Che bella l’Italia dell’arte contemporanea

Benvenuti in Italia, la patria della cultura e dell’arte. Tanto tempo fa potevamo sbandierare questo slogan, oggi queste parole suonano a dir poco ridicole. Questo poiché di questa beneamata cultura non rimane che un vago ricordo. Sono bastati due governi per trascinare le nostre risorse artistiche in un baratro senza fine, un orrido da cui uscire sarà molto difficile. Crolli del Colosseo, crolli di Pompei e crolli della Pinacoteca di Brera. Queste sono solo alcune delle più tristi vicende legate ai capisaldi della nostra cultura classica e moderna. Ma per quanto riguarda l’arte contemporanea le cose vanno ancora peggio.

Padiglioni Italia alla Biennale di Venezia affidati a megalomani che finiscono per metterci in mutande innanzi al mondo intero,  musei che vengono commissariati per buchi nel bilancio provocati dallo stesso governo che poi usa gli stessi per i valzer di poltrone (figura barbina anche qui), Padiglioni alla Biennale d’architettura che rischiano di passare in cavalleria. Ed anche le presidenze delle Biennali rischiano di fare la stessa fine salvo poi salvarsi in corner allo scoccare del novantesimo minuto.

L’infausta abitudine del commento molesto

Qui in Italia il rapporto tra internet ed addetti ai lavori del settore dell’arte  contemporanea non è dei migliori. Mi spiego meglio, spesso e volentieri le capacità professionali di un giornalista, di un curatore o di un artista sono al centro di chiacchiere poco edificanti che si sviluppano all’interno di portali internet, forum ed altre realtà via etere. Queste discussioni da bar dello sport sono oramai divenute il pane quotidiano per tutti quei bravi ragazzi che non trovano di meglio da fare che sputare i loro rancori e le loro frustrazioni in faccia al mondo intero.

 Molti sarebbero portati a pensare che gli addetti ai lavori non siano particolarmente rispettati dal pubblico ma questo pubblico è in realtà costituito da altri addetti ai lavori wannabe, persone che solitamente cercano di entrare all’interno di un sistema ma per mancanza di capacità non riescono ad emergere. 

La retorica dell’arte contemporanea

Il dorato mondo dell’arte contemporanea ha i suoi vizi ed i suoi tic. Ovviamente elencare ognuna di queste consuetudini sarebbe un’impresa impossibile. Oggi però vorremmo provare a stilare una piccola lista di frasi ricorrenti, un piccolo compendio di retorica da addetti ai lavori che puntualmente potrete ascoltare ad un qualunque vernissage avrete voglia di presenziare. Ma bando alle ciance e via con la lista:

– “Basta con la solita galleria d’arte. Ora il futuro è aprire uno spazio che agisca in modo diverso, multifunzionale ed a supporto degli artisti”

– “La mia è una ricerca sulla memoria”

– “Bisogna fare sistema

– “Questa fiera va rinnovata”

Poi ti lamenti che il pubblico non c’è

Il crollo verticale del sistema/arte, culminato con la sostanziale debacle di Roma contemporary, può aiutarci a comprendere cosa andrebbe cambiato, per ritrovare il perduto interesse del pubblico. Innanzitutto bisognerebbe farla finita con il concetto di “tecnico straniero”, lo specialista venuto da oltreconfine che salva baracca e burattini è una bella favoletta da raccontare ai vostri nipoti. Abbiamo ottimi curatori, manager ed addetti del settore anche dalle nostre parti, è preferibile un fallimento tutto italiano ad uno estero profumatamente pagato.

Anche i circoletti finto-minimal intellettuali che organizzano talk (in tutte le lingue tranne che l’italiano) sulla relazione tra Marinus Boezem e la margarina sono giunti ben oltre l’umana sopportazione. Proprio per dar retta a questi intellettuali radical-chic molti galleristi sono stati trascinati nel buco nero del Newindustrialminimalism / Cunsumerism, una pseudo corrente creativa che trova la sua ragion d’essere all’interno di lamiere buttate per terra, pezzi di marmo smussati con cartoline appiccicate sopra, sedie, mobili, piume di pavone e quanto altro.

Non diamo la colpa solamente alle istituzioni

Mentre la crisi economica imperversa in lungo ed in largo, i momenti di tensione si moltiplicano ed anche il nostro amato mondo dell’arte contemporanea comincia a mostrare i segni di una stanchezza oramai cronica che avrebbe bisogno di un bel ricostituente. Da ormai  più di un mese, sempre stando all’orologio presente nell’homepage di Exibart, AMACI ha chiesto inutilmente di incontrare Mario Monti, mentre la Consulta dell’Arte di Roma ha chiesto l’incontro pubblico con il ministro Lorenzo Ornaghi da circa 36 giorni.

