Per la sua prima personale da Furini Arte Contemporanea, William Cobbing (nato nel 1974 a Londra, dove vive) propone a partire dal 6 febbraio a Roma un progetto espositivo di forte impatto visivo e al contempo dall’appeal filosofico. La mostra presenta video, scultura e fotografia che propongono l’ultima ricerca dell’artista tornato di recente da due residenze, una presso la Tourquise Mountain Foundation in Afghanistan e l’altra a Berwick-upon-Tweed, sul confine inglese con la Scozia. In entrambe le occasioni Cobbing ha prodotto lavori strettamente legati al contesto nel quale si trovava.
L’ambiente sociale, culturale e territoriale è parte della riflessione dell’artista che, non a caso, tanto nelle fotografie scattate in Afghanistan quanto nella scultura e nei video realizzati a Berwick, fa riferimento alla storia locale. Punto di connessione tra i lavori e nodo centrale del progetto espositivo è la ricerca sul concetto di rovesciamento (reversal, che dà il titolo alla mostra stessa), entropia e dispersione, elementi che si ritornano nei diversi ambienti considerati e nelle opere.La serie fotografica Bamiyan mirror riflette sull’incidenza della distruzione dei Buddha di Bamiyan da parte dei Talebani nel 2001 sul contesto territoriale e sulla più ampia e stratificata percezione sociale e del singolo uomo, anche filtrati dalla rappresentazione che ne hanno fatto i mass media. È un lavoro che, attraverso l’uso dello specchio conduce ad una dimensione di spiazzamento indotto dalla percezione di “assente presenza” ed esprime chiari riferimenti alla Land Art e a Robert Smithson in particolare. Ugualmente, ma in termini differenti, si ritrova un senso di capovolgimento entropico e la connessione con certi lavori di Smithson nei video Moon walker girati a Berwick, dove è stata realizzata anche la grande scultura Clapper tongue che accoglie il visitatore con una presenza sorprendente tra la figurazione ritrattistica e il rintocco della campana a cui il termine “tongue” fa riferimento.
Il lavoro di William Cobbing manifesta una riflessione culturale ampia che, nell’ultima ricerca, lievemente cita Andrei Tarkovsky, attraversa il pensiero critico di Baudrillard (quella “porn war” dal filosofo teorizzata in ordine all’ immaginario massmediologico della guerra), al contempo spingendo alla riflessione sul tema dell’iconoclastica contemporanea. La mostra è accompagnata da un testo di Rita Selvaggio.