La crisi a Dublino? non per la giovane arte contemporanea

Ultimamente la verde Irlanda non se la passa poi tanto bene, la crisi economica ha colpito duramente da quelle parti e come se non bastasse i vertici nazionali hanno presentato alcuni giorni fa un piano di salvataggio internazionale per far fronte alla crisi bancaria. Vedremo quindi come e quanto l’unione europea potrà finanziare l’Irlanda e soprattutto per quanto tempo tale nazione resterà in questo stato. Come spesso succede durante queste situazioni di tensione, l’arte contemporanea e la cultura riescono a trarre linfa dai momenti difficili, tramutando bisogni e necessità in impeto creativo.

Insomma, anche se a Dublino sembra di essere tornati ai momenti di estrema povertà degli anni ’80, gli artisti hanno reagito alla crisi a modo loro. Se i negozi chiudono allora i giovani talenti creativi se ne appropriano, trasformandoli in studios o tramutando i magazzini industriali ed i garages abbandonati in spazi no-profit per mostre d’arte, performances o concerti di musica alternativa.

Anche il Cile è pronto per la Biennale di Venezia 2011

Fernando Prats è l’artista che andrà a rappresentare il Cile per la 54esima edizione della Biennale d’Arte di Venezia 2011. Il critico spagnolo Fernando Castro sarà invece il curatore designato che accompagnerà l’artista. Il Commissario del Padiglione Nazionale sarà invece Antonio Arévalo, curatore indipendente che nel 2009 presentò l’artista Iván Navarro in un affascinante ed emozionante padiglione, tra i migliori dell’intera manifestazione.

Fernando Prats (1967), artista cileno, residente in Spagna (Barcellona). Il suo lavoro è rigoroso e riflette, in particolare le sue azioni dal progetto Chaitén, lavoro svolto a partire dal terremoto che ha colpito il Cile, la situazione del paese in un approccio cartografico di estrema intensità. E’ rappresentato dalla Galleria Joan Prats di Barcellona. Nel 2007 vince il Guggenheim Fellowship, John Simon Guggenheim Memorial Foundation, New York.Se avete perso i nostri precedenti bollettini sulle presenze alla prossima Biennale di Venezia 2011 vi forniamo qui di seguito un piccolo riassunto della situazione: Guai grossi per Hong Kong che ha deciso di reiniziare la fase di selezione degli artisti per problemi burocratici. l’Australia ha scelto Hany Armanious.

Ma quel maglione è di Douglas Gordon?

Avete presente Douglas Gordon? si avete capito bene, stiamo parlando dell’artista che ha creato l’opera 24 Hour Psycho, rallentando drammaticamente il celebre film di Alfred Hitchcock, ridistribuito così in un’interminabile sequenza di 24 ore. Gordon è stato inoltre autore di Zidane, un portrait du 21e siècle, un video dove viene mostrata unicamente la figura del celebre Zinedine Zidane per l’intera durata di una partita di calcio.

Anche in questo caso, seppur l’esperimento potrebbe sembrare un’interessante indagine sul tempo e sul movimento umano oltre che sulla odierna definizione di eroe, c’è da dire che Hellmuth Costard fece la stessa identica cosa con Football as Never Before nel 1970, riprendendo solamente il celebre genio sregolato George Best per 90 minuti.

Carabiniere in vacanza a New York ritrova una statua italiana

Due antiche statue rubate in Italia negli anni ’80 sono finalmente tornate a casa. Una di esse proprio grazie a Michele Speranza, maresciallo capo dell’arma dei Carabinieri  e alle indagini compiute dall’arma le quali sono durate circa sei mesi. Insomma tutto è bene quel che finisce bene ma c’è da dire che il ritrovamento di una delle due statue è stato decisamente rocambolesco.

Lo scorso anno Michele Speranza si reca a New York con la sua famiglia per una semplice periodo di ferie. Durante il consueto shopping per le vie della grande mela, il carabiniere nota qualcosa di strano nella vetrina di un antiquario di Madison Avenue. Si tratta di un busto in marmo della statua romana della Fortuna, ma quella statua ha qualcosa di familiare, qualcosa che il militare ha già visto tempo addietro in Italia.

Anche la Whitney Biennial pensa al mercato per la sua edizione del 2012

Dopo che i conflitti d’interesse della stagione 2009 del New Museum di New York hanno irritato non pochi addetti del settore e semplici appassionati e dopo che il board del MOCA di Los Angeles ha scelto come direttore un astuto dealer come Jeffrey Deitch piuttosto che un curatore d’arte contemporanea, ci ha pensato il Whitney Museum a confermare questo trend tutto americano il quale sta trascinando l’arte verso il mercato puro. La celebre istituzione ha infatti scelto i suoi due curatori per la Whitney Biennial del 2012, fermo restando che il lavoro svolto quest’anno da Francesco Bonami è stato semplicemente perfetto.

