Arte in macelleria e Damien Hirst invece macella una donna incinta

L’art dealer Gavin Brown ha annunciato che raddoppierà le dimensioni della sua galleria di New York. Brown ha infatti già affittato uno spazio al 601 di Washington Street che fino ad ora ospita la macelleria del noto esperto di carni Pat LaFrieda. Il primo artista ospitato dal nuovo spazio sarà Jonathan Horowitz, celebre per una nuova serie di opere sul cibo vegetariano e sulla eco-sostenibilità. La mostra prenderà il titolo di Go Vegan!, evento decisamente azzeccato per sovvertire l’identità dell’ex macelleria.  LaFrieda che i newyorchesi chiamano il mago della carne aprirà invece uno spazio di 10.000 metri quadrati nel New Jersey.

Nel frattempo Damien Hirst circa sei giorni fa si è recato al museo Madre di Napoli che attualmente ospita una sua opera all’interno della mostra Barock. Hirst ha rivelato ai giornalisti di essere un fan di Maurizio Cattelan e di aver deciso di proporre al più presto una sua installazione site specific per la Chiesa di Donnaregina Vecchia. 

Svelato il progetto dell’Orbit di Anish Kapoor a Londra

Boris Johnson, il sindaco di Londra celebre per i suoi modi grossolani e la sua aria da sbruffone, ha svelato ieri il progetto della torre di Anish Kapoor che sorgerà all’interno dell’Olympic park, struttura fulcro delle olimpiadi di Londra 2012. La torre di Kapoor, con i suoi 120 metri, sarà l’opera di arte pubblica più alta di Londra. L’ArcelorMittal Orbit (questo il nome della torre) sarà costituita da una vasta e sinuosa struttura in acciaio ed è stata acclamata come la risposta inglese alla Torre Eiffel. Kapoor ha avuto la meglio sull’artista Antony Gormley e sugli architetti Caruso St John, anch’essi finalisti per l’assegnazione dell’appalto pubblico.

“Ha rielaborato il concetto di torre e l’ha trasformato in un pezzo di arte contemporanea inglese. Questa torre avrebbe fatto impazzire di invidia sia gli antichi romani che il grande Gustave Eiffel” ha commentato Johnson con spavalderia. Il nome della torre deriva da Lakshmi Mittal, l’uomo più ricco d’Europa nonchè magnate dell’acciaio e sponsor del progetto. “Questo progetto spettacolare rappresenta un’opportunità unica per Londra e per i Giochi Olimpici. La torre sarà per sempre ricordata nella storia della città e dei giochi” ha invece dichiarato Mittal.

Jan Vermeer ed altri maestri di rinascimento baravano usando il proiettore. Ma sarà vero?

Non è mistero che i grandi maestri del passato fossero avvezzi all’uso di ingegnosi marchingegni ed espedienti per realizzare i loro capolavori. Tecniche come quella dello spolvero permettevano di accorciare tempi di esecuzione ed accentuare la precisione dei soggetti ritratti. Oggi però un’altra teoria, a dir poco ardita, potrebbe svelare alcuni retroscena sulle abilità tecniche e formali dei geni dalla pittura del rinascimento. La teoria è stata già avanzata nel 2000 dal celebre artista inglese David Hockney ed oggi alcuni studi condotti assieme allo scienziato Charles Falco della Università dell’Arizona, hanno portato ad una conclusione: I maestri del Rinascimento dipingevano unicamente proiettando le immagini direttamente sulla superficie da dipingere (mediante un’avanzata camera oscura) un poco come fanno molti artisti contemporanei con i proiettori digitali o con gli episcopi.

Ovviamente si tratta di una teoria tutta da confermare ma se fosse vera ci troveremmo di fronte ad una scoperta sensazionale: anche gli infallibili maestri baravano, usando gli “aiutini” e non tracciando il segno a mano libera. Hockney e Falco hanno dichiarato di aver scoperto un documento risalente al 1650 dove un gesuita tedesco, tale Athanasius Kircher, descrive minuziosamente un oggetto posseduto dal pittore Jan Vermeer, una specie di marchingegno capace di proiettare le immagini sulla tela.

Giulio Paolini – Gli uni e gli altri. L’enigma dell’ora

Il Palazzo delle Esposizioni di Roma presenta dall’8 aprile l’installazione di Giulio Paolini intitolata Gli uni e gli altri. L’enigma dell’ora, appositamente ideata per questa occasione espositiva e in rapporto ideale con la mostra di Giorgio de Chirico. Tra i massimi interpreti dell’arte contemporanea, Giulio Paolini (Genova 1940) ha esordito nei primi anni sessanta ed è stato tra i protagonisti dell’Arte Povera. Da sempre concepisce l’opera d’arte come una visione vertiginosa capace di evocare un numero potenzialmente infinito di altre visioni e di abbracciare un tempo dilatato, esteso a tutta l’arte passata e futura.

