Pierluigi Febbraio, Passo come un’ombra in un mondo di apparenza

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La stagione espositiva della Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Arezzo prosegue con la mostra del lavoro di Pierluigi Febbraio: giovane artista romano, già vincitore del Premio Celeste 2006. Dieci grandi installazioni comporranno la mostra che si articolerà al II piano dello storico edificio aretino, poggiato architettonicamente alla chiesa di San Francesco, che ospita la Leggenda della Vera Croce di Piero della Francesca.

In collaborazione con Galleria Romberg Arte Contemporanea di Roma, l’evento sarà curato da Fabio Migliorati e, per l’occasione, verrà presentato un catalogo Edizioni Romberg, con testi di Matteo Galbiati, Gianluca Marziani, Fabio Migliorati e Viviana Siviero. Lo scritto è la prima monografia dell’opera dell’artista, in cui i quattro trattano il senso dell’espressione artistica di Pierluigi Febbraio.Il lavoro di Pierluigi Febbraio è una sorta di dichiarazione personale nei confronti della vita, del mondo, come – in realtà – ogni autore dovrebbe saper e poter fare, per evitare di smarrire quel rapporto arte/esistenza, tanto vero quanto, di sicuro, alla fine bello. Tale relazione diventa stretta, fedele, coerente e, si dica pure, quindi, bella, secondo espressività e intensità: perché ogni tecnica si riferisce all’estetica e l’estetica allude sempre al piacere.

L’arte di Febbraio è un referto pragmatico, stabilendo un nesso con l’altro nella veste prima del formatore, poi dell’esterno ignoto che assurge al ruolo di un «ente del confronto», in cui si può riporre fiducia o da cui occorre guardarsi. L’opera richiama così l’intimismo senza essere lirica, perché rappresenta il vissuto figurale, mediato, decantato; non l’emozione indomita né l’astrazione onirica. L’identità iconografica è quella svelata dalla nozione di persona, nella sua genesi quasi etnologica, memoria dell’autore o esperienza di tutti: narrando dal passato, seppure possa non riguardarne, direttamente, le manifestazioni. Individualità – continua il critico aretino – che è singolarità atta a diventare stimolo per giungere al collettivo, al sociale, al comunitario, lambendo infine il traguardo dell’universale. Testo d’arte, allora, quale simbolo non iconologico ma esperienziale, che trova la propria chiave nel codice della solitudine: esistenziale essenza, entità; tanto profonda quanto dolorosa.



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