Ebbene per la prossima Biennale è stata chiamata Elisabeth Sussman e fin quì tutto bene, poiché parliamo di un curatore di grande professionalità e vasta esperienza che svolgerà senz’altro un ottimo lavoro. Elisabeth Sussman ha inoltre già curato una Whitney Biennial, quella del 1993 ad esser precisi, quella volta però il suo lavoro fu duramente criticato, ma tutto questo fa parte del mestiere.

Michelangelo, Leonardo e Picasso. Geni e maestri uguali a noi

Si parla sempre più spesso dei grandi maestri dell’arte del passato, forse perchè la loro abilità ed il loro ingegno hanno contribuito a diffondere all’interno della società contemporanea un alone di mistero e magia che spinge ricercatori e scienziati a compiere accurati studi, giungendo a nuove ed affascinanti conclusioni. In questi giorni, girovagando per la rete abbiamo trovato due esempi che ci aiutano a comprendere l’aspetto profondamente umano di artisti che troppo spesso ci appaiono come inarrivabili divinità.

Che Michelangelo avesse uno stile di vita gay friendly non è certo un mistero ed anzi, forse le sue figure umane così definite e perfette sono proprio il risultato di un’ openness  priva di tabù e perbenismo alle naturali diversità del creato. 

Fare arte con iPad e iPhone? Semplice, basta distruggerli

Abbiamo visto che molti artisti sono attualmente impegnati a creare nuove e mirabolanti opere mediante l’iPad e l’iPhone. Ebbene si, i gioiellini di Steve Jobs sono ricchi di applicazioni che permettono anche ad un bimbo di eseguire interessanti disegni con pochi tocchi sul display. Ovviamente non tutti riescono a tirar fuori qualcosa di interessante, basti pensare a  David Hockney che ultimamente con l’iPad sta tirando fuori una crosta dietro l’altra mentre la stampa e la critica lo esaltano come il nuovo messia della Digital Art.

Quindi la domanda che vorremmo porvi è questa: è possibile tirar fuori una vera e propria opera d’arte con un iPhone o con un iPad? Risposta: si è possibile, basta distruggerlo completamente. O almeno  questo è quello che ha fatto il camaleontico artista statunitense Michael Tompert. Negli ultimi mesi Tompert non ha fatto altro che acquistare numerosi (e costosi) dispositivi di casa Apple per poi farli a pezzi.

Raccolti 3 milioni di dollari al Gran Gala del Moca. La privatizzazione dei musei a volte non è così male come si pensa

Mentre ci lamentiamo del nostro sistema dell’arte c’è da dire che negli states le cose non vanno meglio o forse vanno meglio davvero, visto che i musei  sono ormai diventati degli enormi carrozzoni dello spettacolo dell’arte, buoni solo per attirare vips e quindi sponsors danarosi.

Niente di strano quindi che al gala del MOCA, Museum of Contemporary Art di Los Angeles, istituzione guidata dal quel vecchio volpone di Jeffrey Deitch, si sia presentata una folla arrembante di personaggi celebri presi dalla bramosia di far vedere al mondo intero che anche loro sono degli acculturati che sostengono la cultura. Forse anche i musei italiani dovrebbero privatizzarsi totalmente ed organizzare dei gala per racimolar quattrini, magari si potrebbe così risolvere il problema della mancanza di finanziamenti da parte di istituzioni e governi sempre più assenti e stitici.  

Ericailcane, la street art italiana conquista gli U.S.A.

Prima c’erano gli spaghetti western ed ora, in maniera abbastanza rocambolesca e fracassona, la street art made in Italy sta lentamente ma inesorabilmente catturando anche la scena internazionale. Si potrebbe dire senza ombra di dubbio che questo movimento artistico nato negli Stati Uniti ha trovato da noi un terreno assai fertile che negli ultimi tempi ha prodotto buoni frutti.

Se l’arte contemporanea nostrana “più canonica ed istituzionale” fatica ad imporre i suoi pupilli all’estero, la street art riesce dove tutti falliscono, forse perchè le nostre incursioni urbane arrivano a mixare abilmente nuove estetiche con tradizioni centenarie, forse perché questa tecnica libera i giovani artisti da tutti quei vincoli propri del nostro sistema. Sta di fatto che nomi come Blu, Sten e Lex, nel corso di pochi anni e grazie ad interventi sempre più coraggiosi e creativi, sono riusciti ad evadere dai nostri confini dove ristagnano troppi talenti ed hanno liberamente preso il volo verso lidi sempre più ambiziosi.

Biennale di Venezia 2011: l’Australia sceglie, Hong Kong rinvia e i paesi nordici si “dividono”

Insomma tra ribaltoni, Berlusconi bis, fumate bianche e fumate nere, monumenti che crollano e musei che scioperano, non dobbiamo dimenticarci che la prossima estate c’è la Biennale di Venezia. Lo sappiamo che magari non è il momento giusto e sappiamo anche che il nostro Vittorione Nazionale è in questi giorni impegnato in ben altre questioni diciamo politiche ma vogliamo e dobbiamo informarvi sugli ultimi sviluppi. Ebbene anche l’Australia ha scelto il paladino nazionale, anzi a dire il vero si parla di un artista di origini egiziane.