A partire da Disegno geometrico del 1960, la sua prima opera conosciuta: una tela nella quale compare unicamente la squadratura geometrica anticipazione di ogni possibile immagine, Giulio Paolini persegue l’idea che ogni opera d’arte attinga a un unico, enigmatico, modello. Un pensiero, il suo, che trova rispondenza nella concezione antimoderna del grande metafisico. Enigma, attesa, assenza, malinconia, prospettiva, sono i grandi temi sui quali Giulio Paolini dichiara la sua affinità con Giorgio de Chirico.

Quando l’arte incontra l’estetica del videogame

Non ho mai detto che i video games siano un’arte” e queste parole ci riempiono di stupore visto che a pronunciarle è stato proprio Shigeru Miyamoto, uno dei padri fondatori della moderna industria dei video giochi nonché creatore di vere e proprie leggende elettroniche come Super Mario Bros e la serie di Legend of Zelda. La dichiarazione è stata resa nota ai microfoni dell’Associated Press la settimana scorsa quando Miyamoto è stato insignito del British Academy of Film and Television Arts Fellowship.

Ad esser sinceri, Miyamoto è un esempio di umiltà e dedizione, un game maker visionario che si è autoimposto di ricevere lo stesso stipendio dei suoi colleghi, senza facilitazioni di sorta. Il commento di Miyamoto rappresenta un atto di dissenso in un dibattito che ha infiammato l’industria dei videogiochi sin dai suoi primi anni di vita. Dalla campagna pubblicitaria dell’etichetta Electronic Arts che nel 1982 chiedeva al mondo: “Può un computer farti piangere?” ( e molti piansero al triste finale dell’avventura testuale sci-fi intitolata Planetfall della Infocom 1983) fino alla celebre dichiarazione di Rober Ebert del 2005 che rispondeva: “i videogiochi non potranno mai essere arte”, il merito artistico dei videogiochi ha tenuto banco tra professionisti, esperti del settore e semplici amanti dei videogiochi.

A New York le olimpiadi degli allestitori d’arte

Negli Stati Uniti, come nel resto del mondo, la crescita esplosiva del mercato dell’arte dell’ultima decade è stata incentivata da ricchi collezionisti, gallerie nuove di zecca e sfavillanti musei. Insomma sembrerebbe che durante la bolla speculativa del mondo dell’arte contemporanea, tutti negli States hanno mangiato tanto e bene. Ma gli ingranaggi ed il grasso che continuavano a far girare questa immensa macchina erano in realtà una massa di persone generalmente descritte come trasportatori ed allestitori.

Collaboratori molto meno glamour, sottopagati e non assicurati a cui in genere toccavano e toccano i lavori più sporchi. Questi eroi dell’arte sono praticamente invisibili in un mondo di colletti bianchi ma molti di loro sono giovani artisti che tentano di pagarsi le spese tra fatiche e sudore. La scorsa settimana però anche questi lavoratori instancabili hanno avuto i loro 15 minuti di gloria nel corso di uno stravagante evento tenutosi alla Ramiken Crucible Gallery di New York dove ha presenziato anche un folto pubblico di galleristi, curatori, critici, collezionisti artisti ed amanti dell’arte. L’evento in questione sono le prime Art Handling Olympics, una competizione dove si sono fronteggiati 12 teams formati da 4 persone che hanno dimostrato la loro abilità nello spacchettare ed installare una ricca quantità di opere d’arte (riproduzioni), divincolandosi in una densa nuvola di pluriball.

Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa, il Pritzker Prize 2010 al duo Sanaa

L’Associated Press ha diramato un comunicato dove si legge che Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa in arte Sanaa, duo di architetti giapponesi celebri per il loro uso di materiali di uso comune con cui sono soliti creare strutture eteree simili a rifugi da sogno, hanno vinto il prestigioso Pritzker Prize 2010 per l’architettura. Sejima,attualmente 54enne e Nishizawa, 44enni, vanno così a raggiungere una hall of fame che vanta già tra le sue fila nomi del calibro di Frank Gehry, Rem Koolhaas e Renzo Piano, archistars che hanno creato importanti progetti in tutto il mondo.

Tra i progetti del duo menzionati dalla giuria del Pritzker, figurano il Christian Dior Building situato nello shopping district di Tokyo che risponde al nome di Omotesando e il Glass Pavilion del Toledo Museum of Art. Tra i progetti che hanno fatto ricardere la scelta sul dinamico duo c’è anche quello del New Museum of Contemporary art di New York, il celebre edificio costituito da lastre di metallo che poggiano su una base di sfavillante cristallo.

