Artisti cinesi addio? anche la Cina non crede nei suoi “fenomeni”

 Qualche tempo fa la Cina ha letteralmente preso d’assalto la scena dell’arte contemporanea internazionale, scagliando nel mercato decine e decine di artisti non meglio identificati e catalizzando l’attenzione di gallerie e addetti ai lavori. La bolla cinese ha colpito duramente anche l’Italia dove art dealers della zona Cesarini hanno convinto tutti che la Cina sarebbe divenuta the next big thing dell’arte. Molti collezionisti sprovveduti si sono lasciati incantare dalla voce delle sirene ed hanno sborsato fior di quattrini per accaparrarsi un’opera di un artista cinese, magari anche uno qualunque ma cinese.

Purtroppo coloro che hanno creduto al miracolo sono stati duramente riportati alla realtà dal mercato che pur promuovendo quegli artisti asiatici giustamente riconosciuti come grandi attori del contemporaneo, ha severamente bocciato una miriade di altri pseudo-artisti che tanto piacevano al nostro bel paese. Oggi anche la Cina pone un freno a questa bolla speculativa che ha creato più dubbi che investimenti. Non molto tempo fa  si è tenuta una grande asta al Beijing International Hotel, un’asta comprendente numerosi lotti di arte contemporanea cinese.

La moglie di Ai Weiwei nuovamente sotto torchio

Secondo quanto dichiarato da Ai Weiwei in persona ai microfoni del The Guardian, alcuni agenti della polizia si sarebbero introdotti all’interno dell’abitazione dell’artista a Pechino lo scorso weekend. Gli agenti avrebbero poi prelevato Lu Qing, moglie di Weiwei, e l’avrebbero in seguito condotta in centrale per interrogarla.

Negli ultimi tempi la polizia ha interrogato due assistenti del celebre artista-dissidente: “Sembrerebbe che stiano facendo le cose in grande ma non ho ben capito di cosa si tratta. In famiglia non ci sentiamo particolarmente nervosi, anche perché non abbiamo violato nessuna legge. Anzi, devo dire che siamo piuttosto curiosi sui prossimi sviluppi dell’intera faccenda perché se abbiamo sbagliato in qualcosa non sappiamo proprio in cosa” ha dichiarato l’artista al celebre quotidiano inglese. Eppure, come già scritto in un nostro precedente articolo, Ai Weiwei è attualmente indagato per vari reati tra cui quello di pornografia illegale.

Wu Yuren e il distretto 008, la Cina fallisce per l’ennesima volta

In questi giorni la BBC inglese ha intervistato Ai Weiwei e l’artista ha rilasciato alcune scioccanti dichiarazioni circa i suoi (oltre) 80 giorni di prigionia in mano ai servizi di polizia cinesi. Weiwei ha detto alla stampa di essersi sentito “molto vicino alla morte”, a conferma della gravità di una situazione che ha tenuto con il fiato sospeso l’intero mondo dell’arte.

Va detto però che Weiwei non è l’unico artista cinese ad essere caduto vittima di un regime a dir poco oscurantista. Vi ricordate ad esempio di Wu Yuren? Ebbene se non sapete di chi stiamo parlando, vi rinfreschiamo un poco la memoria. Yuren è un intrepido artista cinese che è stato soprannominato il “piccolo Ai” per il suo coraggio e la sua combattività, attributi molto simili al suo noto collega Ai Weiwei. Yuren è stato processato nel novembre 2010 ed è stato successivamente imprigionato aver scatenato, nel corso della precedente estate, una rivolta nel distretto artistico di Pechino denominato 008, dopo che le autorità cittadine avevano deciso di raderlo al suolo.

Ai Weiwei torna su Twitter e parla a nome degli artisti prigionieri

Ai Weiwei sembra essere tornato a parlare a gran voce tramite internet. Dopo averlo visto sulla nuova piattaforma Google +, social network in lotta con Facebook, il coraggioso artista è comparso anche su Instagram, social network fotografico molto in voga tra gli utenti Apple. Proprio su questa piattaforma Weiwei sta pubblicando le foto del suo recupero fisico, lo vediamo infatti mentre si pesa e guadagna 3 etti o quando mangia un’enorme ciotola di riso in compagnia dei suoi collaboratori.

La notizia del giorno è però quella del grande ritorno dell’artista su Twitter, social network dove il profilo di Weiwei è visitato da centinaia di migliaia di fan e da dove l’artista ha più volte lanciato le sue azioni da “dissidente”, per usare un vocabolo tanto caro al regime cinese. Ebbene, noi tutti avevamo subito pensato ad una probabile quanto malaugurata censura del profilo Twitter ma fortunatamente le cose non stanno così ed il nostro è tornato a twittare liberamente.

Il manifesto della nuova arte cinese esisteva già nel 1985, l’aveva scritto Ai Weiwei

Anche se in questi giorni le notizie riguardanti Ai Weiwei sono soprattutto legate alla sua prigionia ed ai soprusi subiti dalle autorità cinesi, la scoperta di un importante documento ha spostato l’attenzione sul fenomeno dell’arte contemporanea made in China. Nel 1985 Weiwei scrisse un manifesto con punti ben delineati che in sostanza ha anticipato l’ondata delle nuove generazioni artistiche cinesi, anzi per meglio dire ha aperto la strada a tali nuove leve.

Il documento è stato pubblicato recentemente dal noto magazine artistico Artinfo. Vediamo quindi cosa c’è scritto in questo storico manifesto intitolato Chinese United Overseas Artists : “Siamo artisti cinesi. Abbiamo notato la grande influenza che l’arte classica cinese ha esercitato in tutto il mondo. Abbiamo anche preso coscienza del rapido sviluppo dell’arte moderna occidentale nello scorso secolo. Quello che ci sta a cuore è però l’attuale stato dell’arte cinese ed il suo futuro. Siamo molto felici dei cambiamenti verificatisi in Cina negli ultimi anni. 

