Il Punk californiano e l’avventura della Target Video

I nomi  Jackie Sharp, Jill Hoffman e Sam Edwards forse non vi diranno nulla in particolare ma sappiate che questi temerari personaggi, capitanati dall’artista Joe Rees furono i fondatori di una realtà che ad oggi non ha eguali. Stiamo ovviamente parlando della celebre casa di produzione di audiovisivi denominata Target Video (conosciuta anche come Target 77) nata sul finire degli anni ’70 in quel di San Francisco.

Ovviamente la Target Video non ha mai prodotto opere di video arte ma l’attenta e sperimentale ricognizione della scena musicale punk ed hardcore americana operata da questa avventurosa etichetta è paragonabile ad una creazione artistica. Sin dai suoi primi giorni di vita la Target iniziò a filmare concerti all’interno di clubs, per strada ed ai parties. Inoltre il quartier generale della Target possedeva un enorme sottoscala di quasi 500 metri quadrati dove venivano organizzati concerti che iniziavano nel pomeriggio e si concludevano a notte inoltrata.

Utopia Matters. Dalle confraternite al Bauhaus alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia

La Collezione Peggy Guggenheim di Venezia presenta dal 30 aprile al 25 luglio la mostra Utopia Matters. Dalle confraternite al Bauhaus. La realizzazione di una società utopica è da sempre tra le aspirazioni dell’umanità, nonostante la sua attuazione dipenda da principi fondanti di natura paradossalmente dittatoriale che ne hanno sinora impedito l’attuazione. La contraddizione insita nel confronto tra idea e pratica ha sollevato le problematiche inerenti concezioni idealistiche di ordine egualitario ben prima che Thomas More coniasse il termine “utopia” pubblicando, nel 1516, con l’omonimo titolo, la descrizione di una civiltà modello.

I pilastri del pensiero occidentale hanno di volta in volta tentato di formulare un paradigma utopistico che potesse funzionare in termini pratici, oppure ne hanno completamente rinnegato la speranza. A lungo il tema dell’utopia è stata oggetto d’indagine artistica oltre che modello per comunità di artisti, in cui la realizzazione di una società ideale è stata, talvolta, più facile che in contesti governativi più allargati. I gruppi artistici basati sull’utopia compaiono sin dagli inizi dell’Ottocento per fiorire poi verso la fine del secolo, in un periodo in cui artisti, architetti, scrittori e compositori cercano sollievo dall’ansia, la bruttezza e il mercantilismo della vita urbana.

Franz Ehrlich, lo studente che mise il Bauhaus al servizio di Hitler

 Al MoMa, Museum of Modern art di New York è attualmente in corso una retrospettiva sul Bauhaus. La Bauhaus fu una scuola di arte e architettura tedesca che operò dal 1919 al 1933. Erede delle avanguardie anteguerra, non fu solamente una scuola, ma anche il punto di riferimento fondamentale per tutto il movimento d’innovazione nel campo del design e dell’architettura conosciuto come razionalismo, funzionalismo, “architettura moderna” o addirittura “stile Bauhaus”. Come noto la Bauhaus è stata una scuola democratica nel senso pieno del termine, la prima nel mondo ed anche per questo il nazismo, appena arrivato al potere, la ostacolò in tutti i modi fino a sopprimerla.

La mostra dal titolo Bauhaus 1919-1933: Workshops for Modernity ripercorre i fasti del mito mediante più 400 lavori di artisti e designers come Paul Klee, Wassily Kandinsky, Marcel Breuer, Marianne Brandt, Anni Albers, Josef Albers e Laszlo Moholy-Nagy, fino alla tragica fine del Bauhaus quando nel 1933 la Gestapo chiuse definitivamente i battenti. Questo è quanto sapevamo sin ora ma durante il passato autunno una mostra al Neue Museum di Weimar (città dove nacque la Bauhaus) ci ha raccontato una storia ben diversa, rivelandoci il nome di Franz Ehrlich, artista ed architetto frequantatore della Bauhaus che in seguito applicò l’estetica della celebre scuola sui campi di concentramento nazisti.

Berlino chiama Bauhaus

Grande evento a Berlino che sarà ospitato fino al 4 ottobre al Martin Gropius Bau, si tratta di Bauhaus. A Conceptual Model, retrospettiva sulla seminale corrente del Bauhaus presentata in collaborazione con Bauhaus Archive Berlin, Stiftung Bauhaus Dessau e Klassik Stiftung Weimar.
90 anni dopo la fondazione dello storico movimento e 20 anni dopo la caduta del muro di Berlino, la città dedica al Bauhaus un evento senza precedenti con circa 1.000 oggetti in mostra che fissano un record decisamente ineguagliabile.

Il Museum of Modern Art di New York, anch’esso partner del progetto, ha collaborato mettendo a disposizione ben venticinque oggetti e presentando la preview della sua nuova ed imperdibile mostra dal titolo Bauhaus 1919 – 1933. Workshops for Modernity che si terrà il prossimo 8 novembre, ovviamente a New York.

A Monaco l’Hermann Obrist che non ti aspetti

La celebrità delle opere di Hermann Obrist (1862–1927) è sicuramente inferiore all’incredibile valenza artistica e storica che esse detengono. A Monaco a cavallo tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 lo scultore svizzero ha praticamente creato la variante tedesca del movimento Art Nouveau, si tratta dello Jugendstil, stile che ha fuso insieme l’intricata maestria delle arti applicate con l’estetica delle belle arti.

La Pinakothek der Moderne di Monaco con Hermann Obrist, Sculpture, Space, Abstraction around 1900 dedica una grande retrospettiva al genio dell’ artista svizzero che sarà in visione fino al prossimo 27 settembre. Per la prima volta in assoluto sarà possibile ammirare opere provenienti dallo Staatliche Graphische Sammlung München, l’archivio poligrafico di stato e dal Gestaltung Zürich, il museo del design di Zurigo. Sarà quindi possibile osservare l’uso di nuovi materiali come la plastilina ed il cemento operato da Obrist per i suoi progetti e per la realizzazione delle sue opere. Oltre a ricostruire il corpus artistico pressochè sconosciuto di un grande maestro, la mostra illustra l’importanza scientifica ed artistica della sperimentazione di Obrist che si avvale dell’immaginario contemporaneo, influenzando anche le odierne generazioni.