Quando il fotoreportage diventa pornografia della sofferenza

di Redazione 1

Che comportamento assumete di fronte a fotoreportages che mostrano immagini reali al limite dell’horror puro? Tra immagini di guerra, terremoti, massacri ed incidenti stradali siamo certi che molte persone sono solite distogliere lo sguardo scioccate. Come siamo sicuri che in un secondo momento le stesse persone torneranno a guardare attentamente le disturbanti scene che sfidano ognuno di noi a divenire testimone/voyeur di agghiaccianti realtà.

“Afferrare la morte ed imbalsamarla per sempre è una cosa che solamente le macchine fotografiche possono fare e le fotografie scattate sul campo nel momento della morte (o poco prima di esso) sono le più celebri e le più richieste, basti pensare al miliziano morente di Robert Capa”, scrive Susan Sontag nel suo libro Regarding the Pain of The Others (guardare il dolore degli altri).  Questo significa che le foto sadicamente reali generano in molte persone una sorta di voyeurismo e questo i mass media lo sanno, per questo si ostinano  a farne largo uso.

Tra la galleria di foto dei vincitori del World Press Photo of The Year presente sul sito è possibile visionare una serie di 4 immagini intitolata Stoned to Death, Somalia, 13 December (Ucciso a sassate, Somalia, 13 Dicembre) del fotografo dell’associated press Farah Abdl Warsameh. Quelle immagini sono ancor più scioccanti di qualsiasi altro reportage di guerra. La prima foto mostra la vittima sotterrata fino al collo mentre la seconda mostra un gruppo di uomini che gettano pietre sulla sua testa. La terza foto mostra il prigioniero totalmente insanguinato che viene dissotterrato ed infine l’ultima mostra il povero corpo senza vita martoriato dal gruppo di uomini che così completa il macabro rituale di morte. Questa sorta di pornografia della sofferenza solleva molte questioni etiche ma si riallaccia in qualche modo alle tematiche presenti in opere di Andy Warhol come in Automobile in Fiamme del 1963 dove l’artista riproduce l’esatta indifferenza del passante, un’indifferenza nei confronti della vittima dell’incidente impalata su di un palo telefonico (che già di per se sarebbe crudele). La disturbante ripetizione della stessa immagine operata da Warhol riesce a far perdere di significato l’intera scena.

Insomma la violenza in prima pagina e sui telegiornali ci ripugna, ci offende, ci terrorizza ma al tempo stesso ci affascina ed in fine ci lascia indifferenti. Questo lato oscuro della natura umana, ancorato ad istinti primordiali è parte integrante di una società contemporanea sempre più anestetizzata dai media.

Photo Copyright: Farah Abdi Warsameh

Commenti (1)

  1. Anche se:”La disturbante ripetizione della stessa immagine operata da Warhol riesce a far perdere di significato l’intera scena”, é certamente la diagnosi corretta, io vorrei discutere alcuni sintomi che portano alla stessa.
    In parole spicce, la scelta dell’immagine di un o di quell’incidente stradale non penso abbiano a che fare con il tema esplicito della scena stessa.
    Piuttosto credo che sia un discorso unicamente legato alla scelta della tecnica in relazione alla scelta della scena del sinistro. Credo che tutto si focalizzi sul frammento di tempo in cui il Warhola ha deciso di compiere quelle scelte.
    “Questo motivo, piú volte e con la serigrafia” per poter rendere visibile il suo enunciato rispetto al tema xyz.

    In questo caso il tema é…(rullo di tamburi) :”é possibile arrivare all’incidente stradale nella serigrafia?”->ovvero :”qual’é la prova piú evidente che io abbia pensato unicamente alla tecnica ed alla realizzazione invece di soffermarmi sulla scelta dell’immagine da riprodurre?” ->tadaaaá! :un incidente d’auto.
    Fantastico. Mi ricorda un po’ quegli altri tipi, quelli piú barbuti e meno fighetti di Warhola, che dicevano cosette del tipo:”ma sai, vorrei provare a fare un dipinto che non abbia nulla a che fare con il mio stato di coscienza e cazzate varie…vorrei che passasse attraverso di me senza qualsiasi influenza da parte mia, sono solo lo strumento…” Solo che in questo caso di talento artistico acuto, biondiccio e guardone che era la Signorina Warhola, i sintomi erano anche supportati da una overdose autoimmune di civetteria, e quindi questo nostro genio sbronzerello ha dovuto limitarsi alla scelta del motif da stampare a serigrafia (o far stampare, meglio) visto che oramai in quella fase storica della sua produzione era meglio che di tecnica non ne parlasse. Ecco, risiede quindi nella scelta di un motivo poco gettonato dalle compagnie assicurative americane per gli auguri di natale, la prova della teoria sul concetto di questo lavoro di Warhol, in cui vista l’impossibilitá di essere neutrale durante la creazione lasciando alla tecnica il 100% delle scelte, ed al subconscio la scelta del motivo, arriva a tal punto da stabilire che il lavoro da lui stesso compiuto é la scelta della scena da stampare, e quindi la fotografia dell’incidente pubblicato sui quotidiani fornisse il modo piú inconscio per sceglierew un motivo, essendo totalmente estranea alla sua logica di lavoro é o mercato.

    Oppure voleva solo essere fico per rimorchiarsi qualche altra amichetta da poter “filmare”.

    Invece il reporter risponde solo a delle misere leggi di mercato vecchie come il cucco ma che spesso, sembra, continuino a funzionare, ovvero i temi: morte, sesso, gioco d’azzardo, ecc…

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