Realismi Russi e Aleksandr Rodchenko: cronoca di una passeggiata transtorica

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Dal 10 ottobre 2011 è possibile visitare, presso le sale del Palazzo delle Esposizioni di Roma la doppia mostra dedicata alla grande arte russa del novecento ed in particolare all’esperienza dei Realismi russi e del genio di Aleksandr Rodchenko . Il percorso della mostra, articolata in due sezioni distinte, comincia col raccontare, attraverso i suoi numerosi protagonisti, gli sviluppi del Realismo socialista attraverso l’analisi delle sue differenti declinazioni che si avvicendano in un arco di tempo che va dal 1920 al 1970

Nata come arte ufficiale del nuovo regime politico post rivoluzionario, la corrente realista fu portatrice dei valori della collettività e della gloria rivoluzionaria attraverso un linguaggio di facile comprensione e che ben si prestasse a sottolineare il sensazionalismo del movimento collettivo che aveva portato allo sviluppo del nuovo contesto sociale. Opere esemplari in questo senso sono  Il bolscevico di Boris Kustodiev, dove gli elementi formali del dipinto, dalle proporzioni, alla collocazione spaziale, al cromatismo che accentua la componente del rosso, sono un esplicito richiamo alla  straordinarietà del fenomeno rivoluzionario, o La cerimonia di apertura del Secondo Congresso della Terza Internazionale, in cui l’eccezionale perizia tecnica di Isaak Brodski, tra i prediletti del regime sovietico, rende con assoluta veridicità il contesto politico della Russia bolscevica.

Più in avanti gli artisti che avevano di buon grado accolto l’idea di mettersi al servizio degli ideali rivoluzionari cominciarono a raccogliere le prime avvisaglie di qualcosa che piuttosto si distaccava dalla dimensione ideologica per scadere nell’abuso e nella rigidità. Nascono a questo punto opere che, pur conservando la tecnica realista, ne sfruttano le peculiarità per porre l’accento su un elemento oppositivo. E’ il caso di opere quali Dimostrazione o Ritatto di Stalin di Georgi Rublev, dove su uno sfondo rosso campeggia, isolata la figura di uno Stalin in poltrona, quasi un richiamo ai Pontefici in trono di Velázquez piuttosto che alla grandiosità di uno dei padri della rivoluzione. Altri artisti invece preferirono volgere lo sguardo al contesto circostante, evitando così di ricorrere in false celebrazioni. In questo ambito ritroviamo ad esempio uno dei pezzi più prestigiosi della mostra, ossia gli Sportivi di Kazimir Malevich o i dipinti di Aleksandr Deineka, anch’essi ispirati a scene di aggrgazione sportiva. In questo caso gli artisti capirono che ciò che andava preservato degli ideali rivoluzionari era lo spirito originale, ormai consumato nell’elegiaca visone del potere. Questa fase fu presto ridimensionata attraverso il ritorno ad un realismo di stampo più direttamente celebrativo, esemplare in questo senso, ancora una volta, l’opera Il commissario del popolo per la Difesa, maresciallo K.E.Voroshilov, sugli sci di Brodski. Successivamente, l’evento traumatico della guerra, irruppe violentemente nelle coscienze degli artisti, specialmente quando, all’avanzare dei nazisti nel territorio sovietico, molti vennero mandati al fronte dove morirono precocemente ed altri furono costretti ad abbandonare le loro case e a svolgere, per lo più azioni di propaganda. Eloquente l’opera di Deineka, L’asso abbattuto in cui un soldato è colto nell’atto di precipitare inesorabilmente verso dei tralicci di ferro arrugginito mentre in lontananza ancora vive l’eco della distruzione.

La vittoria della guerra venne, come ovvio, letta sotto una prospettiva celebrativa che  privilegiava richiami classici e barocchi ma non mancarono gli sguardi volti alla tragedia appena trascorsa come dimostra il malinconico Aleksandr Nevsky di Pavel Korin. Ancora una volta gli artisti tentarono di far emergere dalle macerie quegli ideali primordiali che erano alla base della vera rivoluzione. Le opere assunsero un carattere particolarmente espressivo che le avvicina alla tecnica impressionista. Una meravigliosa dimostrazione di questo spirito è resa in  Pane di Tatjana Jablonskaja. Tale spirito era incentivato da una politica che nella figura di Chruščёv tendeva sempre più ad allontanarsi dalla celebrazione del culto di Stalin e ad aprirsi a ideali di maggiore libertà espressiva. Questa libertà si riflette anche nella critica d’arte che ora individua una corrente che nasce dall’eredità dell’avanguardia e che venne identificata col nome di Realismo severo. Ma dopo questa fase di apertura si assistette ad un ritorno ad una politica più rigorosa, tale passo indietro, fonte di delusione per molti, venne espresso dagli artisti attraverso la scelta di tematiche che alludessero agli orrori e alla trsistezza del periodo storico precedente come dimostra la serie Bruciati dal fuoco di guerra di Geli Korzhev.

La seconda parte della mostra è invece interamente dedicata ad Aleksandr Rodchenko, artista che condividendo gli ideali costruttivisti, ha saputo rinnovare il linguaggio fotografico mettendo in luce come la semiotica del mezzo sia elemento fondativo dell’espressione artistica. Rodchenko, in particolare, ha il merito di aver emancipato la fotografia documentaria dal contesto settoriale in cui era relegata. L’artista comincia la sua ricerca attraverso collage fotografici e operando negli ambiti della comunicazione di massa. Il collage gli permette di esplorare i modi della composizione in ambito fotografico fino a spingerlo a ricercare questi elementi direttamente nel contesto circostante. Come lo stesso Rodchenko fa notare, tutto è sotto i nostri occhi ma bisogna saperlo vedere con uno sguardo critico. Per questo nella sua opera compaiono elementi caratteristici quali il ricorso a composizioni diagonali, sfocati progressivi, inversioni orientative, che ben presto diverranno veri e propri stilemi per gli artisti a venire. L’arte dunque è rivoluzionaria per natura in quanto osserva criticamente il circostante e tuttavia non potrebbe svolgere questa operazione se non conservasse al suo interno un impulso creativo. Proprio questa ambivalenza, a metà tra impegno politico e istinto alla creatività fa di Rodchenko uno dei testimoni più affascinanti della cultura artistica del novecento.

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