L’Università dell’Iowa vuole vendere un Pollock donato da Peggy Guggenheim

Un’opera d’arte, come si sa, rappresenta un patrimonio culturale praticamente inestimabile. Quando poi l’opera in questione è stata prodotta da un vero e proprio maestro, allora essa diviene un vero e proprio bene per l’umanità. Ma possedere un’opera d’arte creata da un famoso artista significa anche essere proprietari di un bene economico in continua rivalutazione. Lo sanno bene i vertici della University of Iowa che dal 1951 beneficiano di una grande opera dal titolo Mural (1943) creato da Jackson Pollock e successivamente donato all’istituzione scolastica da quell’eroina dell’arte contemporanea che risponde al nome di Peggy Guggenheim.

Ora va detto che l’opera, posta all’interno degli spazi scolastici, rappresenta un vero e proprio strumento formativo, ammirato da 100.000 persone l’anno. Studenti e semplici visitatori che trovandosi davanti all’opera di Pollock possono ricevere un primo assaggio dell’arte contemporanea statunitense. Ebbene l’Università dello Iowa ha deciso di mettere in vendita l’opera del grande maestro per supportare al meglio i propri studenti.

Mario Ybarra alla Cardi Black Box di Milano

Giovedì 24 febbraio Cardi Black Box presenta la personale dell’artista Mario Ybarra Jr. (Los Angeles, 1973) intitolata Wilmington Good, a cura di Art At Work. Mario Ybarra Jr. è un artista eclettico: performer, disegnatore, scultore, pittore, attivista ed educatore, capace di fondere la cultura di strada con la storia dell’arte per produrre quella che lui ha definito “una forma di arte contemporanea filtrata dalla sua esperienza di Los Angeles come americano d’origine messicana”. Ybarra appartiene infatti a una generazione di artisti d’origine messicana, che giocano e scherzano con gli stereotipi e i pregiudizi legati alla loro identità.

Fonte d’ispirazione continua per le installazioni di Ybarra è la complessa e ricca cultura della California del Sud, in cui un eterogeneo mix di abitanti, di etnie diverse e una storia post-coloniale articolata si fonde con una cultura rap e di strada unica al mondo. Attraverso i suoi interventi site-specific l’artista svela aspetti sconosciuti della storia culturale “latina”, appropriandosi d’immagini pop e “multi-culti”.

La scultura pubblica finisce nel cassonetto

A volte le opere d’arte pubblica riescono a dare lustro ad un’area urbana pesantemente degradata, altre invece si trasformano in vere o proprie vittime del degrado. Mai però prima d’ora ci era capitato di udire di un’opera d’arte pubblica gettata per sbaglio in una pattumiera.

Il bizzarro evento è accaduto la scorsa settimana ad Albuquerque nel New Mexico. Il progetto Working Classroom Inc. aveva infatti creato una scultura pubblica sfruttando 50.000 dollari provenienti dalle tasse dei contribuenti. La somma era stata utilizzata per produrre un gigantesco cactus in fibra di vetro, simile ad una scultura di Jeff Koons venuta male. Alcuni giorni fa la scultura è stata presa di mira da ignoti vandali che l’hanno letteralmente buttata al suolo.

Cory Arcangel, datemi un Nintendo e vi solleverò il mondo

Avete mai sentito parlare di Cory Arcangel? beh siamo sicuri che i nostri lettori, sempre informati, lo conosceranno di sicuro. Per tutti quelli che non lo hanno mai sentito nominare possiamo solo aggiungere che il giovane artista newyirchese è un vero e proprio astro nascente della New Media Art. Solitamente le sperimentazioni di Arcangel vertono sulle strette connessioni tra la tecnologia e la cultura con una speciale predilezione verso l’indagine sull’appropriazione dei nuovi mezzi digitali.

Arcangel è celebre per le sue modifiche alle celebri cartucce di videogames Nintendo ed ha persino collaborato con il collettivo Paper Rad con cui ha esposto al MACRO di Roma nel 2009 nel corso della ormai storica mostra New York Minute, panoramica su 60 artisti della nuova generazione newyorchese curata da Kathy Grayson. Una delle opere più chiacchierate del giovane artista è Super Mario Clouds, cartuccia dell’amato Super Mario dove l’unica grafica lasciata integra è rappresentata dalle nuvole.

Banksy senza maschera, nuovo libro per JR, mentre Phlegm prende l’aereo

Una nuova opera di Banksy apparsa a Los Angeles

Mentre la serata degli Academy Awards (meglio noti come Oscar del cinema) si avvicina, il nostro beniamino Banksy ha cominciato a produrre un cospicuo numero di murales nella città di Los Angeles, scaldando i motori per la fatidica cerimonia del prossimo 27 febbraio. Ebbene come già annunciato in un nostro precedente articolo, l’eroe della street art è in nomination con il suo documentario Exit Through The Gift Shop. In molti quindi si sono chiesti se Banksy salirà o meno sul palco per ricevere la prestigiosa statuetta in caso di vincita.

