dalla contraddizione tra tempi di esecuzione e risultato estetico finale, tra furto, duplicazione e camuffamento.

Modalità e tempi del fare artistico, rapporto tra arte e rappresentazione del corpo, ineludibilità della correlazione tra artista e falsificazione sono i temi che Iaia declina mediante un corpus di opere che attraversano i vari media a disposizione di un pittore del XXI secolo. E’ dunque l’esigenza di chiarire il ruolo e la metodologia operativa dell’artista oggi la molla che ha spinto Iaia nella sua ricerca. Se entra in crisi la chiave di lettura con cui il postmodernismo ha centrifugato e messo in discussione valori e modelli di riferimento, l’arte può tornare ad interrogarsi sulla propria funzione? Ci può essere spazio per una fruizione e, prima ancora, per una produzione artistica che necessiti di un tempo di riflessione? Diego Iaia risponde di sì, e si è preso il tempo per riflettere sul rapporta tra opera e autore, tra autore e autore, tra processo e prodotto.

Insites – Collecting memories to build future

La mostra Insites, Collecting memories to build future che inaugura il 22 novembre da The Gallery Apart di Roma è  il momento cruciale di un incontro tra 5 studentesse di arte della Cornell University e la scena romana emergente. Le studentesse scelte da Luana Perilli, hanno mosso i primi passi nella scena dell’arte della città ricevendo feedback e apprendendo come introdurre e presentare la loro ricerca: dalla produzione di un portfolio e di uno statement, agli studiovisit e agli appuntamenti con giovani professionisti fino alla realizzazione di una mostra in una galleria commerciale della città, The Gallery Apart.

Le cinque artiste nate negli anni ’90 manifestano un interesse comune per la memoria e sulle sue dinamiche di accumulo, riflessione, finzione e stratificazione. L’esperienza romana ha innescato percorsi diversi nello sguardo di cinque giovanissime americane sulla città eterna, sulle sue contraddizioni e sul desiderio di fissare l’esperienza multiforme della memoria privata e collettiva. 

“La Musa” ispiratrice dei MASBEDO

Sabato 29 ottobre la sala del Palladium di Roma è stata invasa da un trionfo di sounds e visual art grazie alla presentazione de “La Musa”, ultima creazione dei MASBEDO (Nicolò Massaza, Milano, 1973 e Jacopo Bedogni, Sarzana, 1970; entrambi lavorano a Milano) in collaborazione con Lagash, al secolo Luca Saporiti, attuale bassista dei Marlene Kuntz. Quest’ultimo dal 2007 alterna l’attività propria di musicista a quella di sound designer e live performer con il duo milanese. Lo spettacolo s’inserisce all’interno del vasto assortimento di eventi organizzati per Digitalife 2, rassegna romana realizzata da Romaeuropa Festival, con l’obiettivo di promuovere le manifestazioni creative nate grazie al rapporto tra arte contemporanea e tecnologie avanzate.

L’improvvisazione è  l’elemento caratterizzante di tutta l’opera del trio. Al centro del palcoscenico due megaschermi, uno posto sopra l’altro, trasmettono le immagini di ciò che si concretizzava in quell’istante nei due tavoli ubicati ai lati dei pannelli, il tutto accompagnato da una musica accattivante. Inizia così una sfida tra occhio ed orecchio in una esibizione ispirata da una musa in quanto il medesimo progetto non nasce da un pianificazione preesistente. In questo lavoro i tre artisti effettuano una ricerca sull’artigianalità della performance come forma d’arte e di comunicazione.

Quadratonomade preview alle Scuderie Aldobrandini

“Dalla sperimentazione di mostre senza fissa dimora nasce l’idea di fare del nomadismo culturale un punto di forza, costituendo una galleria mobile e flessibile, speculare rispetto a quelle radicate nel territorio, ma non per questo meno importante. Arte in movimento diventa dunque la parola chiave della nostra attività.” recita lo statuto di centoxcentoperiferia.

Quadratonomade è un progetto che si prefigge di creare una collezione/esposizione itinerante di opere d’arte, contenute in scatole bianche di cartone. Le scatole di dimensione 30x30x5 cm sono state consegnate a oltre 250 artisti. Parte quindi così un progetto facilmente trasportabile che partendo dalla periferia, non solo della città quanto forse, concettualmente parlando, dell’intero occidente ovvero dal Campo nomadi via di Salone, a Roma ove si è svolta la prima tappa a ottobre, si sposterà via via fino a concludersi nella prossima primavera al Palazzo delle Esposizioni.

Alexandre Singh – The Pledge

La galleria Monitor di Roma inaugura il 17 novembre la seconda personale di Alexandre Singh nei propri spazi, a distanza di quattro anni dalla splendida The Marque of The Third Stripe (Maggio 2008). “Assembly Instructions: The Pledge è la seconda parte della mostra personale di Alexandre Singh che ha visto la sua prima tappa a settembre 2011 nella galleria art:concept a Parigi.

In occasione della mostra presso Monitor, l’artista presenterà tre Assembly Instructions. Questa serie di lavori, che appartengono alla pratica dell’artista già dal 2008, comprende una più ampia gamma di interazioni con altri media come performance, conferenze, installazioni, radio e spettacoli teatrali. I tre grandi diagrammi murali disposti negli spazi della galleria costituiscono una sorta di ritratto rispettivamente di Simon Fujiwara (artista), Alfredo Arias (commediografo, regista e attore) e Marc-Olivier Wahler (direttore del Palais de Tokyo di Parigi).

