Con il Supernatural Picnic DROME e stARTT la città si riprende il MAXXI

di Redazione Commenta

Lo scorso sabato DROME magazine ha presentato al Museo MAXXI di Roma il Supernatural Picnic, evento prodotto da PHLEGMATICS che ha praticamente invaso gli spazi esterni del museo, attivandoli con luci, suoni e soprattutto sapori fuori dal comune. Inutile aggiungere che il pubblico romano ha risposto a suo modo, vale a dire si è lasciato completamente catturare da un un momento collettivo, conviviale e creativo a cui ha collaborato anche Francesco Simeti, realizzando un magnifico video ed un un motivo su tessuto della ditta Bonotto che ha avvolto i fagottini limited edition distribuiti alla “festa”.

In sostanza i fortunati che sono riusciti a deliziarsi con le bontà presenti all’interno dei fagottini sono tornati a casa con un’opera a tiratura limitata e scusateci se è poco. Il picnic si è perfettamente inserito nel contesto architettonico di WHATAMI, l’opera dello studio romano stARTT che ha vinto l’edizione italiana del concorso YAP. A questo punto vorrei far riflettere i lettori su di una questione che in un primo momento è passata inosservata e che il riuscito evento di DROME e PHLEGMATICS ha riportato alla luce. Il capolavoro di Zaha Hadid è certamente una meraviglia che tutto il mondo ci invidia e si è da subito imposto come primo polo culturale capitolino. A questo gioiello però mancava un tassello fondamentale, il rapporto con la cittadinanza. Un museo vive solo se i suoi spazi sono frequentati e la vasta colata di cemento realizzata dalla grande archistar non è certo il massimo come spazio aggregativo. Serviva quindi uno studio romano, che conosce il cuore pulsante della città, per comprendere che una magnifica pennellata di verde può creare un punto d’incontro per la cittadinanza.

In questo forse le visioni dei grandi e strapagati architetti falliscono, nel perdere di vista la dimensione umana di un progetto, nel lasciar fuori il cittadino da uno spazio a lui dedicato. I bimbi festosi che invadono gli spazi esterni del museo prima o poi vorranno scoprire anche cosa si cela all’interno e questo mi sembra un passo facile ma estremamente importante per la diffusione della cultura a tutti i livelli. WHATAMI è purtroppo un’opera temporanea, ma le sue forme armoniose hanno lasciato una traccia indelebile sul volto di un museo talmente bello da sembrare irraggiungibile.

Micol Di Veroli

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>