Short stories 15 – Behind the curtains

CHI: Paolo Cavinato (1975 – Asola,Mantova) è un giovane scultore italiano di quelli che dovremmo sventolare in giro come orgoglio della nazione, ma si sa che l’Italia in questo non è brava. Per questo ha fatto tutto da solo, anche la pubblicità all’estero, e ci è riuscito bene approdando con una mostra personale alla Royal British Society of Sculptors di Londra. Amato dalle giurie dei premi fin dalla conquista del terzo posto al Premio Fondazione Arnaldo Pomodoro nell’ormai lontano 2008 e grande lavoratore. Cavinato è partito dall’amore per il teatro e la scenografia per delineare uno stile scultoreo assolutamente personale, in un equilibrio perfetto tra seconda e terza dimensione, che evolve positivamente ad ogni nuova mostra.

DOVE: The Flat di Massimo Carasi – Milano

QUANDO: 10 aprile – 9 giugno 2012

COSA: In mostra nello spazio sotterraneo della galleria la nuova produzione dell’artista. Elementi fondanti del lavoro sono l’idea di Assoluto, il luogo fisico, la prospettiva, la trasparenza e le nostre capacità percettive. Sculture a parete da appendere con cornici di legno e mandala di filo intrecciato all’interno, enormi costruzioni appese al soffitto contengono spazi immaginari come porte su altri mondi, rilievi di stanze in cartoncino che diventano equilibrate geometrie.

Geometrie perfettibili, architetture nuove, spesso irreali ma sempre illusorie e accattivanti

La geometria, la matematica, le forme costituenti il mondo circostante e, in definitiva, l’architettura, rappresentano il punto d’incontro del lavoro di Guido Bagini, Paolo Cavinato, Michael Johansson e Michelangelo Penso che viene presentato dal 19 gennaio alla Galleria The Flat – Massimo Carasi di Milano in una mostra che, partendo da concetti classici ormai ben radicati nella storia dell’arte, giungono ad una loro rielaborazione in chiave contemporanea nella quale passato e presente sono perfettamente sintetizzati.

Quattro artisti dal background e dagli stili differenti, accomunati da una profonda ricerca di deformazione e integrazione di forme geometriche che generano architetture nuove, spesso irreali ma sempre illusorie e accattivanti. Quattro artisti che non possono prescindere dal contatto fisico con l’opera d’arte, per cui la manualità è primo e fondamentale strumento per esprimere l’idea. In Geometrie perfettibili il loro lavoro parte dall’assemblaggio di differenti forme, spesso dilatate, distorte, incastrate, prospetticamente illusorie e singolarmente insignificanti, per arrivare ad un perfezionamento insito nell’opera finita, inseparabile dall’intervento manuale dell’artista. Linguaggio oggettivo elevato a linguaggio creativo. Architettura come medium per rivelare l’espressione estetica in tutta la sua forza; geometria come punto di partenza e di arrivo per ottenere la perfezione che, notoriamente, non fa parte dell’universo umano ma a cui l’uomo ha sempre aspirato.

Anish Kapoor, Richard Long e tanti altri in mostra a Modena

La Galleria Civica di Modena inaugura sabato 4 dicembre 2010 alle 18.00 alla Palazzina dei Giardini e a Palazzo Santa Margherita, in corso Canalgrande a Modena, la mostra Lo spazio del sacro. Organizzata e coprodotta dalla Galleria Civica di Modena, e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, la collettiva presenta opere provenienti da istituzioni pubbliche e collezioni private italiane e straniere di alcuni fra gli artisti della scena contemporanea internazionale che hanno maggiormente riflettuto sul tema del sacro: Adel Abdessemed, Giovanni Anselmo, Kader Attia, Paolo Cavinato, Chen Zhen, Vittorio Corsini, Josep Ginestar, Anish Kapoor, Richard Long, Roberto Paci Dalò, Jaume Plensa, Wael Shawky.

Ogni opera occuperà in completa solitudine un ambiente della Galleria, da una parte accentuando il rapporto diretto, esclusivo, intimo che ciascuna di esse instaura con lo spettatore, dall’altra amplificando la propria capacità di entrare in relazione con gli spazi architettonici. L’idea fondante della mostra risente molto delle parole di Mircea Eliade a sul fatto che il sacro, nell’arte contemporanea, “è divenuto irriconoscibile; si è camuffato in forme, propositi e significati che sono apparentemente ‘profani’.