Lo Spam si trasforma in arte contemporanea

Nel dorato mondo dell’arte contemporanea c’è posto per tutti e chiunque può inventarsi artista da un momento all’altro. Ovviamente bisogna conoscere le persone giuste, altrimenti si rischia di rimanere nell’anonimato in eterno. A riprova di ciò che stiamo affermando basti guardare la subitanea parabola ascensionale di Thierry Guetta (meglio noto al mondo della street art come Mr. Brainwash) che da gregario di suo cugino Invader, di Banksy e di Shepard Fairey ha di punto in bianco catalizzato l’attenzione con la sua prima e gigantesca mostra personale Life is Beautiful a Los Angeles nel 2008.

Certo non è detto che questi miti del momento siano destinati a durare nel tempo ma lasciamo ai posteri l’ardua sentenza. Comunque sia, parlando di inventarsi artisti, oggi anche gli hacker possono essere considerati dei creativi. A sdoganarli ci ha pensato James Howard, classe 1981, che in questi giorni è ospite della mostra Newspeak:British Art Now (in visione fino al prossimo 30 aprile), organizzata da Saatchi, vale a dire colui che l’ha scoperto.

TIM ELLIS – Sons of Pioneers

Interrogarsi sulle possibilità inespresse del manufatto, alterarne la destinazione originaria con l’intenzione di ripensarne il valore e la funzione, mettendo in evidenza il processo che porta un oggetto trovato ad appropriarsi di un differente valore culturale. La pratica di Tim Ellis si basa sulla giustapposizione di materiali e oggetti culturalmente diversi tra loro e ne interpella sia il loro valore formale che la loro finalità originale, forzando lo sguardo ad interrogarsi su questioni relative alle nozioni di funzionalità, autorialità e display. Attraverso relazioni mentali e alterazioni impercettibili, il giovane artista inglese dichiara una forma di impegno relativa alla nozione di artefatto e a quella di artificio, al principio di creatività e di serialità.

Il titolo della mostra che si inaugura il 4 maggio a Roma presso Furini Arte Contemporanea si riferisce all’idea dell’essere minacciati dal peso della storia, mentre il percorso espositivo si svolge come se fosse una proposta per l’inizio di una nuova ideologia. Sia la scultura che la pittura – modelli, trofei e testimoni di qualcosa di più grande – focalizzano la loro tensione su quella congiuntura in bilico perenne tra il fatto e l’oggetto storico, tra la sua fabbricazione e la sua diffusione, suggerendo riflessioni sul ruolo dell’artificio all’interno del processo di produzione di senso.

INVENTARIO PERENNE – Elena Modorati, Gianni Moretti, Paola Pezzi

Nel prestigioso spazio dalle ampie vetrine racchiuse dal colonnato della Pescheria Centro Arti Visive di Pesaro si articolano i lavori installativi di Elena Modorati, Paola Pezzi e Gianni Moretti. Inventario perenne è una tri-personale a cura di Martina Cavallarin che inaugura il 29 aprile e interpretata da artisti la cui ricerca artistica si svolge attorno al processo, a un’enumerazione ossessiva e moltiplicativa manifestata attraverso un’indagine coerente, una rincorsa tra naturale ed artificiale espressa mediante l’uso di linguaggi e materiali differenti. L’arte contemporanea, nella sua trasversalità, sensibilizzazione e apparizione, si apre alla sostenibilità per eludere il destino entropico mediante il massaggio del muscolo atrofizzato della società civile.

Elena Modorati (Milano, 1969) scava nella memoria e nel tempo. Il suo è un lavoro installativo poetico, appeso, galleggiante o adagiato a terra. Ciò che si respira di fronte all’opera è un senso di armonia che acclude dimensione diacronica e sincronica, un riscatto visto dal punto di vista della restituzione dell’oggetto ad un presente consapevole e silenzioso, una disposizione di frammenti che l’arte fa risorgere attraverso altre immagini e altri più profondi e consapevoli significati. Per questa esposizione l’artista milanese presenta delle figure e degli sfondi, installazione di ferro e cartoncino che ci parla di tracce necessarie, un lunario riutilizzato che è simbolo di svuotamenti di funzioni composto da un vecchio schedario contenente dei cartellini timbrati.

vessel inaugura le sua attivita’ culturale ospitando 3 progetti

vessel inaugura le sua attività culturale ospitando presso i suoi spazi tre progetti ideati e realizzati da giovani artisti e curatori ed aperti al pubblico. Un ciclo di quattro giornate, dal 26 al 29 Aprile 2011 dedicate alla ricerca artistica, all’approfondimento condiviso di tematiche storiche, antropologiche, socio-politiche ed urbane con la presenza di esperti dei vari ambiti di ricerca.

