Oleg Kulik, L’uomo-cane trasforma la Galleria Pack in un labirinto senza possibilità di uscita

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La Galleria Pack di Milano inaugura il 16 febbraio la mostra Deep into Russia di Oleg Kulik. L’uomo-cane, che ha spiazzato con le sue performance al limite del tribale il pubblico del mondo dell’arte internazionale, realizzerà un progetto appositamente ideato per gli spazi della galleria.

Artista, scultore, performer, fotografo, curatore e da alcuni anni fondatore di un movimento politico per la salvaguardia dell’ambiente e delle specie animali, Oleg Kulik (Kiev, 1961), è riconosciuto per essere uno degli artisti più profondamente radicali del panorama artistico russo e internazionale.
“Nihil inhumanum a me alienum puto”, Kulik si è appropriato modificandola di una citazione di Terenzio (Humani nihil a me alienum puto) come statement di una sua monografia, dichiarando di non ritenersi estraneo a tutto ciò che non è umano. È questo l’assunto che può essere preso come uno dei corollari della sua ricerca e attraverso il quale si possono definire le caratteristiche peculiari della sua opera che affonda le proprie radici nel contesto sociale e culturale della Russia sovietica e post-sovietica. L’universalità del suo messaggio risiede nel riconoscimento del conflitto tra cultura e natura provocato dal processo di civilizzazione che ha investito l’uomo moderno.
Attraverso la sua opera, l’artista russo richiama l’atteggiamento dionisiaco di identificazione tra uomo e animale, un ritorno alle origini animali dell’uomo. Per far fronte a questa esigenza, Kulik ha creato nel corso dello sviluppo della propria poetica una sorta di alter-ego rappresentato appunto dalla figura del cane.
Le sue performance più celebri e spettacolari sono quelle che lo ritraggono nudo, mentre abbaia contro la folla (Fourth Dimension, Secessione di Vienna, 1997), oppure mentre viene condotto nudo, al guinzaglio per le strade di Rotterdam (Pavlov’s Dog, Manifesta I, Rotterdam, 1996). O ancora, in I bite America and America bites me (Deitch Projects, New York, 1997), Kulik, rifacendosi alla celebre performance di Joseph Beuys I Love America, America Loves Me, si fa rinchiudere per due settimane in una finta cella nell’intenzione di denunciare la crisi della società americana contemporanea.

Per Deep into Russia Oleg Kulik presenterà un unico intero percorso installativo attorno al quale sarà sviluppata una vera e propria retrospettiva della sua opera. Il cammino della conoscenza non è mai un sentiero limpido e privo di ostacoli ma piuttosto, difficoltoso e arduo da percorrere. È questo il motivo per cui lo spazio della galleria è stato immaginato dall’artista come una sorta di labirinto, fatto di cunicoli, scale, visioni celestiali e meandri bui in cui lo spettatore viene condotto, senza alcuna possibilità di uscita, in un sentiero obbligato, nel quale l’artista, come un moderno Virgilio nell’inferno dantesco, o come uno shamano nel percoso di iniziazione, ci trasmette la propria visione conducendoci nelle viscere della Russia contemporanea.

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