Charles Avery – Onomatopoeia part I

EX3, Centro per l’Arte Contemporanea di Firenze inaugura mercoledì 17 novembre 2011 Onomatopoeia part I, prima mostra di Charles Avery in uno spazio pubblico in Italia, realizzata in collaborazione con Frac Île de France/Le Plateau di Parigi e Kunstverein di Hannover.

Artista scozzese, nato nel 1973, Charles Avery vive e lavora a Londra. Dal 2004 si dedica ad un unico progetto: The Islanders. Attraverso testi, disegni, installazioni e sculture, The Islanders descrive la vita su un’isola immaginaria, dotata di una sua geografia, una sua flora, una sua fauna. Un esploratore conduce lo spettatore alla scoperta dei segreti dell’isola, dei suoi abitanti e delle leggi particolari che la governano. Quello creato da Avery è un mondo complesso, strutturato secondo regole precise, in cui ogni cosa ha un suo nome e una sua funzione. Onomatopoeia è la città al centro dell’isola immaginaria, i Noumenons sono animali che nessun cacciatore ha mai potuto catturare, l’arcipelago dell’Assioma di Wittgenstein è circondato dall’Oceano Analitico….

David Hockney il nuovo profeta della digital art? decisamente no

Tempo fa via avevamo dato notizia delle nuove esperienze di pittura sperimentate da David Hockney con l’ausilio dell’iPad. Ovviamente all’epoca la cosa ci era sembrata simpatica, ma dopo che le creazioni dell’artista hanno cominciato a monopolizzare l’intera informazione artistica ed a essere osannate come dipinti di un nuovo profeta della Digital Art, la nostra opinione è un poco cambiata.  Ed il bello è che la Fondation Pierre Bergè – Yves Saint Laurent di Parigi ha persino dedicato una mostra dal titolo Fleurs Fraîches (visibile fino al 30 gennaio 2011) alle terribili manifestazioni floreali create dal celebre artista inglese.

Questa storia di David Hockney che dipinge con l’iPad a noi sembra ancor più ridicola di quella del Papa che spedisce la sua prima e-mail. A fronte di ciò che Hockney ci propina con i suoi gioiellini di casa Apple è d’obbligo ribadire che gli esperimenti nel campo della digital art o della computer art che dir si voglia sono stati varati nel 1953 da Benjamin Francis Laposky mediante l’uso di un (pensate un poco) oscilloscopio, altro che iPad. Da quel momento in poi centinaia di artisti hanno affrontato questa tecnica con l’ausilio di diversi programmi e computers, creando opere sensazionali che hanno permesso a questa tecnica di guadagnarsi un posto all’interno della storia dell’arte contemporanea.

Ho deciso di crescere fragile – Terre vulnerabili all’Hangar Bicocca

Sono passati un po’ di giorni dall’inaugurazione di Terre vulnerabili all’Hangar Bicocca di Milano. Ne scrivo solo ora perché avevo bisogno di lasciar sedimentare ciò  che avevo visto. Come un seme che viene messo nel terreno e poi annaffiato (e la metafora non è casuale, capirete poi), anche l’arte ha bisogno di essere curata. Nulla di strano, d’altronde chi lavora con l’arte nel suo momento di esposizione al pubblico si chiama curatore: una figura che dovrebbe, appunto, annaffiare l’artista affinché la sua arte cresca forte e bella. È che poi invece, nella società di oggi, siamo abituati al qui e subito. Ai giudizi affrettati e sommari, al sentito dire piuttosto che alla critica ragionata e alle cose digerite con calma. Per fortuna ci sono spazi come l’Hangar, dove ti impediscono di fare di corsa. Dove per vedere una mostra devi prenderti mezza giornata libera e ti porti pure i compiti a casa.

