Alessandra Rosini – Where’s my crown

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Venerdì 11 dicembre presso la galleria CHANGING ROLE di Roma si inaugura la mostra Where’s my crown?, personale di Alessandra Rosini a cura di Alessandro Facente.

Il progetto curatoriale “Where’s my crown?”, parte da due punti a confronto: ipocondria e pandemia. L’esperienza personale dell’individuo è la delirante esperienza condivisa in una collettività entro cui apparire senza mai esserci veramente se non nel riflesso delle paure che si sviluppano ogni giorno. Questo senso di autosufficienza, sviluppato dalla continua e dichiarata volontà di personalizzare il territorio che si abita, sembra compensare le molteplici paure collettive che le situazioni storiche dettano; calamità naturali, grandi crisi economiche, conflitti radicati, epidemie varie o “semplici” influenze annuali presenti in ogni società dopo tutto sono espressioni culturali attraverso cui esorcizzare le nostre fobie che diventano l‘unico regno che possiamo gestire ma nel quale non è prevista alcuna corona in quanto “re di nulla“. “…altri si credono re perché bastanti a se stessi, ma non si accorgono che il basta non è altro che la parola indicante i bastioni, i confini del mio io e delle mie chiusure che mi rendono servo a me stesso e ai miei piaceri…” o paure (per il rito ambrosiano Mt 25,31-46).

Il progetto si sviluppa in tre installazioni che occuperanno rispettivamente gli ambienti della galleria a partire da quello in superficie fino ai due interrati. Nella prima sala verrà presentata l’installazione di analisi cliniche“Cartella clinica” che l’artista ha raccolto dal 1998 al 2009 ricoperte di un film tipo “gratta e vinci” per nasconderne il contenuto, ognuna con il proprio codice identificativo. Nel percorrere lo spazio, una musica proveniente da un vinile che suona su di un giradischi, inviterà a scendere nelle due zone inferiori. L’installazione sonora “Hz.” si compone di note, stabilite attraverso una serie di precisi calcoli matematici, a cui l’artista attribuisce le cause di morte ed il numero di decessi del 2001 rilevate dalla World Health Organization. L’installazione di 7’13’’ incisa su disco in vinile prevede che lo spettatore, una volta finita la traccia, riassesti il braccio del giradischi all’inizio affinché ricominci la “melodia”. L’ultima stanza sarà dedicata alla video installazione “Senza titolo” in cui due attrici respirano di fronte ad un vetro, da una parte la condensa attecchisce sulla superficie, dall’altra no; un’immagine semplice e necessaria come l’atto in sé del respirare e come tale, l’atto della nostra presenza-assenza.

La  mostra di Alessandra Rosini, presenta una sequenza molto chiara e le tre installazioni assecondano stilisticamente questa cadenza. Le analisi cliniche sono l’esperienza personale, il punto di vista intimo con il quale l’artista approccia alla realtà sociale che la circonda e la pellicola coprente lascia trasparire la sua  esperienza ipocondriaca che si esprime con l‘approccio ludico/concettuale del grattare. Lo sviluppo che il vinile rappresenta è l’esatto prolungamento in quanto le note si pongono da “film” protettivo che intrattiene ma che occulta le morti. A differenza delle analisi cliniche lo scatto successivo che determina l’installazione audio è dovuto dallo spostamento in fuori degli argomenti, ora collettivi, rivolti ad una realtà sociale le cui fobie si ricoprono di “pellicole coinvolgenti” che tendono a sfociare in cieche “pandemie”. L’uomo interagisce alterando emotivamente la sua posizione confrontandosi con un sistema che non lascia attecchire le sue tracce e l’inserimento del video si giustifica chiudendo questo cerchio e giocando sul rapporto frustrante tra l’uomo che tende ad affermare la sua autorità in un ambiente “repulsivo” che scatena in esso l‘esigenza di affermarsi negli o sugli altri.

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