Da cosa ad opera d’arte e viceversa, ovvero: anche Kippenberger viene ripulito

di Redazione Commenta

Spesso le opere d’arte contemporanea causano numerosi fraintendimenti ed il fruitore basito non riesce a comprendere l’esatta funzione dell’oggetto che si trova al suo cospetto. Sarà forse colpa di Duchamp e del suo orinatoio, sta di fatto che ormai gli artisti ci hanno abituato ad ogni ardita sperimentazione, arrivando a spacciare lamiere e spazzatura per arte concettuale. Critici, appassionati ed addetti del settore potranno anche captare il senso di talune opere ma sovente ci scappa il misfatto.

Ecco quindi che si moltiplicano le situazioni-tipo tratte da “Le vacanze intelligenti”, anche noi potremmo un giorno tramutarci Remo e Augusta Proietti alla Biennale di Venezia, sederci sopra una sedia e tramutarci magicamente in un’opera d’arte ambita da tutti i collezionisti. Ma che tipo di cosa è un’opera d’arte? Difficile a dirsi, ecco perché a volte queste cose finiscono con l’esser gettate nella pattumiera. La qualcosa è capitata anche a grandi maestri del contemporaneo come Gustav Metzger che nel corso di una mostra alla Tate Britain subì il cestinamento di un’opera per mano di uno zelante pulitore. Peccato che in quel caso il nostro artista aveva prodotto un sacchetto di plastica trasparente con dentro del cartoncino raffazzonato a tal punto da sembrar proprio comune spazzatura. Che dire poi del povero Banksy, paladino della street art sempre alle prese con operatori ecologici intenti a cancellare murales dalle facciate dei palazzi.

L’ultimo di questi pastiches è accaduto in Germania, ai danni di un’opera del compianto Martin Kippenberger, ospitata dall’Ostwall Museum. In principio l’opera era composta da una struttura in legno con sotto una comune bacinella di gomma. Il fondo della bacinella era stato volutamente ricoperto da una patina dipinta a mano. Ora quella patina non c’è più, una donna delle pulizie ignorando il divieto di tenersi a minimo 20 centimetri dalla scultura, ha pensato bene di lavarla via. Ecco un’installazione da 1 milione di dollari che magicamente ritorna una cosa. Tutto in nome dell’igiene. Questo a Duchamp sarebbe piaciuto, molto.

Micol Di Veroli

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