Già solo il concetto alla base dell’esposizione ci fa capire di essere di fronte a qualcosa di fuori dagli schemi: una curatrice che si mette in mezzo agli artisti e ci lavora assieme per far nascere un progetto in continua evoluzione. Chiara Bertola, con Andrea Lissoni, si è messa di traverso e ha costretto gli artisti a mettersi in gioco per creare, in sinergia tra di loro, le opere che poi saranno esposte. Le opere visibili adesso, non spariranno nella prossima fase, ma verranno integrate, riutilizzate, trasformate dai nuovi nomi coinvolti; inserendosi così in un processo ciclico ispirato alle fasi lunari. Nulla si crea, ma tutto si trasforma e nessuno può sapere ciò che succederà da qui ai prossimi otto mesi, l’unico sarà seguire dal vivo le evoluzioni di Terre vulnerabili.

Give and take alla Fondazione Antonio Ratti

Il 3 novembre inaugura a Milano alla Fabbrica del Vapore Give and take, mostra di fine corso dei partecipanti alla XVI edizione del Corso Superiore di Arti Visive della Fondazione Antonio Ratti, diretto da Annie Ratti e quest’anno condotto da Hans Haacke in qualità di Visiting Professor. La mostra a cura di Anna Daneri e Cesare Pietroiusti e’ realizzata dalla Fondazione Antonio Ratti, in collaborazione con Careof, DOCVA, Viafarini e sarà visitabile fino al 20 novembre.

In mostra le opere dei diciannove artisti che hanno frequentato il workshop a Como nel mese di luglio: Julia Brown (USA), Antonia Carrara (ITALIA), Danilo Correale (ITALIA), Abbey Shaine Dubin (USA), Laura Duran (COLOMBIA), Birte Endrejat (GERMANIA), Fausto Falchi (ITALIA), Till Gathmann (GERMANIA), Adelita Husni-Bey (ITALIA), Kentaro Ikegami (GIAPPONE), François Lemieux (CANADA), Eric Martijn (OLANDA), Ludovic Me’haute’ (FRANCIA), Emily Morant (AUSTRALIA), Elaine Marianne Reynolds (IRLANDA), Fabrizio Sartori (ITALIA), Walter Benjamin Smith (USA), Elisa Strinna (ITALIA), Oriol Vilanova (SPAGNA).

Prego, non lanciare pomodori sulla scultura italiana del XXI secolo

Si presenta con l’intento di sostenere la produzione artistica italiana sul piano critico, scientifico e storico, facendola conoscere internazionalmente. Ma già la sera dell’apertura si intuisce che siamo lontani dal poter sostenere un discorso del genere. Il curatore Marco Meneguzzo apre il testo critico con un: “La scultura lingua nuova” volendo smentire la cupa profezia”Scultura lingua morta” fatta da Arturo Martini nel 1945. E su questo non lo contraddico, anzi. Credo proprio che la scultura possa essere uno dei linguaggi più attuali, in fondo cosa più della materia stessa può descrivere un mondo materiale?

E non contraddico Meneguzzo neppure quando spiega il salto evolutivo della scultura rispetto al secolo scorso: “Nel XX secolo l’omogeneità disciplinare aveva ancora il colore e la consistenza del bronzo e del marmo, e ciò che vi si discostava appariva ancora come un succedaneo, un’imitazione di quelli; oggi, la presenza di quei materiali in una mostra, che è prima di tutto coloratissima e “morbida”, assume immediatamente i connotati della citazione”. Partendo da ciò  che è ovvio, il materiale ed il colore, sviluppa un percorso in cui si incontrano ottanta artisti: tutti italiani, tutti nati dopo il 1950.

China Power Station alla Pinacoteca Agnelli di Torino

La Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli prosegue il suo progetto di ricerca sul tema del collezionismo e presenta dal 7 novembre al 27 febbraio CHINA POWER STATION Arte contemporanea cinese dalla collezione Astrup Fearnley. CHINA POWER STATION, a cura di Julia Peyton Jones, Gunnar B. Kvaran e Hans Ulrich Obrist è un progetto evolutivo nato dalla collaborazione della Serpentine Gallery con l’Astrup Fearnley Museum of Modern Art, Oslo; è stata esposta in varie sedi: Part I a Londra nel 2006 ha segnato la prima fase del progetto. Parte II è stata sviluppata per Oslo nel 2007 e Parte III in Lussemburgo nel 2008 e ora, con un nuovo allestimento e nuove opere, qui a Torino.

