Gran Bretagna-Italia, due “tagli” a confronto

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La crisi economica è lungi dal terminare. A fronte dei timidi tentativi propagandistici del governo che tenta in tutti i modi di far credere che i momenti peggiori siano ormai alle spalle, la situazione in cui versano i nostri centri nevralgici della cultura non ci fa certo ben sperare per il futuro.

Il MADRE di Napoli rischia la chiusura, Il Maxxi di Roma non ha ancora emanato una programmazione certa, il Castello di Rivoli e la Gam di Torino non se la passano bene e l’Istituto Italo-Latino Americano (IILA) di Roma sarà presto costretto a cambiare sede per i troppi costi di gestione. Insomma presi nell’insieme tutti questi eventi forniscono un quadro della situazione non certo esaltante. Ed allora come dovrebbe reagire il mondo dell’arte ai tagli alla cultura? Alcune valide risposte sono state fornite in questi giorni, mentre è in atto la prestigiosa fiera inglese Frieze, dal Guardian che ha intervistato alcuni personaggi di spicco dell’arte contemporanea. E siccome anche in Gran Bretagna sono stati annunciati ingenti tagli, andiamo a vedere quali sono le reazioni degli addetti ai lavori, magari potremmo farci un’idea su come risolvere la nostra situazione:

Hans Ulrich Obrist e Julia Peyton-Jones della Serpentine Gallery pensano che il mondo dell’arte inglese sebbene sia poco aiutato dallo stato sia più produttivo degli altre nazioni d’Europa. I tagli sarebbero quindi un disastro per tutte le generazioni a venire. Il brutto è che non si trovano nemmeno fondi privati.

Wolfgang Tillmans (artista) pensa che sotto il profilo economico i tagli non siano una valida soluzione poiché la Gran Bretagna non ha molto da esportare e l’industria creativa rappresenta un valido esempio di grande esportazione. Bisognerebbe invece eliminare una parte delle tasse dirette ai poveri ed alzare quelle dei ricchi per risanare le casse dello stato e rimettere in moto l’economia.

Mark Wallinger (artista) pensa che i tagli siano inutili poiché le istituzioni nazionali già versano in condizioni precarie. Il budget rivolto alla cultura è infatti l’1% dei fondi nazionali. E poi l’arte inglese rappresenta la più grande storia di successo degli ultimi 20 anni.

Isaac Julien (artista) pensa che non ci sia una reale contromisura ai tagli visto che i governi europei stanno tagliando anche altre spese. Secondo l’artista bisognerebbe tagliare la spesa militare.

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