Dopo Ai Weiwei anche Zhu Rikun è K.O.

Ironia della sorte in questi giorni a Pechino si è aperto un summit dove i rappresentanti del governo cinese incontreranno con quelli del governo americano per discutere della situazione delle libertà individuali nel paese (ammesso che ce ne siano). Inutile dire che in agenda ci sarà anche il caso Ai Weiwei, anche se le associazioni per i diritti umanitari hanno etichettato questo genere di incontri come “inutili ed ipocriti, discussioni diplomatiche dove non si ottiene nulla di concreto”.

Comunque sia il mondo della cultura (e non solo) si è già mobilitato per salvare il coraggioso artista e nuove manifestazioni si sono svolte ad esempio ad Hong Kong (che ha raccolto 2.000 persone). Nel mentre un’altra storiaccia proveniente sempre dalla Cina e legata al mondo della creatività è balzata nelle ultime ore agli onori della cronaca.

La Cina non è un paese libero, parla Ai Weiwei

Non molto tempo fa l’Italia (come anche il resto del mondo) ha subito l’invasione degli artisti cinesi. Ebbene passato il tormentone vorremmo farvi riflettere sulla situazione artistica e sociale in cui versa la Cina, questo poiché al di là dei lustrini sussiste una situazione politica a dir poco scandalosa che limita la libertà di espressione di un intero popolo.

Questa volta però, parleremo attraverso la viva voce di Ai Weiwei, celebre artista cinese che in questi giorni è stato messo agli arresti domiciliari dal governo. Nel ricordare che noi di Globartmag difendiamo a spada tratta la posizione di Weiwei, vi forniamo la traduzione dell’articolo scritto dall’artista sulle pagine del Guardian:

Ma Liang – The Unexpected World

A distanza di due anni dal successo della prima mostra italiana, la galleria CO2 di Roma inaugura la seconda personale dell’artista cinese Ma Liang. The Unexpected World, questo il titolo della mostra a cura di Silvia Cirelli che verrà inaugurata sabato 23 ottobre alle ore 19, avvalora ancora una volta l’attenzione di CO2 verso l’arte contemporanea orientale e i suoi continui e stimolanti sviluppi, proprio in concomitanza dell’ottava Biennale di Shanghai che inaugurerà lo stesso giorno e alla quale Ma Liang è stato invitato a partecipare.

Fotografo e grande amante delle arti performative, Ma Liang si conferma uno degli artisti più interessanti del panorama culturale cinese, sempre pronto verso nuove e differenti ricerche sperimentali, come dimostrano le varietà di linguaggi e di codici espressivi presenti nei suoi lavori. Per questa seconda personale si è dunque deciso di mettere in mostra una panoramica più vasta delle opere di questo artista di eccezionale talento. L’intero percorso si sviluppa infatti non solo sulle sue serie più oniriche e utopistiche come Little Flagman, racconto di un ingenuo aviatore che aspetta l’incanto di un’illusione, o Portrait of Mephisto, l’interpretazione in chiave contemporanea di un Mefisto che insegue il potere e la magia della creazione, ma si è voluto presentare anche un Ma Liang senza colori.

La Cina caccia i suoi artisti

 Mentre gli artisti occidentali vivono protetti da un’aura di relativa calma che molto spesso si macchia a causa di anonimato e povertà, gli artisti in Cina si trovano ogni giorno faccia a faccia con seri pericoli legati ad un governo autoritario che lascia fiorire solo l’arte che incontra i propri gusti politici. Quindi non è un mistero che le recenti proteste contro la sistematica distruzione degli studi d’artista da parte del governo siano state praticamente insabbiate al punto che nessuno sembra averle notate. Fortunatamente un blogger australiano è riuscito a restituire una testimonianza su questa terribile ingiustizia.

Già dall’inizio di gennaio il governo cinese ha iniziato a distruggere sistematicamente gli studi degli artisti con soli tre giorni di preavviso e dopo aver interrotto i servizi di corrente elettrica e acqua potabile. Questo perchè lo stato ha intenzione di vendere alcuni appezzamenti di terra a grandi investitori e se la terra non è libera nessuno è pronto a sborsare soldi. Pechino è stata una delle città duramente colpite da questo estremo atto di violenza, il profondo rumore dei bulldozer ha scosso l’intera comunità artistica.

I Gao Brothers e la testa di Mao

Non è certo il tipo di statua dedicata a Mao Tse-tung che di solito potete vedere in Cina e non è neanche l’ennesimo e rassicurante monumento commemorativo che osanna il potere del grande capo di stato. Anzi a pensarci bene di capo non c’è traccia S tiamo parlando ovviamente della scultura Mao’s Guilt ( la colpa di Mao ) degli artisti Gao Zhen e Gao Qiang meglio conosciuti come Gao Brothers, in cui il dittatore appare senza testa ed in ginocchio come a voler chiedere perdono per tutte le malefatte commesse in vita.

I due artisti cinesi sono da sempre in lotta contro il potere e la politica, per questo il loro studio è stato perquisito diverse volte, ovviamente i due fratelli tengono ben nascosta la testa di Mao mancante dalla statua rendendo quest’ultima un corpo irriconoscibile. Questo poiché le autorità non perdonerebbero affatto tale affronto al grande Mao. I Gao Brothers fanno parte di una generazione di artisti underground che hanno spinto la loro creatività oltre le barriere della conformità, i due fratelli infatti organizzano sporadiche mostre blitz ad invito e ne danno la comunicazione solamente pochi giorni prima del vernissage.