L’indagine sul collezionismo porta a Torino un nuovo tipo di mecenatismo quello della collezione Astrup Fearnley: che produce interamente una mostra come China Power Station e poi decide di acquistarla e farla diventare così parte della sua collezione permanente che ha sede nel museo Astrup Fearnley Museum of Modern Art a Oslo, in Norvegia. In mostra l’esplosione creativa dell’arte contemporanea cinese attraverso le opere di una generazione di artisti d’avanguardia come Cai Guo-Qiang e Huang Yong Ping, insieme con la nuova generazione di artisti post – Mao nati tra la fine degli anni ‘70 e i primi anni ’80, tra cui Cao Fei, Liu Wei, Yang Fudong, Sun Xun, Zhang Ding.

Impellizzeri XX. Performances dal 1990 al 2010 al MLAC di Roma

Lunedì 8 novembre, alle ore 18.30, il MLAC – Museo Laboratorio di Arte Contemporanea, Sapienza Università di Roma, inaugura la mostra personale di Francesco Impellizzeri dal titolo Impellizzeri XX. Performances dal 1990 al 2010. L’esposizione propone una raccolta esaustiva di tutte le performances di Francesco Impellizzeri. Documentate in video, riversate in digitale e rese fruibili attraverso un attento montaggio, rappresentano una chiave importante per la lettura della sua eclettica ma coerente produzione.

È un’occasione unica dove poter scorgere i momenti salienti e determinanti della sua ironica attività artistica in cui Impellizzeri propone una visione critica della nostra società, attraverso ludiche rappresentazioni dove il travestimento è usato come linguaggio e mezzo per trasmettere sottili informazioni ad un mondo che si nasconde sotto mentite spoglie. Dalla prima performance Strilli alla Temple Gallery di Roma, in cui nasce Unpopop, il personaggio cantante che con pungenti testi mette in evidenza i meccanismi del mondo dell’arte, a Signore e signori buona sera alla Artandgallery di Milano dove viene presentata una atipica e originale sfilata di pittura, nonché le performances di Lady Muk alla galleria Espacio Minimo di Madrid, Flambé al Serena Club di New York e Motocicleta al DA2 Museo Contemporaneo di Salamanca, hanno favorito l’inserimento dell’artista in esposizioni internazionali come Don’t call it performance, al Museo Reina Sofia di Madrid, fino a ottenere un consenso critico anche all’estero.

Thomas Bayrle – Documentation of Rubbertree 1993

BASE/Progetti per l’arte inaugura il 27 ottobre la mostra di Thomas Bayrle dal titolo Documentation of Rubbertree 1993 pensata appositamente per lo spazio di Firenze per riflettere sull’atto creativo, sulla condivisione di un’idea e sulla sopravvivenza della stessa con il passare del tempo.

La mostra è costituita da due video, uno visibile come videoproiezione e uno su monitor, che documentano e condividono con il pubblico i gesti ed i movimenti agiti intorno ad una pianta di gomma. Con quest’opera l’artista utilizza la sua riflessione sui patterns pittorici di origine geometrica stratificati alle immagini popolari non per dare vita ad una nuova icona da osservare, ma per mettere in scena il processo stesso con cui analizza i modi di relazionarsi a queste nell’era della società di massa.

