Scandalose accuse di pornografia gay contro la mostra shOUT

di Redazione 1

 Botte da orbi e scazzottate, solo verbali si intende ma la tremenda polemica accesa dalla Gallery of Modern Art di Glasgow ha catalizzato in questi giorni l’attenzione della stampa britannica e alimentato le chiacchiere di “quelli che benpensano”.

La mostra ospitata in questi giorni (fino al prossimo 1 novembre) al museo è il progetto shOUT, collettiva focalizzata sull’arte e lo stile di vita gay, lesbo e transgender. Il grande evento che ospita tra l’altro opere di celebri personalità dell’arte contemporanea come Robert Mapplethorpe, Nan Goldin e David Hockney è stato oggetto di una campagna al vetriolo nata sulle pagine del quotidiano britannico Daily Mail. Il giornale ha infatti etichettato l’evento come “mostra di pornografia gay” e cosa ancor più bizzarra ha convinto il Vaticano a censurare l’opera Made in God’s Image di Travis Reeves dove i visitatori potevano scrivere commenti sulle pagine della Bibbia. L’opera ha scatenato le ire di 600 persone che hanno ritenuto l’atto decisamente dissacrante.

Ma non è tutto, l’ultimo episodio ha come protagonista Dani Marti, artista che si è ritirato dalla manifestazione dopo che il GoMA ha deciso di non proiettare due suoi video. Secondo l’artista la pietra dello scandalo sarebbe il video This is the Fire in Which We Burn, opera che mostra un giovane uomo sieropositivo intervistato sulle sue esperienze di prostituzione. Nel video comparirebbero alcune rappresentazioni grafiche di atti sessuali e dell’uso di droga.

A questo punto la comunità gay di Glasgow ha accusato l’assessorato per la Cultura e lo Sport della città di voler censurare con codardia un’importante manifestazione all’insegna dei diritti umani. Anche gli artisti presenti in mostra (quelli ancora in vita s’intende) hanno deciso di boicottare la manifestazione minacciando di ritirare le loro opere se quelle di Marti non faranno ritorno. L’assessorato dal canto suo nega ogni forma di repressione e censura, secondo alcuni portavoce infatti le opere di Dani Marti non possono essere esposte in un museo visitato da famiglie. A Marti le autorità cittadine hanno proposto di esporre i due video al Tramway, celebre spazio espositivo cittadino che solitamente ospita lavori più aggressivi.

A noi tutto questo polverone sembra un tantino fuori luogo oltre che ipocrita, se il GoMA ha deciso di organizzare una mostra come shOUT era lecito prevedere i contenuti espliciti di alcune opere, quindi censurarne (perchè di censura si tratta) alcune è un atto insulso e deprecabile. Come sempre le istituzioni usano la comunità gay per sbandierare un sentimento di aggregazione, integrazione e fratellanza vero solamente a parole.

Photo Copyright: Robert Mapplethorpe e Jorge Zapata/EPA

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