Un Giovanni Albanese Senza arte né parte

di Redazione 1

Vi piacerebbe vedere l’arte contemporanea messa in ridicolo sul grande schermo? Bene, se siete così masochisti da desiderare tutto questo da oggi in poi avete il film che fa per voi. Stiamo parlando dell’ennesima genialata di Giovanni Albanese che nella sua ultima fatica intitolata Senza arte né parte riesce ad allungare il brodo di un “anche tu puoi essere artista” per circa novanta minuti dove c’è anche tempo per sollevare un dialogo sui massimi sistemi attorno ad opere di Pino Pascali e compagnia cantante.

Certo se un film del genere l’avesse diretto Rainer Werner Fassbinder non staremmo qui a parlare dell’ennesimo tentativo di “istruire” il pubblico con metodi totalmente sbagliati ma a noi italiani piace “fare cultura” in altri termini ed allora becchiamoci questa allegra brigata composta da Vincenzo Salemme, Giuseppe Battiston e Hassani Shapi. La trama è semplice, vale a dire la stessa di Totò e Peppino in La Banda Degli onesti in versione arte contemporanea: Tre operai licenziati da un pastificio riescono ad essere riassunti in nero dallo stesso per custodire una collezione di opere d’arte. Gli operai si rendono ben presto conto che una di quelle opere vale più di un anno del loro stipendio ed allora cominciano a riprodurle tutte, mettendo in piedi una truffa colossale. “Credo che il popolo dell’arte prenderà bene questo film, perché i miei personaggi trattano le opere con grande rispetto. Ma questa era un’occasione per puntare un faro su una realtà: le quotazioni di alcune opere sono ormai impazzite e a volte nelle aste si assiste a situazioni davvero strane” ha dichiarato il regista.

Io vorrei dire a Giovanni Albanese, che tra l’altro è anche docente all’Accademia delle Belle Arti di Roma (e non sappiamo proprio cosa insegni ai suoi malcapitati studenti), che il popolo dell’arte non prende bene questo film punto. Decenni di formazione ed informazione sull’arte contemporanea vengono messi in burletta da un mix tra  la Banda degli Onesti e L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica di Walter Benjamin, in un trionfo di demagogia e populismo da bar dello sport. Ma come ben si sa, in Italia tutti possono prendere in giro l’arte contemporanea, tanto c’è Vittorio Sgarbi.

Commenti (1)

  1. Commento questo post solo perchè è l’ultimo di una lunga serie che mi sta facendo abbandonare la lettura quotidiana di glob art mag.
    Le vostre critiche sommarie in linguaggi di bassa lega lasciano il tempo che trovano; grazie tante, ma lo so di mio che cosa non vedere, cosa non sentire e soprattutto di chi dubitare, non c’è alcun bisogno dei vostri attacchi contro i mulini a vento o meglio alle greggi di pecore.
    Albanese, certo non avrà mai fatto un film degno di tale appellativo per quanto mi concerne e per quanto concerna la critica internazionale, ma grazie tante credete forse che sia quello il suo scopo??
    Per non parlare dei continui,innumerevoli,tediosi ed inutili post su Sgarrbi; volete giocare forse al suo gioco? non siete in grado di ponderare una linea di azione migliore a proposito degli indispensabili articoli sulla biennale?
    Io sinceramente ho sempre apprezzato la vostra dedizione e l’impegno costante nei riguardi di ogni forma d’arte e noto con piacere che vi è sempre l’intento di approfondire. Spero che le mie critiche riassuntive possano solo migliorare il vostro egregio lavoro, perchè veramente altre cento righe di insulti a chicchesia e sicuramente non metterò più piede in queste lande, non ho tempo da perdere, io voglio conoscere!

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