La Galleria civica di Modena inaugurerà giovedì 28 giugno alle 18.00 alla Palazzina dei Giardini una personale di Nakis Panayotidis, artista greco residente in Svizzera. La mostra, curata dal direttore del museo Marco Pierini e da Matthias Frehner, direttore del Kunstmuseum di Berna è organizzata e coprodotta dalla Galleria civica e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena.
Allestita nell’antica serra ducale fino al prossimo 16 settembre, la mostra si compone in prevalenza di opere nuove, realizzate per l’occasione. Il percorso espositivo presenta un repertorio pressoché completo delle tecniche predilette da Panayotidis, dalle scritte al neon ai disegni retroilluminati, dalle installazioni alle fotografie. Influenzato dalla particolare morfologia dello spazio, l’artista in questo caso ha sfruttato dimensioni, proporzioni, pregi e difficoltà dell’edificio barocco per conferire ritmo alla sequenza delle opere e perfetta aderenza delle stesse ai singoli ambienti.
Oltre a una nutrita serie di disegni a carboncino che ritraggono paesaggi naturali o di archeologia industriale, per un totale di più di venti carte, sono di particolare impatto due grandi opere a parete realizzate in neon. Entrambi i lavori, collocati in ciascuna delle sale grandi della Palazzina, sono dipinti in modo da conferire quel tono brunito tipico delle scritte luminose di Panayotidis. Ciascuna sala ospiterà poi quattro fotografie in bianco e nero, retroilluminate. Due sculture e un’installazione completano il quadro della mostra.
Nonostante la varietà delle tecniche impiegate la poetica dell’artista emerge dalla sequenza delle opere in mostra con rigorosa coerenza, esaltando il dialogo costante, tanto formale quanto simbolico, tra oscurità e luce, visibile e invisibile, oblio e memoria. E se la memoria, per Panayotidis, è sempre il terreno sul quale l’artista costruisce le fondamenta della propria opera, la luce ne rappresenta l’aspirazione alla compiutezza (come prospettiva, però, mai come approdo definitivo) e il segno pulsante del nostro stare al mondo qui e ora, del nostro essere contemporanei. A questo proposito scrive l’artista: “Essere contemporanei è, innanzi tutto, una questione di coraggio: perché significa essere capaci non solo di tenere lo sguardo sul buio dell’epoca, ma anche di percepire in quel buio una luce che, diretta verso di noi, si allontana infinitamente da noi. Cioè ancora: essere puntuali a un appuntamento che si può solo mancare”.