Il primo incontro è una giornata di studi diretta da Nico Angiuli dal titolo La danza degli attrezzi, che avrà luogo martedì 26 presso gli spazi di vessel. La ricerca di Angiuli, che trova in questo progetto in collaborazione con vessel un momento di approfondimento allargato, è incentrata sul “rapporto tra tecnologia e agricoltura, tesa alla videoarchiviazione della mutevole gestualità dei contadini, analizzandola dal tempo antico sino ai giorni nostri”. Mercoledì 27, seguirà il progetto di Rosa Jijon, Il litorale, l’ultima frontiera. L’esercizio che proporrà l’artista ecuadoriana di adozione romana è “di raccolta dati, in chiave antropologica, con l’obiettivo di dare uno sguardo alle frontiere interne ed esterne” di Bari, città/porto, ma anche confine litorale. I partecipanti saranno invitati da Jijon a riflettere sui confini culturali, geografici, istituzionali della loro città.

Ahmet Öğüt – Once upon a time a clock-watcher during overtime hours

La Fondazione Giuliani di Roma inaugura il 28 Aprile 2011 la mostra personale di Ahmet Öğüt, Once upon a time a clock-watcher during overtime hours. Con spirito acutamente perspicace e tagliente, Ahmet Öğüt esamina le casualità quotidiane, i comportamenti e i gesti informali che testimoniano le più ampie strutture globali sociali e politiche. Attraverso l’uso di diversi mezzi espressivi, dall’installazione e la performance al disegno, al video, a interventi in spazi pubblici, Öğüt intreccia racconti che si dipanano tra pratica artistica e vita sociale per provocare consapevolezza critica e sottili slittamenti di prospettiva.

In Once upon a time a clock-watcher during overtime hours, l’artista orienta la sua pratica verso una nuova direzione, usando come risorsa una collezione d’arte. Öğüt ha selezionato opere di Marina Abramovic, Giovanni Anselmo, Carl Andre, Mircea Cantor, Peter Coffin, Cyprien Gaillard, Joseph Kosuth e Sislej Xhafa dalla Collezione Giuliani, creando intorno a ogni lavoro “atmosfere” o interventi che pongono l’attenzione sulle caratteristiche dei lavori stessi e suggerendo allo stesso tempo narrazioni sovrapposte con la prospettiva di generare e potenziare nuovi significati.

What is a human being? – VIR Open Studio @ ViaFarini In Residence

Dovete sapere che in via Farini, a Milano, c’è proprio tutto: c’è il Brico, c’è il negozio Tutto a un euro e più, ci sono almeno una trentina di kebabbari e poi ci sono gli appartamenti dove l’associazione ViaFarini ospita le residenze d’artista. Un paio di settimane fa mi son fatta coraggio e sono andata a vedere cosa ha creato la congiuntura di questi luoghi: VIR Open open per Memories and encouters, il ciclo espositivo iniziato nel 2009 dell’operato degli artisti in residenza.

Per tre mesi Giorgio Guidi, Jaša e Matthew Stone hanno vissuto in appartamenti adiacenti e condiviso lo studio al piano terra della palazzina al numero 35 di via Farini. Il risultato? Un’esposizione fuori dagli schemi, irriverente e coinvolgente. Tre artisti che conducono ricerche estetiche diametralmente opposte, ma accomunati  dall’interesse per il rapporto che si crea tra opera e spettatore. E qui ci sarebbe da soffermarsi, perché, se tre ragazzi nati tra il ’78 e l’82, e non credo siano casi isolati, pur percorrendo strade diverse puntano allo stesso bersaglio, forse qualcosa vuol dire.

