Performance o Teatro? (non) ce lo spiega James Franco

di Redazione Commenta

Di articoli riguardanti le mirabolanti imprese dell’attore James Franco ne abbiamo scritti parecchi. Ebbene, non vogliatecene perché proprio in questo momento ne state leggendo un altro. Il problema è che il celebre divo di Hollywood sembra esser divenuto una sorta di esempio principe per illustrare lo sconfinamento del teatro all’interno del vasto mondo della performance e viceversa.

Del resto agli albori della performance art troviamo proprio le prime forme di happenings (che hanno dato vita alla performance art) partorite dalla mente del geniale Allan Kaprow prendevano le mosse proprio dal teatro per sviluppare in seguito elementi ancor più sperimentali. Il problema è che queste indagini sono nate cinquant’anni fa ma molti artisti dei nostri giorni cercano di spacciarle per ricerche odierne e soprattutto fresche. Quando la performance art non aggiunge nulla di più al teatro sperimentale, allora il senso stesso di questa disciplina si perde definitivamente. Nel corso di Performa, il festival della performance art che puntualmente prende vita a New York, il nostro James Franco ha lavorato in team con Laurel Nakadate, sviluppando un’opera dal titolo Three Performances in search of Tennessee. Gli artisti hanno così spiegato il significato della loro performance: “volevamo esplorare le strane possibilità che possono affiorar in superficie quando si raggruppano delle persone in una stanza e si da via libera al tutto è permesso”.

Ora, se parliamo di strane possibilità, la performance di Franco è pienamente riuscita visto che l’attore ha inveito e sputato contro i performers ma se parliamo di arte contemporanea l’obiettivo è ben lontano. Three Performances in search of Tennessee è appunto una piece in tre parti con tanto di seduta spiritica atta ad evocare Tennessee Williams. Tra comandi impartiti dal pubblico, improvvisazioni e finte Lady Gaga, lo spettacolo si trasforma in pantomima e come detto tutto ridiventa teatro sperimentale non performance. Le linee di confine si assottigliano, tra poco anche i film di Vanzina diverranno opere di videoarte.

 

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