IILA e Fondazione Volume presentano il Señales Rojas 2010

L’IILA, Istituto Italo-Latino Americano e la Fondazione Volume! presentano Señales Rojas 2010, secondo appuntamento del ciclo espositivo ideato e curato da Patricia Rivadeneira, Segretario culturale dell’IILA, e dedicato alla indagine del concetto di emergenza. Dopo l’edizione scorsa nella Galleria IILA, quest’anno la mostra si trasforma in una più grande manifestazione con la collaborazione della Fondazione Volume! e il coinvolgimento di molte gallerie e spazi culturali romani che – l’ 11 novembre – intervengono con mostre, performance nella costruzione di una serata collettiva.

Nucleo centrale della manifestazione è la Galleria IILA che fino all’11 dicembre propone la mostra collettiva “Señales Rojas” a cura di Patricia Rivadeneira con Jota Castro (Perù), Regina Galindo (Guatemala), Alejandro Gómez de Tuddo (Messico), María Rosa Jijón (Ecuador), Emilio Leofreddi (Italia), Jorge Pineda (Repubblica Dominicana), Manuela Viera-Gallo (Cile), Camilo Yáñez (Cile). La mostra, con approccio trasversale al concetto di allarme sociale, si concentra in particolare sulla prospettiva del debole, costretto a divincolarsi tra oppressione, pregiudizio, aggressione fisica e giochi di potere.

Annika Larsson – DRUNK

Mercoledì 27 ottobre 2010 Velan di Torino ha il piacere di inaugurare DRUNK, una personale dell’artista svedese Annika Larsson (Stoccolma, 1972) a cura di Francesca Referza. DRUNK – spiega l’artista che vive e lavora a Berlino da due anni – è un video quasi completamente silenzioso (il livello sonoro è regolato in modo da risultare quasi non udibile). Le azioni dell’ubriaco vengono compiute praticamente nel vuoto e solo l’acustica della stanza e la presenza degli spettatori generano il suono. DRUNK non aveva script, solo un insieme di regole, ed è stato girato nel mio studio con un giovane attore che beveva e gradualmente perdeva il controllo davanti alla macchina da presa.

L’idea di DRUNK (2010) è nata da una ricerca fatta dall’artista su internet, ambiente virtuale in cui sono facilmente rintracciabili immagini reali dello status di ubriaco. Annika Larsson ha selezionato ed archiviato una serie di still da video, pubblicati da diversi utenti su YouTube, che documentano la casistica tragicomica degli effetti che l’alcool ha sulle persone. Quello che viene fuori da questa serie di immagini recuperate dalla rete è un universo allo stesso tempo attraente e respingente. DRUNK, presentato per la prima volta in Italia da Velan a Torino in occasione di ARTISSIMA 17, è una versione sublimata, attraverso l’estetica della Larsson, dell’iperrealtà della rete.

La Kunsthalle piu’ bella del mondo, un progetto per il Centro delle Arti Contemporanee di Como

La Fondazione Antonio Ratti e la Camera di Commercio di Como (nell’ambito dell’iniziativa Laboratorio Como 2010) hanno il piacere di annunciare La Kunsthalle piu’ bella del mondo, un progetto di ricerca internazionale che si svolgerà tra il 2010 e il 2012. Coinvolgerà un grande numero di curatori, critici, storici dell’arte, artisti ed esperti provenienti da diversi contesti e ambiti disciplinari, in una discussione articolata e complessa sulle pratiche espositive dell’arte contemporanea all’inizio del ventunesimo secolo.

Il progetto La Kunsthalle piu’ bella del mondo muove i suoi passi dalla consapevolezza di una peculiare condizione di crisi che richiede una revisione critica delle pratiche, una ridefinizione delle identità delle differenti istituzioni e dei diversi protagonisti, una riflessione coraggiosa sui mutati rapporti tra arte, società e pubblico e sui confini cangianti dei territori attuali dell’arte contemporanea e delle sue relazioni transdisciplinari.

