Claire Fontaine al Pastificio Cerere di Roma

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Il secondo appuntamento dell’edizione 2012 di Postcard from…, che vede protagonista l’artista Claire Fontaine, inaugurerà il 16 marzo presso la sede di Via degli Ausoni 7 a Roma e sarà visibile fino al 16 maggio. Il progetto a cura di Marcello Smarrelli, direttore artistico della Fondazione, è volto a diffondere l’arte contemporanea nel contesto urbano. Realizzato in collaborazione con A.P.A. Agenzia Pubblicità Affissioni, vede il coinvolgimento di artisti italiani e internazionali invitati a ideare un manifesto di 400×300 cm, la dimensione in uso nella cartellonistica pubblicitaria, esposto nel cortile del Pastificio Cerere e in vari impianti della città messi a disposizione da A.P.A. (elenco aggiornato sul sito internet della Fondazione http://www.pastificiocerere.it/).

Contemporaneamente, verrà inaugurata la mostra personale di Claire Fontaine dal titolo La chiave, che sarà una ideale prosecuzione dei temi trattati nel manifesto. Promuovere progetti artistici che favoriscono la crescita culturale e sociale, nonché la diffusione dell’arte contemporanea, è uno dei principali obiettivi perseguiti dalla Fondazione Pastificio Cerere.
Claire Fontaine è un collettivo di artisti nato a Parigi nel 2004, prende il nome da una popolare marca francese di quaderni e si definisce “un’artista ready-made”, riferendosi a se stessa con la terza persona singolare femminile. In sintonia con la lezione di Marcel Duchamp – il primo ad elevare l’oggetto ordinario alla dignità dell’arte – il collettivo utilizza media diversi, sconfinando dal territorio dell’arte a quello della cultura visiva contemporanea e muovendosi in un ambito di pseudo anonimato, tale da negare o contraddire principi quali abilità personale, autorialità e originalità.

Claire Fontaine basa la propria indagine sull’impegno costante con cui monitora la cultura e la politica contemporanea. Utilizza l’arte come dispositivo sensibile all’individuazione e all’analisi di tematiche sociopolitiche che la preoccupano, tra le quali spicca lo studio della “comunizzazione” degli spazi privati: elemento che lega la poetica dell’artista alla storia del Pastificio Cerere: ex fabbrica attiva dai primi del novecento e dismessa nel 1960, si è poi ripopolata con quel gruppo di artisti denominato “Scuola di San Lorenzo” che, occupandone gli spazi e facendone i loro ateliers, hanno contribuito alla trasformazione di questo luogo, rendendolo un punto di riferimento per la diffusione e la formazione legata all’arte contemporanea.

Comunistico è realizzato riproducendo due pagine dell’ultima edizione del vocabolario Zingarelli in cui si trovano parole con la stessa radice di “comune”, ognuna elencata e dovutamente spiegata. “È un lavoro che cambia dimensione alla pagina del dizionario, decontestualizzandola, per permettere al passante di comprendere il senso nudo di parole al di fuori del loro contesto e che generalmente affrontano il problema della condivisione, del vivere insieme, dello spazio comune” – dice l’artista – “l’opera non è però un dispositivo ermeticamente chiuso: la presenza di parole quali ‘computer’ e ‘compulsivo’ su quelle due pagine stimola la libera associazione di idee di chi legge”.

Parallelamente all’intervento dell’artista per Postcard from…, è prevista una sua personale all’interno della Fondazione Pastificio Cerere, dove il tema del bene comune e della condivisione degli spazi vengono efficacemente trattati e rappresentati attraverso più dispositivi. Bump key è un’opera realizzata con il neon che raffigura un tipo di chiave che, infilata in qualunque serratura e colpita leggermente con un martello, può aprire tutte le porte senza effrazione.

Come in molte sue opere, Claire Fontaine affronta la questione della proprietà privata attraverso la metafora della porta chiusa. La “bump key” è un oggetto legalmente venduto che rende completamente inutile l’uso delle serrature tradizionali, ovviamente poco pubblicizzato per evitare di allarmare i cittadini o di attirare l’interesse dei malintenzionati. L’opera, che riproduce fedelmente la parte dentellata della chiave e fornisce le direttive utili a chi volesse costruirne una, vuole essere un monito che porta a riflettere su quanto precario sia il nostro senso di sicurezza e la nostra idea di proprietà privata.

Il film Counterpoison (Antidoto), è la trascrizione di un viaggio all’interno di un edificio in rovina. In un quartiere popolare di Glasgow, un teatro abbandonato aspetta pazientemente l’arrivo delle ruspe, mentre immagini semi-buie sono filmate. Nel frattempo, i ragazzi della strada ne distruggono, giorno dopo giorno, il palcoscenico rimasto senza pubblico e bruciano le poltrone vuote. Di notte, animali randagi vi trovano rifugio e si intravvedono una volpe ed un piccione, allegorie della vita clandestina nelle aree urbane. Sta allo spettatore indovinare contro che cosa questa discesa cieca e muta potrebbe funzionare da antidoto. Attualmente, l’edificio è stato raso al suolo e la sola cosa che resta sono le immagini del film, accompagnate dal rumore del respiro dell’operatore video. A questo luogo, che ha subito nel corso degli anni diverse destinazioni d’uso, è riferito un altro lavoro in mostra, l’object trouvé che rappresenta il light box Mecca, dal nome della catena omonima della quale faceva parte la sala bingo allestita dentro il teatro.

Il progetto è realizzato in contemporanea alla mostra presso la galleria T293, in via dei Leutari 32 a Roma, visibile dal 17 marzo, giorno dell’inaugurazione, fino al 15 maggio 2012.

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