Aspettando che il pubblico arrivi

Le placide giornate al mare sono ormai un lontano ricordo ed i molti vernissage di settembre, organizzati da gallerie private e musei, hanno dato il via alla seconda parte della stagione artistica 2011. Eppure qualcosa non torna, le manifestazioni girano con i motori a mezzo servizio, persino le gallerie che inaugurano mostre con nomi altisonanti si ritrovano semivuote con scorte le vino che avanzano per le settimane a venire. Qualcuno ha subito dato la colpa alle aperture anticipate che hanno colto impreparate le molte persone ancora in ferie ma oramai siamo giunti ad ottobre e la situazione non sembra migliorare.

Il conto è facile da stilare, alle mostre d’arte contemporanea manca attualmente circa la metà del pubblico dello scorso inverno. Ovviamente noi addetti del settore non possiamo che sperare in una pronta “guarigione” ma il problema risiede nella qualità dell’offerta e non nella quantità. Se il pubblico non confluisce significa che ha trovato di meglio da fare e questo, per il nostro sistema post Padiglione Italia by Vittorione Nazionale e post crollo dei poli museali, non è una gran bella faccenda. Quelle poche mostre che hanno sino ad ora salvato la baracca hanno meritatamente beneficiato di una grande affluenza di pubblico attirato da proposte veramente interessanti.

Italia declassata? In arte lo è già da tempo

L’Italia è stata declassata dall’agenzia internazionale di Rating Standard & Poor’s. Per chi di economia non ne mastica poi tanto significa che il voto sul nostro debito pubblico è sceso di un punto. Questo perché secondo l’agenzia americana il nostro Paese ha deboli prospettive di crescita economica ed è guidato da una coalizione fragile.

“E questo che c’azzecca con l’arte contemporanea?” direte voi. La risposta è che purtroppo tutto il sistema artistico nazionale è regolato dalla politica e se questa capitola, il medesimo destino, di riflesso, spetta alla nostra scena creativa. Il guaio è che questa volta il declassamento artistico ci ha colpito ben prima di quello economico. “Le istituzioni museali italiane, quasi sempre condizionate ad un “protettore” politico, difficilmente vivono sul rispetto della professionalità del direttore o della direttrice.”dichiara Germano Celant riguardo alle vicende del Castello di Rivoli, descrivendo un fallimento che di fatto ha di gran lunga anticipato quello economico.

Secondo dialogo sul sistema dell’arte con Luca Rossi

Luca Rossi: Recentemente ho letto un tuo articolo relativo alla situazione del sistema italiano dell’arte contemporanea. Parlo di sistema per identificare: istituzioni, artisti, riviste, nuove riviste, gallerie giovani international, gallerie italiane, gallerie che ci provano, gallerie storiche, musei, fondazioni, artisti che inviano application, artisti che girano per mercatini alla ricerca di libri e foto usate, opening con apertitivi e relazioni tra l’amichevole e l’interessato, associazioni no profit, spazi no profit, tanti spazi, tante opere, tanti progetti, assegnazione di studi d’artista, scuole d’arte, istituti d’arte, accademie con vecchi programmi, programmi di formazione, collegamenti tra curatori italiani e curatori esteri, acquisizioni di opere che sono passate in biennale, premi, premi ogni giorno, residenze all’estero, residenza in italia, workshop e mostre collettive, assenza di un pubblico vero, critici poco critici ma molto artisti, fanzine giovanilistiche come Mousse e Kaleidoscope che sono più che altro progetti artistici più attenti al contenitore che al contenuto, Flash Art, Exibart, i commenti di Exibart, collegamenti tra scuole e istituzioni.

Tutto questo pensando che il giovane operatore di oggi sarà l’operatore professionista di domani. Tutto questo avendo ben chiaro che l’italia ha un ruolo marginale rispetto al sistema internazionale, ma che può essere considerata una caso di studio unico al mondo per via di alcune congiunture e specificità culturali, politiche e sociali. “Toccare il fondo” potrebbe e dovrebbe essere propulsivo per la definizione di giovane artista che ci piace di più. Non godere di economie forti rispetto Inghilterra, Germania, Svizzera o Stati Uniti può diventare un elemento propulsivo sul piano del linguaggio. Esattamente come potrebbe essere utile non avere istituzioni troppo strutturate e rigide, sempre rispetto la definizione che ci piace di più di arte contemporanea. In fondo quest’ Italia costringe ad una messa in discussione quotidiana, e questo può essere utile per tutti; anzi forse dovrebbe essere una principio cardine del contemporaneo. Io credo che in questa fase storica l’Italia sia, nel bene e nel male, estremamente contemporanea. Cosa ne pensi?

La Kunsthalle piu’ bella del mondo, un progetto per il Centro delle Arti Contemporanee di Como

La Fondazione Antonio Ratti e la Camera di Commercio di Como (nell’ambito dell’iniziativa Laboratorio Como 2010) hanno il piacere di annunciare La Kunsthalle piu’ bella del mondo, un progetto di ricerca internazionale che si svolgerà tra il 2010 e il 2012. Coinvolgerà un grande numero di curatori, critici, storici dell’arte, artisti ed esperti provenienti da diversi contesti e ambiti disciplinari, in una discussione articolata e complessa sulle pratiche espositive dell’arte contemporanea all’inizio del ventunesimo secolo.

Il progetto La Kunsthalle piu’ bella del mondo muove i suoi passi dalla consapevolezza di una peculiare condizione di crisi che richiede una revisione critica delle pratiche, una ridefinizione delle identità delle differenti istituzioni e dei diversi protagonisti, una riflessione coraggiosa sui mutati rapporti tra arte, società e pubblico e sui confini cangianti dei territori attuali dell’arte contemporanea e delle sue relazioni transdisciplinari.