Essere artisti emergenti a 76 anni

di Redazione Commenta

In piccolo villaggio del Kent abitano due artisti che da tempo vivono assieme, anzi per dirla tutta sono sposati. Uno di loro si chiama Rose Wylie, una pittrice che è solita lavorare ogni giorno con grandi tele non intelaiate. A dirla tutta Rose lavora su tre o quattro tele per volta e molto spesso dipinge sul pavimento. Le sue opere tappezzano tutta l’abitazione, vene sono stipate in ogni muro e penzolano persino dal soffitto. Insomma la casa è zeppa di tele per un unico motivo: Rose non vende le sue opere.

I galleristi hanno tentato di fargli produrre tele di piccole dimensione ma l’artista non riesce a ridurre in piccolo le sue enormi composizioni. Così Rose continua imperterrita ogni giorno a dipingere i suoi quadri simili a giganteschi cartelloni pubblicitari, a volte dipinge una figura per 50 volte, incollando pezzi di tela sulle parti che non le vanno a genio e ricominciando a creare partendo da zero. Il National Museum of Women in the Arts di Washington DC ha recentemente organizzato una mostra dal titolo Women to Watch, evento atto a portare in evidenza il lavoro di artiste donne emergenti o sottovalutate e su sette artiste che provengono dagli Stati Uniti, solo una è inglese. Ovviamente si tratta di Rose Wylie che dall’alto dei suoi 76 anni di età non è proprio quello che potremmo definire un’artista emergente. Eppure oggi che si fa un gran parlare di giovani artisti dovremmo soffermarci a pensare alla vecchia guardia dell’arte contemporanea, una generazione molto spesso fuori dalle copertine dei magazine patinati ma che è ricca di outsider pronti per essere scoperti.

Rose Wylie dipinge per l’arte, non si cura di vendite o di aste o meglio ancora di mostre in gallerie di tendenza. Crea per il gusto di farlo ma questo mal si sposa con un sistema che già da troppo tempo ha perso di vista l’estetica e la filosofia, per mirare dritto al profitto.

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