Tate Oil Tanks, la Gran Bretagna investe nella cultura…e l’Italia?

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Una notizia apparsa in questi ultimi giorni su tutti i quotidiani internazionali mi ha fatto non poco riflettere sull’interesse che l’Italia riserva alla sua martoriata sfera culturale. La Tate Modern ha finalmente deciso di ampliare la sua cubatura. Già dal 2012, anno delle olimpiadi di Londra, la prestigiosa istituzione potrà disporre degli Oil Tanks, vale a dire uno spazio espositivo sotterraneo e lunare che troverà posto all’interno dell’ex centrale elettrica sulle rive del Tamigi.

Si tratta di locali già acquisiti tempo fa dalla Tate ma mai ristrutturati, un tempo le Oil Tanks alimentavano le turbine della Turbine Hall. Le Oil Tanks fanno parte di un piano di espansione che prevede la costruzione di un nuovo edificio di 64 metri d’altezza che sarà completato non prima del 2016. Il costo totale dell’ampliamento sarà di circa 343 milioni di dollari ed il 70 percento della ragguardevole cifra è stato già coperto da donazioni dei privati. Questo perchè la Tate è finanziata al 62 percento da fondi privati mentre il restante 38 percento è coperto dai fondi governativi. In un momento di grave crisi economica mondiale il Regno Unito ha quindi deciso di guardare al futuro e lo ha fatto puntando sulla cultura. National Gallery, Royal Academy, gallerie private e quanto altro hanno già preparato una ricca stagione espositiva, la macchina britannica non ha certo intenzione di cedere alle ristrettezze finanziarie. Diversa sorte tocca all’Italia che è ancora impegnata a scrollarsi di dosso le macerie di un Padiglione Italia disastroso, che deve ancora decidere le sorti dei suoi tanti musei di arte contemporanea sparsi per il territorio.

Il Pan, simbolo dell’italietta sprecona, ha già annunciato di voler ripartire dal basso: “Le risorse pubbliche sono quasi ridotte a zero. Sarà necessario l’intervento di sponsorizzazioni private e al fund raising“, parola dell’assessore comunale alla Cultura e al Turismo, Antonella Di Nocera. Il Macro di Roma deve ancora ultimare la sua trasformazione in fondazione e gli altri musei navigano in acque incerte. Tra gli scandali politici, i fondi gettati al vento e il disinteresse dei privati, poco avvezzi a spendere in arte contemporanea, l’Italia è destinata all’oblio. Questa situazione può cambiare, basta volerlo. Per ora restiamo a guardare quello che fanno i britannici che fra i tanti sbagli hanno almeno avuto la lungimiranza di guardare in avanti.

Micol Di Veroli

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