Francesca Woodman, musa di se stessa

di Redazione Commenta

SMS contemporanea, il centro di arte contemporanea del Santa Maria della Scala di Siena, in collaborazione con l’Espacio AV di Murcia e l’Estate di Francesca Woodman di New York ha inaugurato ieri una grande mostra retrospettiva di Francesca Woodman composta da 114 fotografie, alcune delle quali inedite.

Nata a Denver nel 1958, figlia degli artisti Betty e George Woodman, Francesca comincio’ a lavorare col mezzo fotografico a soli tredici anni di età, quando realizzo’ il primo autoscatto. Nei nove anni che separano questo esordio dall’abbandono volontario della vita, avvenuto nel gennaio 1981 a soli ventidue anni, l’artista ha continuato a fotografare se stessa in ambienti domestici, in mezzo alla natura, sola o con amiche, nel vivo di azioni e performance appositamente progettate.Le serie fotografiche piu’ significative si identificano con i luoghi dove sono state realizzate e ripercorrono i passaggi essenziali della sua biografia: la prima ha per scenario Boulder, nel Colorado, e data agli anni della scuola superiore, la seconda riguarda l’intenso periodo di formazione presso la Rhode Island School of Design di Providence, seguita da quella, molto ricca, che fra 1977 a 1978 venne eseguita a Roma. New York, da una parte, e la natura incontaminata della MacDowell Colony nel New Hampshire rappresentano le fasi estreme della sua opera.

Quasi tutta la produzione dell’artista vive nel rapporto tra il proprio corpo, oggetto e soggetto degli scatti, e il proprio sguardo, nella dialettica cioe’ che s’instaura fra la Francesca Woodman artista e la Francesca Woodman modella di se stessa.

Di se’ non offre mai alcuna visione idealizzata, eroica, caricata di particolari significati; al contrario, la propria immagine e’ sempre inserita nell’universo delle cose, come fosse una di esse o, meglio ancora, parte di esse. Ecco allora che il corpo di Francesca quasi si assimila con l’intonaco dei muri, gioca con la propria ombra, compare da porte e finestre, si nasconde tra i mobili e gli oggetti; la luce ne sfalda la consistenza piuttosto che esaltarla, oppure ne tornisce le forme purche’ siano sempre colte come frammenti, come particolari.

Tratti caratteristici e ricorrenti sono anche l’assenza del volto, tagliato via dall’inquadratura – o nascosto da maschere, dai propri capelli, da una torsione del collo o del busto – e la dimensione performativa, ben evidenziata anche dai pochi minuti di video girati dall’artista che sarà possibile vedere nel percorso della mostra. La mostra e’ accompagnata da un catalogo edito dalla Silvana Editoriale con testi di Isabel Tejeda, Marco Pierini, Rossella Caruso e Lorenzo Fusi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>