Ricordiamo infatti che l’identità dell’artista è ad oggi segretissima. Ebbene Banksy aveva deciso di mantenere l’anonimato grazie ad un travestimento ma la direzione dell’Academy ha bocciato in pieno questa richiesta: “Banksy ci ha chiesto di ritirare il premio indossando un travestimento in caso di vincita. Tuttavia la richiesta non può essere accolta per evitare possibili intrusi con in mente l’intento di emulare l’artista”. Insomma in caso di vincita Banksy dovrà calare la maschera.

Il principio di realtà di Enrico Vezzi al Progetto Reload Roma

Il 28 febbraio 2011 il Progetto Reload Roma presenta Il principio di Realtà, un intervento spaziale di Enrico Vezzi curato da Angel Moya Garcia. Una ricerca sulla identità e la traccia di un tentativo di relazione confluiscono attraverso la divisione visiva dello spazio esattamente a metà, sollevando l’urgenza di riformulare la concettualizzazione della soggettività ed evidenziando le caratteristiche fisiche e mentali del luogo e anche di questo momento storico, diviso tra il rinnovamento e la conservazione.

L’invito a Enrico Vezzi (San Miniato, 1979) nasce dalla opportunità di analizzare la congiunzione di due ricerche parallele, un’indagine sulla identità e un tentativo di relazione, il cui punto di incontro si trova per la prima volta all’interno di “Reload”. L’idea è quella di dividere visivamente lo spazio esattamente a metà evidenziando le caratteristiche fisiche e mentali del luogo e anche di questo momento storico, diviso tra il rinnovamento e la conservazione. Questa distinzione si intreccia con un discorso più ampio in cui il sé e l’altro si contrappongono e si confrontano, l’essere-in-se-stesso si mette in questo modo in diretto rapporto non solo con l’essere-gli-uni-con-gli-altri ma anche con la realtà esterna attraverso un confine labile che si dilegua o si rafforza lungo lo spazio.

Andy Warhol, il tempo, la noia ed il video artista che non ti aspetti

Il re della Pop Art, l’uomo dei “15 minuti di fama”, l’artista che ha trasportato le icone dello star system all’interno dell’arte, il genio e la sregolatezza, l’innocenza e l’ironia, lo scopritore di talenti, il fautore della banalità dell’orrore. Queste e tante altre cose si potrebbero dire, parlando di Andy Warhol ma ciò che spesso si tralascia è l’argomento cinema sperimentale o, permetteteci, video arte.

Già perchè ad un certo punto della sua carriera il re del Pop ha imbracciato la telecamera ed ha cominciato a produrre pellicole visionarie, innamorandosi del mezzo filmico a tal punto da sospendere le altre attività artistiche. Le avventure in celluloide di Warhol sono in questi giorni oggetto di una bellissima mostra ospitata dal MoMa di New York, un evento dal titolo Andy Warhol: Motion Pictures, in visione fino al 21 marzo 2011. 

Arte e nudo, un binomio immortale ma su Facebook…

Torniamo oggi a parlare di Facebook una piattaforma estremamente popolare ed amata anche dagli artisti del contemporaneo. Sempre più giovani leve usano infatti questo potente mezzo per pubblicizzare al meglio il proprio lavoro. Ormai è all’ordine del giorno creare eventi per invitare quanta più gente possibile alle mostre o semplicemente mostrare agli altri le foto delle nuove opere come se si trattasse di una forma di portfolio online che può essere apprezzato o criticato da tutti. Oggi però vorremmo parlarvi di una questione assai bizzarra che in qualche modo ostacola la normale fruizione dell’arte su Facebook.

Già perchè il nostro social network preferito odia il corpo umano o se preferite ne ha una paura fottuta. Tutto nasce dal tentativo di arginare la nudità ed il fenomeno del porno ma negli ultimi tempi la situazione è degenerata a tal punto che esporre sulla propria pagina un semplice disegno con un nudo di donna (o di uomo) può scatenare le ire di Mark Zuckerberg e soci. Le contromisure sono sempre le stesse, ammonire formalmente l’utente o cacciarlo direttamente dalla piattaforma.

1900-1961. Arte italiana nelle Collezioni Guggenheim

Dal 26 febbraio al 5 giugno 2011 l’Arca di Vercelli ospita la mostra 1900-1961. Arte Italiana nelle Collezioni Guggenheim, a cura di Luca Massimo Barbero. Dopo la trilogia dedicata alla figura di Peggy Guggenheim – che in tre anni ha portato circa 120.000 visitatori a Vercelli, riconoscendole a pieno titolo il ruolo di città d’arte – la rinnovata collaborazione tra Regione Piemonte, Comune di Vercelli e Collezione Peggy Guggenheim di Venezia consentirà di ammirare oltre 40 opere di artisti italiani amati e collezionati dai mecenati americani.