ERR project, un nuovo database con più di 20.000 opere trafugate dai nazisti

Avete mai sentito parlare della Einsatzstab Reichsleiter Rosenberg (ERR)? Ebbene fortunatamente la maggior parte di noi non l’ha mai vista in azione, già perchè la ERR era una speciale Task Force istituita dai Nazisti durante la seconda guerra mondiale per saccheggiare le opere d’arte dei paesi occupati. Ad esser precisi l’ERR fu creata il 17 luglio del 1940 da Alfred Rosenberg,un alto membro del Partito nazista nonchè uno dei massimi esponenti di tale ributtante ideologia. Insomma oltre ad aver distrutto milioni di vite ed aver provocato una frattura insanabile nella memoria dei sopravvissuti ai lager, Adolf Hitler è riuscito anche a smembrare intere collezioni d’arte e demolire così il patrimonio culturale di intere nazioni.

Ancor oggi le barbarie perpetrate dai Nazisti rappresentano una ferita ancora aperta e centinaia di migliaia di opere d’arte sono andate perse o distrutte. Fortunatamente però le moderne tecnologie ci vengono un poco incontro e grazie ad esse è possibile quantomeno tracciare i movimenti di quelle meraviglie smarrite. In questi ultimi tempi è nato un interessante database chiamato ERRproject che porta online le famigerate schede usate dai Nazisti per catalogare il loro bottino.

John Baldessari alla Fondazione Prada

La Fondazione Prada e’ lieta di annunciare la prossima mostra dedicata all’artista John Baldessari (1931, National City, CA) che si terrà in via Fogazzaro 36 a Milano dal 29 ottobre 2010 al 31 dicembre 2010. Per la Fondazione Prada l’artista californiano ha concepito un progetto totalmente inedito, dal titolo “The Giacometti Variations”. Consiste in una serie di enormi figure, alte circa 4,5 metri, ispirate all’immaginario dello scultore svizzero, che saranno abbigliate e accessoriate con oggetti e con vestiti, disegnati da Baldessari stesso, al fine di formare, seppure immobili, un’ipotetica sfilata. Un’ipotesi di integrazione che tende a captare le valenze di un dialogo tra arte e moda, dove l’osmosi tra mannequin e entità scultorea diventa una dichiarazione di reciproca attrazione e comunicazione.

La logica del progetto e’ cosi’ descritta dall’artista stesso: “Ho sempre voluto fare quadri e sculture alti. Sospetto che sia perche’ io sono piuttosto alto. Ho avuto poche opportunità poiche’ la maggior parte delle gallerie hanno muri la cui altezza rispecchia quella dei muri nelle case dei collezionisti. Alcuni anni fa, sono stato invitato ad esporre presso l’Haus der Kunst, a Monaco di Baviera. Dato che l’ingresso li’ e’ estremamente alto, ho cominciato a pensare a lavori alti che potessero catturarne lo spazio.

Nessuno passeggi sui semi e la Turbine Hall lascia gli spettatori fuori dall’installazione di Ai Weiwei

Una decisione che ha dell’incredibile, le autorità britanniche hanno vietato al pubblico di camminare sul tappeto di semi di girasole di porcellana creato da Ai Weiwei per la Turbine Hall del Tate di Londra. La decisione è insindacabile: “la polvere di porcellana sollevata dai 100 milioni di semi rappresenta un chiaro rischio per la salute dei visitatori“. Insomma passeggiando sull’opera di Weiwei, le persone comprimono i semi, i quali sfregandosi producono polvere di porcellana, dannosa per i polmoni, stando a quanto aggiunto dalle autorità.

Ora quindi gli spettatori non possono più interagire con l’opera e sono trattenuti da un nastro che vieta loro l’accesso alla stessa. Ne consegue che un’installazione creata per dialogare con il fruitore ha praticamente perso il suo senso primario. Prima della folle decisione, presa in accordo con l’artista, le sole preoccupazioni della direzione del Tate erano relative al furto dei semi. Molti visitatori infatti non resistevano alla tentazione di portarsi a casa una parte di quella meravigliosa installazione, ma con 100 milioni di semi a disposizione il rischio era comunque calcolato e limitato.