Cover Art, ovvero come ti copio un capolavoro con la Playstation

Alcune opere d’arte degli anni ’70 create da maestri come Vito Acconci e Chris Burden sono divenute oggi dei fari in grado di ispirare ed influenzare anche le nuove generazioni artistiche. D’altro canto questo nuovo millennio si è trovato un poco a corto di idee rispetto al passato e non è mistero che i giovani attingano a piene mani da ciò che si è gia fatto. L’opera d’arte di respiro internazionale creata in un recente passato rappresenta sempre un comodo appiglio sia intellettuale che formale ed inoltre discostandosi leggermente da un capolavoro si rischia molto meno che buttarsi in una nuova e rivoluzionaria ricerca che potrebbe essere poco compresa da pubblico e critica.

Il fenomeno di riprodurre opere famose si chiama (come in musica) Cover ed ha dato luogo ad una crescente pratica denominata Cover Art.  Non è mistero che l’ausilio del computer e delle nuove tecnologie sia una delle cause di questo fenomeno che rischià però di sfociare in un appiattimento generale su di un unico livello. Poco tempo fa è balzato agli onori delle cronache un giovanotto chiamato Ramsay Stirling che ha basato il suo portfolio sulla riproduzione di famosi capolavori d’arte concettuale ricreati appositamente per la rete. L’artista ha riprodotto opere di Jasper Johns e Ad Reinhardt oltre che una copia di Television Delivers People (1973) di Richard Serra, trasformandola in Internet Delivers People.

La collezione attiva al Museion di Bolzano

Riattivare, ricomporre e “risvegliare” le opere smembrate, spente e riposte nei depositi del museo. È quello che accade nella mostra “La collezione attiva” ( in visione dal 25 novembre 2011 al 16 settemrbe 2012) con cui Museion chiude la stagione espositiva 2011 – il titolo si riferisce all’atto di riattivazione dei video e delle installazioni in occasione della loro presentazione.

In mostra una selezione di opere di recente acquisizione dalla collezione Museion, la maggior parte presentate per la prima volta. Tra queste, l’installazione di Vito Acconci Candy Bar From GI Joe, 1977 e From Here to There di Jana Sterbak, presentata alla biennale di Venezia nel 2003; Particle Projection (Loop), 2007 di Simon Starling e il video di Francesco Jodice Dubai_Citytellers (2010). La mostra offrirà anche l’occasione per vedere e rivedere importanti opere della collezione quali A Change Of Mind, 2007 di Elmgreen & Dragset e Sediments Sentiments (Figures of Speech), 2007 di Allora & Calzadilla.

Carolee Schneemann, femminilità oltre il femminismo

Quando di si parla di performance o azioni incentrate sul corpo i primi nomi che ci vengono in mente sono Gina Pane, Marina Abramovic, Hermann Nitsch o Vito Acconci, oltre a tanti altri maestri che hanno utilizzato il nostro involucro terreno come campo aperto ad ogni tipo di sperimentazione creativa. C’è però un’artista che ha attraversato Fluxus, Body Art, Neo-Dada, Happenings e Beat Generation senza accostarsi a pieno a nessun movimento, un’artista che ha riaffermato con veemenza l’erotismo arcaico del corpo e la sua libertà universale.

Stiamo parlando di Carolee Schneemann (1939), artista americana che ha spesso sposato la causa politica e femminista anche se il suo concetto di femminismo è stato più volte rivolto alla liberazione dell’espressione sessuale piuttosto che alla manifestazione di una condizione di repressione del sesso femminile. Una delle performance storiche dell’artista è senza ombra di dubbio Meat Joy del 1964 azione in cui 8 soggetti parzialmente nudi si contorcono, danzando e giocando con vari oggetti, sostanze e cibo, una condizione simile ad un sabba erotico che per molti versi potrebbe allinearsi ai riti dionisiaci del Teatro delle Orge e dei Misteri di Nitsch che già a partire dal 1957 aveva cominciato a prendere una forma concreta.

Vito Acconci – Space of the body. Opere 1969-1986

Dopo il successo della mostra di Dennis Oppenheim, la galleria Fumagalli di Bergamo prosegue l’indagine sull’arte americana presentando dal 12 febbraio al 30 aprile 2011 Space of the body, una personale di Vito Acconci, tra i maggiori protagonisti della scena artistica internazionale che, sin dagli anni Sessanta, ha imposto le sue sperimentazioni nell’ambito della poesia, del video e della Body Art giungendo sino all’architettura e all’arte pubblica.

A pochi mesi di distanza dalla rassegna organizzata dal Castello di Rivoli, lo spazio di Bergamo propone una selezione di opere particolarmente significative realizzate tra il 1969 e il 1986 che affrontano la ricerca dell’artista nelle sue differenti sfaccettature.
Sono in mostra fotografie, video, disegni e tecniche miste, in gran parte mai esposti prima d’ora in una mostra pubblica italiana.
Si tratta, dunque, di un’occasione particolarmente significativa per riflettere sull’indagine di un artista che ha modificato profondamente i linguaggi dell’arte incentrando la propria ricerca sul rapporto diretto con il pubblico, tema che farà da filo conduttore della prossima Biennale di Venezia ILLUMInazioni curata da Bice Curiger.