La Dinamica della Pizza©, ovvero una mostra per l’Italia senza italiani

Proprio ieri ho pubblicato un comunicato stampa relativo alla mostra Un’Espressione Geografica, organizzata dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo con l’obiettivo di celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia. Come è possibile leggere nel comunicato: “la mostra racconterà la varietà del territorio italiano, esaltando le ricchezze e la specificità di ciascuna Regione“. A questo punto però vorrei far notare un particolare alquanto bizzarro.

Con la scusa di riproporre una sorta di viaggio in Italia alla Goethe, la Fondazione ha chiamato ventuno artisti stranieri a produrre un personale “ritratto” delle altrettante regioni italiane, il tutto sovvenzionato dalla Fondazione e da un’importante istituto bancario. La curatela di Francesco Bonami è la ciliegina sulla torta di un evento che di fatto si offre al pubblico come un vero e proprio affronto alla nostra scena artistica.

Nico Vascellari – Lago Morto

Dal 16 aprile al 19 giugno 2011, alla Fondazione Pier Luigi e Natalina Remotti di Camogli, Nico Vascellari (1976) presenta Lago Morto, un’opera che l’artista ha realizzato nel 2009 come contributo alla mostra Rock – Paper – Scissors presso la Kunsthaus Graz a cura di Diedrich Diederichsen e che qui per la prima volta viene presentata nella sua interezza.

Lago Morto è il nome della band che Vascellari ha creato per realizzare un tour di 16 concerti in 15 giorni consecutivi (10-24 maggio 2009) a Vittorio Veneto, città dove è nato e attualmente vive. Lago Morto nasce con l’intento di invertire il modello di pop-band fabbricata, creata e formata artificialmente. Nelle parole di Diedrichsen: “l’industria culturale attuale utilizza questo modello per trarre profitto dalla musica pop in maniera particolarmente spregevole, impiegando i suoi effetti di immediatezza e schiettezza per sottomettere piuttosto che emancipare le persone coinvolte”.

Marco Maria Giuseppe Scifo – Running Glance

La z2o Galleria | Sara Zanin di Roma è lieta di presentare la prima personale romana dell’artista Marco Maria Giuseppe Scifo dal titolo Running Glance. Sguardo rapido sulla realtà, corsa fugace (ed efficace a trasformare il quotidiano), occhiata offensiva sui problemi che devastano il diario planetario, Running Glance si pone come necessario antidoto riflessivo nei confronti di una natura addomesticata e maltrattata dal circuito internazionale.

Ricreazione felice di luoghi, cose, eventi e occasioni, l’opera di Marco Scifo rappresenta una azione di disapprovazione nei confronti di alcuni avvenimenti infelici della storia. Di collassi e di perdite di senno in cui l’uomo d’eternità s’arroga il vanto (Leopardi) e distorce, con noncuranza, l’organizzazione naturale del mondo. Ai fenomeni attuali di inaridimento della natura e della fantasia umana l’artista contrappone, con eleganza, un nuovo universo incontaminato in grado di riscattarsi, tuttavia, dai territori dell’ecologia e della denuncia tout court per dar luogo ad un comportamento culturale di chiara impostazione analitica che non dimentica di interrogarsi sulle ragioni e le implicazioni della propria attività (Menna).

Gli Itinerari inconsapevoli di Elena Arzuffi per Lithium project

Continua il ciclo espositivo Lithium presso la NOTgallery di Napoli che si prefigge di presentare le ultime esperienze nel campo della video-animazione d’autore. Questa volta, è il lavoro dell’artista bergamasca Elena Arzuffi a far da protagonista di  una personale, a cura di Alessandra Troncone che si terrà dal 21 aprile al 5 maggio.

I suoi Itinerari inconsapevoli si dispiegano in un universo frammentario in cui fotografia e disegno si avvicendano come elementi fondativi della narrazione. Tale peculiarità formale appare uno degli aspetti più interessanti del lavoro dell’artista; l’immagine fotografica, che appare sotto forma di frammento, di suggestione mnemonica, va gradualmente dissolvendosi per lasciar spazio al segno, un segno che potremmo definire sensibile, come filtro percettivo attraverso cui l’artista propone i suoi personali itinerari. Ma questo mix di medium non è l’unico elemento rilevante, non lo sarebbe almeno se non sottolineasse un processo narrativo complesso. Un’esperienza che per sua natura si presta ad essere assimilata e tradotta nella sensibilità altrui.

Cosa succede nel museo d’arte contemporanea della tua città?