MARLON DE AZAMBUJA – Nuevos Barrios


In Nuevos Barrios di Marlon de Azambuja (1978, Santo Antônio da Patrulha – Brasile, vive e lavora a Madrid) lo spettatore incontra due nuovi gruppi di lavoro che l’artista brasiliano ha prodotto specificatamente per la mostra curata da Antonio Arèvalo che inaugura il 18 novembre dalla galleria Furini Arte Contemporanea di Roma.

Mantenendo invariato il suo originale linguaggio espressivo, disegni e sculture costituiscono un’articolata meditazione su elementi sociali attraverso elaborazioni visive ed estetiche di concetti condivisi, modificando e alterando dettagli per evidenziarne punti deboli, limiti, vie di fuga e nuove prospettive. Nel complesso la mostra è una riflessione sullo scenario del nostro tempo, oltre ad alludere a questioni sul potere, sull’architettura e sull’uso di certi strumenti per la costruzione dell’identità.

James Gallagher – Prolonging the Ecstasy

La galleria CO2 di Roma il 15 dicembre presenta, per la prima volta in Italia, l’artista americano James Gallagher, protagonista di un solo-show che raccoglie una selezione dei suoi ultimi lavori. Dopo una decennale esperienza internazionale, James Gallagher arriva a Roma con la sua produzione dal 2009 al 2011.

L’artista, da sempre dedito all’arte del collage, investiga le forme e le identità umane, utilizzando immagini ritagliate da libri inutilizzati e vecchie riviste archiviate, le unisce sapientemente a pagine strappate da manuali sul sesso, ricostruendo scene solitarie con forti richiami provocatori, atteggiamenti intimi e identità nascoste. Nel titolo della mostra si incarna la consapevole perversione umana espressa attraverso corpi nudi o volti oscurati, riproposti in scene dove l’identità fisica e sessuale dei protagonisti è volutamente negata allo sguardo. Gallagher sovrappone corpi sensualmente uniti in un amplesso, a illustrazioni e pagine di libri antichi familiari all’occhio umano.

Terza ed ultima fase di Cosa si prova ad avere un suono in testa

Cosa si prova ad avere un suono in testa l’11 novembre arriva alla sua terza e ultima fase, con una collettiva dedicata al concetto di ripetizione. Gli artisti coinvolti sono Ryoji Ikeda e Carsten Nicolai. Lamberto Teotino, Gregory Chatonsky, Daniela De Paulis, Alia Scalvini.

Nella ripetizione di un gesto, di una parola, di un elemento visivo o sonoro è insita una silenziosa volontà di arrestare il tempo e inseguire il mito dell’eterno ritorno, che si manifesta attraverso il perpetrarsi del presente, all’infinito. La reiterazione in loop di un oggetto-evento produce un eco del reale, che sfida le leggi spazio-temporali, dando vita a una dimensione parallela che trova origine nell’istante presente e in esso si rigenera, ciclicamente, mentre la sua matrice originale si proietta nel futuro, votandosi al non ritorno e all’oblio.

Beyond the East – Oltre l’Oriente

15 grandi maestri indonesiani Agus Suwage, F.X. Harsono, Yuli Praytno, Melati Suryodarmo, Mella Jaarsma, Heri Dono, Made Wianta, Eko Nugroho, Entang Wiharso, Ugo Untoro, Titarubi, Astari Rasyid, Arya Pandjalu, S. Teddy Darmawan e Budi Kustarto presentano le loro opere nella mostra “Beyond the East: Oltre l’Oriente. Uno sguardo sull’arte contemporanea indonesiana”, a cura di Dominique Lora, dal 16 novembre 2011 all’8 gennaio 2012 al MACRO Testaccio.

Insieme rappresentano una nuova generazione di artisti che ricerca il cortocircuito culturale ed umano intuendo la necessità di costruire una nuova coscienza “glocale”. Oggi America, Europa e Asia sono uniformate dalle tecnologie informatiche e condizionate dalle leggi del mercato internazionale ma condividono all’unanimità la necessità di preservare l’unicità e la diversità del loro patrimonio culturale. Le opere dei 15 artisti indonesiani rielaborano e al contempo analizzano e dissezionano le dinamiche legate al consumismo di massa e all’idolatria feticista del brand

Turi Simeti – Gallerja

Lunedi 7 novembre 2011 si inaugura presso lo spazio espositivo Gallerja di via della Lupa a Roma la nuova personale di Turi Simeti. A distanza di un anno dalla personale antologica nella sua città natale, Alcamo, tra le antiche mura dell’ex Collegio dei Gesuiti, questa sua mostra romana consente di approfondire e sviluppare ulteriori considerazioni. Tra le circa venti opere esposte in questa occasione, quasi tutte degli ultimi anni, ne figurano tuttavia anche alcune, come l’Ovale bianco del 1973 di grandi dimensioni.

Scrive Bruno Corà in catalogo: «Già nel 1968, Nello Ponente in un suo breve testo per l’opera di Simeti annotava con lucidità che essa propone un’essenzialità espressa da un modulo, l’ovale, “ripetibile in serie”, con il risultato di ricavare “un campo”, il quale distinguendosi da una superficie immobile, tipica della pittura, si qualificava piuttosto come “luogo di un’azione”. E se l’azione, effettivamente divenuta più evidente, soprattutto dopo il 1967, con i primi acrilici su tela sagomata per lo più da un solo ovale con forti aggetti, non è altro che quella congiunta della luce e dell’osservatore in atto di spostarsi modificando il proprio punto di vista rispetto all’opera, allora diviene palese la fenomenologia del principio formativo impiegato dall’artista.».