Un festival per risollevare l’Egitto

l’11 febbraio 2011. Piazza Tahrir, al Cairo, luogo simbolo delle rivolte delle settimane precedenti, accoglie con manifestazioni di giubilo l’annuncio del vicepresidente Omar Suleiman delle dimissioni da presidente egiziano, (dopo trent’anni di lunga dittatura), di Hosni Mubarak. Prima di questo lieto evento, sangue e violenza hanno macchiato la rivolta del popolo egiziano. Una spirale di tensione che ha conosciuto sviluppi drammatici, sfociando in aspri scontri che hanno provocato numerose vittime tra manifestanti, poliziotti e militari.

Oggi, dopo questi fatti, l’Egitto prova a rialzare la testa e lo fa grazie al mondo dell’arte. In questi giorni è infatti partito il  Downtown Contemporary Arts Festival, primo evento culturale organizzato in Egitto dalla caduta di Mubarak. Il festival è partito lo scorso 29 marzo e si protrarrà fino al prossimo sabato 14 aprile.

Aliaa Magda Elmahdy, nuda contro tutti

L’Egitto è tornato nuovamente a dominare le prime pagine dei giornali a causa delle violente rivolte scoppiate lo scorso venerdì, nonostante le dimissioni del primo ministro Essam Sharaf e del suo governo siano già state comunicate. Gli scontri più duri si sono verificati al Cairo dove molti manifestanti sono stati uccisi dalla polizia, in special modo la brutale immagine del cadavere di un manifestante gettato nella spazzatura da un militare è andata oltre il limite del tollerabile.

La giunta militare ha promesso un nuovo sistema politico e sociale totalmente democratico entro la fine del 2012 ma questa promessa non è bastata ad un popolo giunto ormai allo stremo delle forze. Tuttavia la voglia di rivoluzione riesce sempre a generare delle forme di creatività che superano le costrizioni sociali, gettandosi coraggiosamente oltre le barricate del consueto per cercare di portare una ventata di aria fresca all’interno di un sistema soffocante.

Niente Biennale di Venezia per Bahrain e Libano, Egitto in forse

Annabel Daou, artista chiamata a rappresentare il Libano

L’edizione 2011 della Biennale di Venezia sembrava un vero e proprio tripudio dell’arte globale, una piattaforma aperta a nuove nazioni nel segno di quell’unità che solo la creatività è in grado di garantire. Del resto anche le ILLUMInations di Bice Curiger (titolo decisamente improponibile) rappresentano un gioco di parole tra illuminazioni e nazioni. Se vogliamo aprire una parentesi, il noto quotidiano L’Unità ha da poco reso noto il budget  (della scorsa edizione) della prestigiosa manifestazione che si aggirerebbe attorno ai 13 milioni di euro, vale a dire 5 milioni dagli sponsors e 6,7 dallo stato mentre i restanti fondi vengono coperti dalle vendite dei biglietti.

Quest’anno però le sovvenzioni statali potrebbero scendere a 2,5 milioni di euro ed allora tutto questo potrebbe risultare indigesto anche agli sponsors. Certo se il Vittorione Nazionale© non avesse le sue solite manie di grandezza, almeno per quanto riguarda il Padiglione Italia ed il resto della Biennale Diffusa, si potrebbero risparmiare bei soldini.

Il Mondo è in rivolta ma l’arte deve resistere

Mentre la nostra scena nazionale è ancora ferma ai fasti di Artefiera Bologna, nel resto del mondo i diritti umani e con essi anche le libere espressioni artistiche stanno attraversando un triste periodo che ci appare come un punto di non ritorno. Dal suo sito personale il celebre Zahi Hawass, Segretario generale del Consiglio supremo delle antichità egizie, descrive il saccheggio al Museo Egizio del Cairo come un atto capace di “cancellare nove anni di duro lavoro in un solo giorno“. Il regime trentennale di Mubarak è un’insulto alla libertà e la reazione del popolo è comprensibile.

La terribile spirale di violenza delle ultime ore rischia però di disperdere non solo gli antichi reperti di un grande popolo ma anche i fermenti artistici giovanili che in questi ultimi tempi si erano andati formando in Egitto. Stessa situazione con attori diversi anche in Albania, dove è ancora in atto la rivolta guidata da Edi Rama (politico e noto protagonista delle arti visive) contro l’opprimente regime di Berisha.

Andy Holden rimette al suo posto la piramide di Giza

La Tate Britain ospita attualmente una mostra del giovane artista britannico Andy Holden, l’evento rimarrà in visione fino al prossimo 10 aprile. Fin qui nulla di strano ma la singolare notizia arriva proprio da una dichiarazione di Holden che ha rivelato di aver rubato un pezzo di una piramide egiziana.

Il misfatto è stato compiuto in un viaggio di piacere, l’artista a 12 anni accompagnò il padre in Egitto. I due visitarono la piramide di Giza, una delle sette meraviglie del mondo antico ancora in piedi e relativamente intatta oltre che la più grande piramide del mondo. “Non appena giunti in prossimità della piramide ho rotto un pezzo di pietra da un lato della piramide” ha dichiarato Holden “Quando sono tornato a casa ho piazzato il pezzo di piramide su di uno scaffale della mia cameretta vicino alla collezione di souvenirs che avevo da bambino. Quando i miei genitori se ne accorsero andarono su tutte le furie e l’oggetto in questione divenne appunto l’oggetto della colpa”.