Attenzione, segue dialogo fittizio ma molto probabile:

“Ed il vernissage al museo quando lo facciamo, di Giovedì come di consueto? No meglio il venerdi, anzi meglio il sabato. Anzi no scusate, facciamolo di martedì che fa più radical chic. E poi fatemi il piacere di non chiamarlo vernissage ma opening. Potremmo anche organizzare una sorta di brunch e magari piazzarlo all’interno di una preview per collezionisti e giornalisti.

Poi verso la primavera organizziamo un appuntamento con aperitivo e musica electro, così vengono i giovani. Una bella situazione tipo discoteca avant-garde così facciamo 4000 presenze in un sol colpo e quando mandiamo i comunicati stampa possiamo dichiarare di esser l’istituzione con più visitatori in assoluto.

Attenti alla Russia, parte seconda

Mentre tutti erano distratti dalle mosse della Cina noi, in tempi non sospetti, avevamo lanciato una profezia: “attenti alla Russia”. Già, perché avevamo notato un grande fermento creativo da quelle parti.  Oggi, prendendo in esame la città di San Pietroburgo, è possibile notare come a distanza di un paio d’anni questa metropoli sia divenuta ancor più potente all’interno della scena dell’arte internazionale, affiancandosi a veri e propri colossi come Stati Uniti e Regno Unito.

In pochi mesi due sponsors privati hanno sovvenzionato i restauri di ben due musei, vale a dire l’Erarta Museum e il Novy Muzei (New Museum). Tra le altre cose l’Erarta Museum è un museo non-governativo e quindi oltre a disporre di una nutrita collezione di opere cercherà in futuro di generare un mercato attorno ad esse, cosa che anche i nostri musei dovrebbero fare, dopo una tanto sospirata privatizzazione. Questi due nuovi (o rinnovati) gioielli si uniscono al Museum of Nonconformist Art, un museo fondato 20 anni fa da un manipolo di agguerriti artisti che occuparono l’edificio per lanciare una nuova ondata di arte contemporanea al di fuori dalle consone regole della scena russa.

Gallery Girls, un reality show con le assistenti di galleria

Ne avevamo sentito parlare da alcune voci di corridoio ma ora la notizia è stata confermata lo scorso 6 aprile da un comunicato stampa emesso dall’emittente televisiva Bravo Tv. Stiamo parlando di una nuova forma di reality show tristemente connesso al mondo dell’arte contemporanea. Il nuovo show di Bravo Tv prenderà il nome di Gallery Girls e sarà presto trasmesso negli Stati Uniti dalla celebre emittente via cavo.

Ma di cosa si tratta? Ebbene, Gallery Girls seguirà le vicende di 6 ragazze di circa venti anni e residenti a New York. Queste giovani lavorano come assistenti nelle gallerie più cool della grande mela. Giorno dopo giorno lo spettatore medio avrà quindi modo di osservare le difficoltà di queste ragazze, alle prese con i loro boss e con il sistema dell’arte che le vuole sempre iper-presenti e soprattutto in lotta fra di loro per scalare i vertici.

Cosa succede in Spagna?

In questi ultimi anni la Spagna ha fatto tanto per imporsi all’attenzione della scena dell’arte internazionale. I musei presenti sul territorio sono visitati da milioni di turisti all’anno, le fiere come Arco e Loop, tanto per citarne alcune, sono oramai prestigiose piattaforme di mercato. Inoltre lo stato ha deciso di investire in nuove strutture per l’arte contemporanea come il Canodrom contemporary arts center di Barcellona, attualmente in costruzione.

Per non parlare di Bilbao, del Marco di Vigo e molto altro. Eppure i giovani artisti spagnoli decidono di trasferirsi all’estero, disperdendo un patrimonio già esiguo. La Spagna è terra d’arte ma per trovarla bisogna cercare al di fuori dei suoi confini naturali. Già nel periodo post-franchista, artisti come Pepe Espaliù e Juan Muñoz decisero di cercar fortuna altrove, lo stesso fece Angela de la Cruz sul finire degli anni ’90. Oggi le nuove leve dell’arte spagnola seguono le stesse orme di Paloma Polo, giovane promessa del contemporaneo che ha scelto di trasferirsi ad Amsterdam per proseguire le sue ricerche.