Il MoMa dedica una mostra alla performance in fotografia

Dopo i clamori e le azioni spericolate degli anni ’60/’70 la performance art è giunta nel 2000 con rinnovate energie. Sempre più giovani artisti infatti si dedicano a questa difficile ma meravigliosa disciplina artistica e molti di loro sono capaci di grande visionarietà, proprio come i loro più illustri predecessori.Inoltre l’estremo successo di Performa, la biennale della performance di New York che nel novembre 2011 compirà il suo quarto compleanno, rende oggettivo questo sempre più crescente interesse che la performance art genera a livello internazionale.

In questi giorni il MoMa di New York mette in mostra un evento dal titolo Staging Action: Performance in Photography since 1960 (dal 28 gennaio al 9 maggio 2011) che analizza la storia della performance art attraverso l’obiettivo della macchina fotografica. Video e fotografia  si sono rivelati dei mezzi essenziali all’interno della performance art, questo poichè essi rappresentano un importante documento di ciò che è successo.

A Bologna incontro irripetibile con la regina della performance Marina Abramovic

Venerdì 28 gennaio 2011, alle ore 21 presso l’Aula Magna di Santa Lucia, nell’ambito di ArteFiera 2011, l’Università di Bologna rende omaggio all’artista di fama internazionale Marina Abramovic.

La “regina della performance” presenterà dal vivo, intervistata dal critico d’arte Renato Barilli, il suo ultimo lavoro, Seven Easy Pieces, un film realizzato per il Guggenheim di New York che ha già conquistato i più importanti festival in Israele, Polonia, Australia, Canada, Germania, Giappone, e ora per la prima volta in Italia alla presenza della Abramovic, in cui l’artista reinterpreta cinque celebri performances storiche compiute da Vito Acconci, Jospeh Beuys, Valie Export, Gina Pane, Bruce Nauman, più altre due da lei stessa realizzate.

Video Dia Loghi 2010

Si inaugura martedì 14 dicembre 2010 alle ore 19.00 presso la Sala conferenze della GAM – Galleria Civica di Arte Moderna e Contemporanea di Torino – la decima edizione del Festival di video d’arte e video d’artista, Video Dia Loghi (che si trasferisce poi, dal 15 al 22 dicembre presso la Galleria Velan Centro Arte Contemporanea in via Saluzzo 64), affermatasi in questo decennio come un importante momento di divulgazione e di approfondimento critico e storico del linguaggio della video-art.

Per questo speciale anniversario i due curatori – Willy Darko, fondatore del progetto e Giovanni Cordero – hanno deciso di omaggiare gli artisti che hanno partecipato alle passate edizioni, fornendo un’ampia panoramica sul sistema molteplice e complesso che va dalla “videoarte” dei primi anni Sessanta, alle videoinstallazioni, ai videoclip, alla video documentazione e alla video danza, senza trascurare i fenomeni più recenti, come i video realizzati col telefonino.

Il meglio di Art HK 10

E parlando di Art Hong Kong 2010 andiamo un poco a vedere alcune proposte interessanti presenti in fiera:
Lo stand della White Cube Gallery sarà interamente dedicato a Mr.Damien Hirst, con opere che spaziano dai 150.000 dollari ai 3 milioni di dollari. 1.100 metri quadrati zeppi di opere del calibro di The Five Stages of Dying (2008-9), appartenente alla serie delle farfalle morte per intenderci. L’opera in questione è costituita da cinque casse di farfalle passate a miglior vita. Da tener d’occhio anche l’opera The Inescapable Truth (2005) , una scatola di vetro e metallo contenente una colomba impagliata ed un teschio umano in formaldeide.

Tabaimo, artista 35enne di Nagano è conosciuta per i suoi disegni ed animazioni disturbanti e sinistri. Alla fiera è ospitata dallo stand del Tyler Print Institute di Singapore con pezzi che variano dai 10.000 dollari ai 30.000 dollari. Un’opera in mostra dal titolo Skinspots, ispirata all’eczema, malattia della pelle che tormenta l’artista stessa. Insomma c’è da star allegri.

Le audiocassette d’arte di William Furlong

 Per una manciata di decadi la musicassetta ha monopolizzato non solo il mondo della musica ma anche quello della creatività in genere. Alzi la mano chi non ha mai inciso la sua voce su di un nastro magnetico o non ha mai registrato della musica autoprodotta o ancora chi non ha mai “sdoppiato” l’album della sua band preferita a qualche amico o compagno di scuola. Molti artisti hanno utilizzato l’audiocassetta per compiere stravaganti esperimenti ed uno di questi è William Furlong che dai primi anni ’70 ha effettuato alcune ricerche di matrice concettuale utilizzando appunto la cara e vecchia cassetta.