La mostra è un omaggio all’arte italiana del XX secolo, con una selezione di capolavori che descrivono la genesi, la maturazione e gli sviluppi della ricerca artistica d’avanguardia in Italia dal 1900 al 1961. L’allestimento permetterà di osservare come l’arte italiana sia stata recepita, nel corso di questi sessant’anni, dalla critica e dal gusto del collezionismo americano e arricchita da importanti collezioni private, prima fra tutte la Collezione Gianni Mattioli, significativo prestito a lungo termine alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia.

Patrizio Di Massimo – Modus Operandi

Per il primo appuntamento 2011 il concept di sperimentazione white.fish.tank di Ancona presenta Modus Operandi, la personale dedicata a Patrizio Di Massimo (Jesi, 1983).

La ricerca di Patrizio Di Massimo affonda le sue radici in un passato relativamente vicino ma paradossalmente già dimenticato. Si tratta di un’indagine svolta nel presente, tra le rovine mitiche di un passato nazionale, in una prospettiva critica e pungente, strettamente attuale e contemporanea. Un lavoro condotto soprattutto attraverso il disegno e la scrittura con cui l’artista esplora tematiche e contesti storici poco o affatto trattati.

Dante Gabriel Rossetti – Edward Burne Jones e il mito dell’Italia nell’Inghilterra vittoriana

La Galleria Nazionale d’Arte Moderna annuncia una importante mostra dedicata al rapporto di fascinazione fra l’arte inglese del XIX secolo e la cultura artistica italiana, dal “gusto dei primitivi” al pieno Cinquecento, partendo dai paesaggi di ispirazione italiana di William Turner, attraverso gli studi di John Ruskin su cicli pittorici, monumenti e architetture. A distanza di 25 anni dalla fortunata retrospettiva dedicata a Burne-Jones, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna torna il 23 febbraio con una grande mostra sull’arte inglese del secondo Ottocento in cui sono esposte più di 100 opere, provenienti da prestatori privati e musei internazionali, molte delle quali per la prima volta in Italia.

Il nucleo principale della rassegna comprende i preraffaelliti Dante Gabriel Rossetti, Edward Burne-Jones, William Morris e indaga la particolare declinazione del classicismo nell’ambito della Royal Academy operata da artisti come Frederic Leighton e da rappresentanti della cultura estetica e simbolista come Albert Moore, George F. Watts e John William Waterhouse.

Jota Castro – Memento Mori

La Galleria Umberto Di Marino inaugura il 24 febbraio la nuova personale di Jota Castro dal titolo memento mori. Riprendendo il discorso ironicamente interrotto con la precedente mostra del 2006, conclusasi con un volo azzardato nel vuoto, preso a metafora dell’atteggiamento suicida di un’Europa che non affronta apertamente i suoi reali problemi, questa volta le opere esposte lanciano un nuovo monito.

L’artista, attento alle dinamiche socio-economiche del Vecchio Continente, analizza i fallimenti del sistema ed i disturbi di percezione che ne derivano, per mostrarne i limiti e rivelare quanto questi siano questioni strutturali che minacciano la sussistenza stessa dell’identità e dell’economia europea.
Panem et Circenses è, infatti, un lavoro composto da piccole tavole marmoree, su cui sono scolpiti quelli che l’artista considera i principali problemi, le emergenze che pesano sulle direttive politiche ed economiche. A sorreggerle è un metro, che per contrasto simboleggia la razionalità su cui si fondavano le premesse iniziali di questa comunità.

Moira Ricci / Amir Yatziv

Sabato 26 febbraio 2011 LAVERONICA arte contemporanea di Modica presenta Moira Ricci / Amir Yatziv, una doppia personale a cura di Gabi Scardi.La ricerca dei due artisti si svolge nello stesso territorio di confine che separa il reale dal verosimile. Entrambi alimentano il dubbio della visione presentando fatti veri ma ambigui al fianco di situazioni fittizie ma apparentemente autentiche.

Il lavoro di Moira Ricci si distingue per un approccio intimistico al dato biografico. In 20.12.53-10.08.04 (2004–in progress) l’artista ripercorre il proprio vissuto familiare aprendo considerazioni universali sul piano degli affetti e del quotidiano. Concepita e realizzata dopo la scomparsa improvvisa della madre, le cui date di nascita e morte danno il titolo all’opera, la serie segue il percorso di un’elaborazione, il tentativo di riscrivere la relazione intima e privata tra madre e figlia.

Silvano Tessarollo a Venezia

Inaugura oggi la mostra di Silvano Tessarollo per gli spazi dell’antico palazzo nobiliare Palumbo Fossati, sede della galleria veneziana, dove vengono presentati contemporaneamente la serie completa degli Interni e alcune installazioni che appartengono alla ricerca recente dall’artista.

Le quattro installazioni racchiuse nel ciclo Interni vanno dal 2009 al 2010 e sono delle vere e proprie sculture ambientali. Rappresentano appunto delle sequenze di oggetti domestici, oggetti comuni, banali, divani, lavandini, vasche da bagno ma costituiscono per la loro greve materialità delle forme di sedimentazione del tempo. Non sono oggetti nuovi, ma il colore, i sedimenti, le opacizzazioni vogliono trasmettere il senso della dimenticanza, dell’abbandono.