Jamie Shovlin e la finzione del cinema

di Redazione Commenta

Seconda occasione italiana per conoscere il lavoro di Jamie Shovlin (1978, Leicester, UK). L’artista è noto al pubblico romano per la sua recente apparizione al museo Macro con il progetto Hiker Meat, un’esplorazione sulle dinamiche sottostanti alla produzione cinematografica degli anni ’70 e ’80 in cui pone l’accento sulla natura fittizia dell’operazione intesa come metodologia per la costruzione del senso.  Shovin torna ad esporre il suo lavoro presso la galleria 1/9unosunove di Roma dal 1 febbraio al 26 marzo.

All’interno della mostra, Three (and a half) Films with Many Shared Characters saranno presentati, oltre al progetto in questione, una serie di bozzetti preparatori per la realizzazione di tre versioni della locandina del film: la versione italiana del 1979, la versione spagnola del 1981 e infine quella americana del 1981. Una ricerca analitica che va dalla scelta dei personaggi, alla realizzazione delle illustrazioni fino alla selezione dei caratteri tipografici. Tutto concorre a creare l’illusione dell’effettiva esistenza del film.
Per completare ulteriormente il quadro, l’artista si esibirà in una performance, Hiker Meat (Rough Cut), mercoledì 2 febbraio alle ore 20 presso il foyer del Teatro Eliseo di Roma, in cui proporrà, col supporto della band tedesca Lustfaust, la colonna sonora del film secondo la tradizione dello spartito per piano del cinema muto intervenendo però con campionature rock. Il gruppo suonerà anche la proiezione senza il supporto video.

La società capitalistica fonda le proprie strutture di potere proprio sulla costruzione semantica e spesso, come si evince dalla storiografia dei regimi, si è servita del cinema come luogo per la creazione di modelli piuttosto che come mezzo d’espressione puro. L’opera di Shovlin, pur rimanendo in una posizione acritica, mette in luce proprio tali meccanismi ma è anche un modo per riflettere sulle peculiarità del mezzo espressivo cinema e in maniera ancora più ampia sulle strutture semiotiche che sottendono a ogni discorso. Non si tenta qui di eluderne le dinamiche, ma di “metterle in mostra” al fine di imparare a volgerle in proprio favore.

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