Si tratta infatti dello scultore Hany Armanious, conosciuto per installazioni scultoree di grandi dimensioni che molto spesso vengono creati con un vasto range di materiali come fango, polvere e mattoni. Armanious è altresì famoso per piccoli oggetti fatti a mano costituiti da poliuretano, argilla e plastica. Ovviamente l’artista non ha un compito facile, visto che dovrà raccogliere il testimone lasciato da Shaun Gladwell che nel 2009 ha stupito tutti con il suo Maddestmaximus. Guai grossi per Hong Kong che ha deciso di reiniziare la fase di selezione degli artisti per problemi burocratici. La deadline per la selezione è stata quindi spostata al prossimo gennaio e a quella data rimarrà ben poco tempo per organizzare il padiglione nazionale.

Tracey Emin non partecipa ad una mostra contro la droga…per problemi di droga

Torniamo oggi a parlare di Tracey Emin, la peperina della Young British Artists generation aveva deciso di sospendere per un poco le sue azioni provocatorie per gettarsi a capofitto nell’impegno sociale. Assieme a Paula Rego, Maggi Hambling, Gordon Cheung, Humphrey Ocean e ad altri 200 personaggi, la celebre artista inglese doveva infatti partecipare alla mostra 400 Women, evento in memoria delle migliaia di donne messicane morte o svanite nella città di Juarez.

L’evento si è aperto il 12 novembre alla Shoreditch Town Hall di Londra e rimarrà in visione fino al prossimo 28 novembre. Tutto scorre direte voi, ed invece ecco il fattaccio. Il problema è che per “questioni personali” poco chiare, Tracey Emin ha deciso di ritirarsi dalla mostra a pochi giorni dall’inaugurazione, gettando gli organizzatori in un profondo imbarazzo e costringendo i giornali ed i magazine d’arte a ricorrere ad errata corrige dell’ultima ora.

La dura legge della street art colpisce anche Basquiat

La street art è arte che proviene dal popolo per il popolo. Derive sociali a parte, ogni street artist è conscio del fatto che confrontandosi con la strada, deve sottostare alle leggi della strada. Molto spesso però la strada è senza regole ed ecco che graffiti e murales vengono cancellati, vengono coperti da altre opere o da un nugolo di tags. Noi vi avevamo già parlato di Underbelly Project, la mostra definitiva sulla street art  alloggiata in una fermata della metropolitana dismessa di New York. Alla mostra, tuttora segreta, hanno partecipato celebri nomi della street art internazionale come Ron English , Swoon, Gaia, Faile, Jeff Soto, Dan Witz e Revok.

Ebbene, questi altisonanti nomi non hanno certo spaventato l’esercito degli street artists senza regole e lontani dalle gallerie d’arte che hanno prontamente reagito imbrattando i murales presenti alla mostra. Forse molti si sono sentiti esclusi, forse è così che deve andare, fatto sta che due persone hanno trovato la mostra ed hanno portato a termine la loro operazione di bombing. A migliaia di chilometri di distanza nel frattempo, un altro storico protagonista della street art newyorchese è stato vittima di una simile azione.

Jackson Pollock? un’invenzione della C.I.A.

In questi giorni è apparso su La Repubblica un articolo decisamente affascinante. Donald Jameson, ex funzionario dell’intelligence statunitense avrebbe infatti dichiarato che i maestri dell’espressionismo astratto Jackson Pollock, Robert Motherwell, Willem de Kooning e Mark Rothko, furono finanziati (a loro insaputa) direttamente dalla C.I.A., questo per imporre il new american painting all’attenzione del mondo.

L’espressionismo astratto potrei dire che l’abbiamo inventato proprio noi della Cia dopo aver dato un occhio in giro e colto al volo le novità a New York, a Soho. Scherzi a parte avemmo subito molto chiara la differenza. L’espressionismo astratto era il tipo di arte ideale per mostrare quanto rigido, stilizzato, stereotipato fosse il realismo socialista di rigore in Russia. Così decidemmo di agire in quel senso” ha dichiarato Jameson. A noi queste cose fanno un poco sorridere, specialmente quando si parla di sostegni economici e letterari con ampi articoli su riviste come Encounter, Preuves e Tempo Presente.

Se Mr Gaga si butta su internet

Ve lo dovevate aspettare, dopo l’invasione dei vari franchising del fast food, dei telefonini cellulari ed anche delle mutande eccoci giunti al franchising dell’arte. A pensarci ovviamente è il nostro Mr. Gaga Gagosian che non pago di aver aperto 10 gallerie ha ora intenzione di invadere anche il mondo di internet con il suo potere magico.

Ovviamente Larry Gagosian da vecchio volpone del mercato ha fatto le cose in grande stile, alleandosi con Eric Schmidt di Google, Dasha Zhukova (la nuova reginetta dell’arte contemporanea russa) e Wendi Murdoch (moglie del ben più celebre Rupert). Da questa spremuta di cervelli è nato Art.sy, un vero e proprio mercato dell’arte online che può essere completamente personalizzato dall’utente, ovviamente si parla di utenti molto speciali.