Proprio in questi giorni la casa editrice Phaidon ha pubblicato l’opera Speaking of Art, in cui figura una ricca selezione delle centinaia e centinaia di registrazioni effettuate da Furlong. A partire dal 1973, con l’aiuto di alcuni collaboratori, Furlong diede vita ad Audio Arts, un magazine a basso budget costituito unicamente da registrazioni su cassetta. Furlong intervistava gli artisti che trovava interessanti come Laurie Anderson, joseph Beuys, Vito Acconci e John Cage ed una volta registrate le cassette spediva il tutto ad una serie di amici ed abbonati.

Arriva Jennifer Rubell con la sua prova del cuoco per l’artocrazia internazionale

La scena dell’arte contemporanea statunitense ha lanciato un nuovo protagonista ma questa volta sinceramente non è certo una figura di cui si sentiva il bisogno. Si tratta di Jennifer Rubell, autodefinitasi pioniera della conceptual food art. Va detto che bisognerebbe spiegare alla Rubell che gli interventi artistici che prevedono l’uso di materiali edibili sono stati sperimentati già decine e decine di anni fa, quindi queste ricerche non hanno nulla di pionieristico. Alcuni giorni fa Jennifer Rubell ha portato alcune delle sue stravaganti creazioni al Brooklyn Museum di New York in occasione del Brooklyn Ball 2010.

La stravagante cuoca (ci piace definirla così più che artista) ha presentato alcune installazioni edibili ispirate ad opere di grandi protagonisti del ventesimo secolo. Tra le opere riprodotte dalla Rubell figuravano Seedbed di Vito Acconci (1972), Fountain di Marcel Duchamp (1917), Ten Heads Circle/Up and Down di Bruce Nauman (1990) Painter di Paul McCarthy (1995),  One: Number 31 di Jackson Pollock (1950) e How to Explain Pictures to a Dead Hare di Joseph Beuys (1965). Ovviamente ogni opera per essere mangiata deve essere distrutta e secondo la Rubell questa pratica catartica e partecipativa è il punto forte della sua arte.

Dennis Oppenheim e le intersezioni

Il museo MARCA di Catanzaro presenta dal 31 luglio la mostra Intersezioni IV, consolidato luogo di contaminazione tra la scultura contemporanea e l’archeologia, e una rassegna di importanti progetti e modelli dagli anni 60 ad oggi.

Difficile non lasciarsi straniare dalla magia del Parco di Scolacium che deriva da Minervia Scolacium, la colonia romana che s’installò nel 123 – 122 a.C. sulla città greca di Skylletion: un lembo incontaminato di Calabria, uno dei siti archeologici più importanti dell’Italia meridionale, una preziosa stratificazione di civiltà: greca, italica, romana e infine normanna.
In questo luogo tanto singolare e magico il 31 luglio prenderà il via Intersezioni IV, grande esposizione a cura di Alberto Fiz dedicata a Dennis Oppenheim uno dei più importanti artisti della scena contemporanea.

La crisi economica si abbatte su Vito Acconci

Artista concettuale, poeta, designer e performer, Vito Acconci a 69 anni suonati è stato ed è un pioniere delle pratiche artistiche. Per oltre quattro decadi ha stupito il pubblico dell’arte internazionale con opere sperimentali come Centers (1971), ha creato progetti architettonici d’avanguardia modulare come quello per la facciata dello Storefront for Art and Architecture di New York (1993 assieme a Steven Holl) ed ha immaginato nuove frontiere della landart urbanistica con la creazione dell’isola artificiale Mur Island (2003) a Graz in Austria.

Oggi anche Vito Acconci deve scendere a patti con la crisi economica. Il grande artista sarebbe in procinto di chiudere il suo famoso studio di progetti architettonici di New York. Secondo quanto dichiarato dall’artista in un’intervista apparsa su Achitect’s Newspaper l’Acconci Studio è ancora in piena salute e numerosi clienti internazionali scelgono proprio Acconci per ingenti opere pubbliche.

Corrado Zeni in mostra allo Studio Glenda Cinquegrana

La galleria Glenda Cinquegrana: The Studio di Milano inaugura il 28 maggio la mostra Bird’s Eye, la prima personale di Corrado Zeni a Milano, in cui l’artista genovese presenta, in un allestimento sitespecific, una serie di nuove opere e un’installazione di disegni.

Secondo le parole di Luca Beatrice, la pittura di Zeni è pienamente allineata alle recenti ricerche dell’arte contemporanea, essa è infatti una “forma di relazione in grado di stabilire, al pari di altri linguaggi contemporanei, connessioni e sistemi, completandosi per mezzo dell’intervento “attivo” sia dello spettatore sia dell’oggetto rappresentato”.