Dopo Ai Weiwei anche Zhu Rikun è K.O.

di Redazione 1

Ironia della sorte in questi giorni a Pechino si è aperto un summit dove i rappresentanti del governo cinese incontreranno con quelli del governo americano per discutere della situazione delle libertà individuali nel paese (ammesso che ce ne siano). Inutile dire che in agenda ci sarà anche il caso Ai Weiwei, anche se le associazioni per i diritti umanitari hanno etichettato questo genere di incontri come “inutili ed ipocriti, discussioni diplomatiche dove non si ottiene nulla di concreto”.

Comunque sia il mondo della cultura (e non solo) si è già mobilitato per salvare il coraggioso artista e nuove manifestazioni si sono svolte ad esempio ad Hong Kong (che ha raccolto 2.000 persone). Nel mentre un’altra storiaccia proveniente sempre dalla Cina e legata al mondo della creatività è balzata nelle ultime ore agli onori della cronaca. Si tratta della chiusura dell’Indipendent Documentary Festival di Pechino e della conseguente fuga del suo direttore artistico Zhu Rikun. Rikun è  uno dei più importanti videomaker cinesi, tra i suoi più celebri documentari va sicuramente citato Karamay(2010), pellicola che investiga su una tragedia occorsa all’interno di un edificio pubblico dell’omonima città dove morirono 300 persone a causa di un incendio e dell’incuria del personale governativo di sicurezza. Rikun ha spiegato alla stampa internazionale di aver deciso di cancellare il festival a causa delle numerose pressioni e tensioni provenienti dal governo cinese e sinceramente noi abbiamo ben compreso di cosa si sta parlando.

Il brutto è che ora i documentari made in Cina non avranno altra piattaforma per arrivare al pubblico. Dovete infatti sapere che la Cina non proietta i documentari nelle sale cinematografiche e non li distribuisce in alcun modo. I registi di documentari sono quindi una sorta di casta clandestina, costretta a far girare in modo completamente autonomo i propri lavori su dvd, proiettandoli all’interno di mini-rassegne organizzate all’interno dei clubs. Speriamo quindi che Zhu Rikun ci ripensi, altrimenti i documentari in Cina avranno vita breve.

Commenti (1)

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