Il governo non sembra poi tanto interessato a comprendere il senso delle rivolte che imperversano nel nostro settore culturale ma forse il problema non è solo questo. Noi facciamo parte di uno stato assistenzialista e siamo per forza di cose portati a pensare che le istituzioni debbano metterci una pezza ogniqualvolta i meccanismi si inceppano o funzionano male.

In lutto il mondo della cultura ma il calcio non si ferma mai

  

Con il sofferto silenzio dei luoghi della cultura si manifesterà, oltre che la condanna di ogni gesto di violenza, la sincera partecipazione al dolore della famiglia della vittima, di tutte le persone coinvolte nell’attentato, di tutta la città di Brindisi”. Queste le parole del Ministro per i Beni e le Attività Culturali Lorenzo Ornaghi, alla luce dell’orribile attentato alla scuola Falcone-Morvillo di Brindisi che ha causato la morte della giovane Melissa Bassi.

La decisione di Ornaghi è stata quindi quella di interrompere l’iniziativa promossa dal Mibac che prevedeva l’apertura straordinaria e gratuita dei musei statali, civici, siti archeologici, biblioteche e palazzi storici di tutta Italia fino alle ore 20 dello scorso 19 maggio. Per una tragica coincidenza la città di Roma aveva organizzato proiezioni di immagini di Falcone e Borsellino ed altre iniziative per ricordare i 20 anni della strage di Capaci.

Sistema dell’arte contemporanea? Ah ah ah ah ah!

 

Scena dell’arte contemporanea, sistema dell’arte. Chissà quante volte avrete sentito usare queste terminologie all’interno dei discorsi fra addetti ai lavori o magari all’interno degli articoli presenti sui magazine d’arte. Per sistema dell’arte generalmente si intende un vero e proprio indotto costituito da artisti, gallerie, musei, collezionisti, addetti del settore, case d’asta, fiere, fondazioni ed altre realtà legate alle arti visive che contribuiscono al mercato, allo sviluppo ed alla promozione delle stesse.

Per definirlo come tale, un sistema dovrebbe essere strettamente interconnesso, un grande insieme i cui sottoinsieme dialogano incessantemente fra loro, contribuendo al corretto funzionamento dell’intero organismo. Questo succede in altri pianeti, visto che questa connessione reciproca dalle nostre parti è pura fiction.

Uno sguardo al passato potrebbe salvare il nostro futuro

Mi trovavo ieri all’Auditorium di Mecenate di Roma, per presenziare all’ormai consueto appuntamento con i Martedì Critici di Alberto Dambruoso e Marco Tonelli. Ospite della serata Giosetta Fioroni, un nome che (come già detto da Dambruoso) non ha certo bisogno di presentazioni. Una vera e propria eroina in un mondo di uomini, l’unica donna capace di tener testa a tipi tosti come Mario Schifano, Tano Festa, Franco Angeli, Cesare Tacchi, Renato Mambor e così via.

La serata con Giosetta Fioroni si è rivelata piacevole ed estremamente interessante, di cose da raccontare l’artista classe 1932 ne avrebbe parecchie ma il tempo non basta mai. Tra l’esauriente presentazione di Dambruoso e l’analisi del sempre puntuale Tonellli, non vi nascondo che una forte nostalgia si è impadronita del mio animo.

I tecnici con il martello

 

Facciamo finta che il Padiglione Italia di Vittorione Nazionale© alla scorsa Biennale di Venezia sia equiparabile al disastroso governo Berlusconi, il prossimo curatore del padiglione dovrebbe quindi essere messo in relazione con il governo Monti. Il Mibac dell’era Berlusconi non era certo un belvedere ma questo tecnicissimo Ornaghi sembra sia destinato a far molto peggio.

Già, il nostro caro vecchio Ministero per i Beni e le Attività Culturali invece di amministrare e far proliferare la nostra cultura sembra ne sia divenuto il refugium peccatorum. Eppure questo è il governo dei tecnici, di quelli che dovrebbero risolvere i problemi con il cacciavite, quando appare evidente che si stanno adoperando per distruggere tutto con mazzetta e scalpello.

Pensiamo che i fotografi siano dei cogl**ni

Lo scorso anno il fotografo freelance Tony Sleep pubblicò un illuminato post sul suo sito. Il post fece in breve tempo il giro del mondo, rimbalzando su tutti i social network della rete. Alcuni semplici ma diretti concetti sciorinati dal buon Tony sullo “sporco” mestiere del freelance mi sembrano decisamente illuminanti, tanto che ho deciso di ripostare alcuni stralci qui sotto, tanto per ribadire a tutti alcuni punti fermi. Ovviamente il discorso è valido anche per altre categorie di lavoratori freelance legati all’arte contemporanea e non solo alla fotografia:

Ogni settimana, ricevo in media un paio di proposte di lavoro da parte di gente che “non ha soldi” per pagare le mie foto. Case editrici, riviste, giornali, organizzazioni, aziende affermate o appena avviate: tutti pensano che la fotografia non costi niente, o peggio che mi stiano facendo un favore ad offrirmi di pubblicare il mio lavoro offrendo come compenso di aggiungere il mio nome qui o là.

Quando il curatore non si cura della mostra

La Berlin Biennale di quest’anno non ha lasciato il segno. Il tema, incentrato su questioni politiche, non è stato sviscerato al meglio e gli artisti si sono accostati a fatica al progetto curatoriale. Purtroppo la mania di fagocitare le opere con linee curatoriali troppo complesse imperversa in tutto il mondo e, visto che le opere sono divenute solamente degli elementi arredativi a compendio del progetto, tra non molto si assisterà a mostre di soli testi curatoriali.

Ovviamente ciò rappresenterebbe il definitivo tramonto dell’arte contemporanea, il colpo che precede il tracollo, visto che da più parti si è già da tempo ipotizzata una crisi della bellezza all’interno del mondo creativo di oggigiorno. Il curatore è divenuto una primadonna che deve per forza di cose stupire il pubblico con trovate ad effetto che di fatto non tengono in considerazione le opere e non hanno alcun rispetto per gli artisti in mostra.

Il grande museo che fa chiudere gli altri musei

 

I governi non sono tutti uguali. Già perché fuori dalle nostre parti le decisioni in merito alla cultura vengono affrontate con maggior coscienza, ma spieghiamoci meglio. Prendiamo ad esempio la nascita di un nuovo polo museale dedicato all’arte contemporanea, dalle nostre parti e negli ultimi tempi questa è una pratica assai diffusa.

Costruire un nuovo museo significa innanzitutto sottrarre soldi ai contribuenti, pagare profumatamente l’archistar più in voga del momento, mettere in moto la macchina dei favori-controfavori del settore edilizio, spendere un capitale nei materiali ed accorgersi di aver sforato il bilancio indi per cui: stanziamento di altri bei verdoni ai danni del povero cittadino. Tutto si fa in nome della cultura, ma di cultura in questa macchinazioni se ne intravede giusto l’ombra.

Comprendere l’arte tra l’enigma e l’idiozia

L’arte contemporanea è sempre di gran moda ed è comunque terreno fertile per sperimentazioni estetiche e filosofiche di ogni tipo. Ultimamente però, per quanto concerne l’approccio didattico all’arte contemporanea le cose si sono fatte un tantino caotiche. Diciamo che si è persa la mezza misura, quella chiave di lettura accessibile ma non per questo semplice che garantiva una corretta esegesi della manifestazione creativa, senza per questo avvilire né l’opera né tanto meno il fruitore.

 Ecco quindi che oggigiorno l’arte contemporanea è divenuta incomprensibile e pretestuosa o semplicemente futile e banale. La storia dell’arte dei giorni nostri è la storia delle grandi manifestazioni ma molte di esse sono dei veri e propri deliri curatoriali che hanno in qualche modo dimenticato l’esistenza delle opere. Utopia Station, il progetto per la Biennale di Venezia del 2003 a cura di Molly Nesbit, Hans-Ulrich Obrist e Rirkrit Tiravanija ha aperto la strada alle imprese curatoriali smaccatamente ciclopiche, buone solo per tirar quattro colpi ad effetto.

L’Italia dei campionati di Burlesque

 

L’Italia è la culla della cultura, la terra che ha visto nascere Dante Alighieri, Caravaggio, Leonardo da Vinci, Giuseppe Verdi e tanti altri illustri letterati, scienziati, filosofi, artisti. Eppure questo è anche il paese dei controsensi, delle stragi, delle bugie, della mafia e dei brogli politici.  Gli U.S.A. hanno avuto per molto tempo il loro sogno americano, noi il miracolo italiano lo abbiamo intravisto per poco e siamo ripiombati nel buio più profondo. La storia del nostro paese è ormai divenuta simile alla trama del più intricato e grottesco film di David Lynch ed ogni nuova scena ci avvicina sempre di più ad una forra senza ritorno. Il buon Lynch avrebbe girato il suo capolavoro di sempre se avesse seguito le vicende italiane di questi ultimi mesi.

 L’ultima in ordine di tempo è la conferenza regionale sulla scuola organizzata a Torino dalla Conferenza Epistole che ha visto il ministro Elsa Fornero elargire perle di saggezza al pubblico. Nello specifico, Ministro Coccodrillo© ha proferito le seguenti parole: “Spesso le famiglie desiderano farsi la casa più che costruire capitale umano attorno ai loro figli. La priorità deve essere invertita. Lasciare una casa ai figli è importante ma bisogna lasciargli anche della conoscenza, della cultura e della formazione”.