Sarah Palin in un dipinto porno ed una tigre arrestata in galleria

 Il dipinto dell’artista inglese Jonathan Yeo raffigurante il politico britannico e leader del Partito Conservatore David Cameron è stato recentemente comprato da un ricco proprietario terriero per 200.000 sterline ma siamo sicuri  il prossimo progetto dell’artista non avrà la stessa fortuna. Yeo è infatti in procinto di ultimare un suo dipinto raffigurante l’ex governatore dell’Alaska ed avversario di Obama alle scorse elezioni presidenziali. Stiamo parlando ovviamente della chiacchierattissima Sarah Palin che nelle mani di Yeo diverrà un soggetto porno, o quantomeno la sua immagine sarà costituita da foto osè. L’artista ha dichiarato di aver creato il ritratto di Sarah Palin utilizzando alcuni ritagli Hardcore tratti da giornalini pornografici. “Credo che il dipinto sia il giusto riconoscimento per i repubblicani a cui tutti siamo grati per aver fottuto il mondo” ha dichiarato recentemente Yao mentre si trovava ad un party a Londra.

Ricordiamo che Yeo ha già scatenato le ire dei fans di George W. Bush per aver realizzato lo scorso anno un ritratto dell’ex presidente degli Stati Uniti assemblando delle immagini sempre tratte da riviste porno. Siamo quindi curiosi di vedere come ne uscirà fuori Sarah Palin.  Nel frattempo sempre a Londra la polizia ha acciuffato una tigre all’interno di una galleria d’arte. Certo voi tutti penserete ad una leggenda metropolitana come il coccodrillo nelle fogne di New York ma la ragione di questa cattura è tristemente reale.

Scienza ed arte in una mostra in 3D

 Nell’universo ci sono cose impossibili da comprendere come i buchi neri, l’anti-gravità e tutte quelle particelle subatomiche che sfrecciano attorno a noi. Riuscire a dare una forma alla grandiosità che ha concepito l’intero creato e noi con esso è un’ardua prova emozionale ed intellettuale, proprio come il serpente che morde la sua coda. Possiamo però cercare di dare una forma a quello che vediamo, al cosmo ed alla nostra coscienza e questo è l’obiettivo della mostra Ouroboros: The History of the Universe, collage di mandala, galassie, astronauti ed effetti 3-D che in questi giorni è possibile ammirare alla Ise Cultural Foundation di SoHo a New York (dal 9 marzo al 23 aprile).

Alla fondazione lo spazio è completamente buio e le proiezioni si estendono su sei grandi schermi, basta infilarsi gli ormai celebri occhialini 3d (ditemi cosa non è in 3d in questi ultimi mesi) e buttarsi a capofitto all’interno del cosmo. La mostra è stata creata da Ali Hossaini (biochimico, filosofo, produttore televisivo e poeta visivo) e due giovani video artisti che rispondono ai nomi di Blake Shaw e Bruno Levy, meglio conosciuto come Sweatshoppe, mago degli effetti tridimensionali. Ouroboros è un animale mitologico dell’antica Grecia, un serpente che si morde la coda simbolo di unità cosmica ed autosufficienza.

A Roma l’invasione de “I Mutanti”

Da martedì 30 marzo a domenica 6 giugno 2010, con il titolo collettivo de I Mutanti, saranno presentate a Villa Medici cinque mostre monografiche curate da Éric de Chassey, direttore dell’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici.

La mostra sarà inaugurata lunedì 29 marzo da una performance musicale del cantante e compositore franco-algerino Rachid Taha, tra i maggiori esponenti dell’odierno pop-raï. Lo scambio, il movimento, la circolazione dei popoli, delle idee, delle culture e dei suoni sono le basi sulle quali Rachid Taha ha costruito il suo percorso musicale, passando dal rock al raï, dal punk all’elettronica. Ha collaborato, in particolare, con Brian Eno, Mick Jones dei Clash, Steve Hillage, Rodolphe Burger, Gaëtan Roussel dei Louise Attaque, ecc.

Il Centro Pecci arriva a Milano

La sede storica del Centro Pecci di Prato è interessata da un grande progetto di ampliamento che porterà al raddoppio e al rinnovamento degli spazi (inaugurazione prevista nel 2012) mentre dal 14 aprile  apre a Milano, in concomitanza con il Salone del Mobile, una nuova sede. Un satellite ricavato da un ampio edificio di archeologia industriale nella zona dei Navigli, in Ripa di Porta Ticinese dove si alterneranno: esposizioni della collezione del Centro Pecci, mostre, presentazioni di progetti editoriali, opere site-specific. Un progetto ambizioso che porta a Milano una delle più interessanti collezioni d’arte contemporanea in Italia.

Lontani dall’idea di globalizzazione della cultura – secondo le parole di Marco Bazzini, direttore artistico del Pecci – “il vero motore del progetto di espansione del Centro Pecci a Prato e a Milano è la collezione permanente raccolta in oltre 20 anni. La possibilità di valorizzare le oltre 1350 opere d’arte contemporanea, potendole esportare, è per noi un’importante opportunità.” L’inaugurazione della sede del Museo Pecci Milano, sarà dedicata alla ricerca visiva di NIO architecten, autori del progetto di ampliamento della sede di Prato, di cui sarà proposta l’opera inedita Dark Matter (2010).

Il “grande cerchio nero” di Richard Serra

Il 9 aprile la Gagosian Gallery di Roma inaugura Greenpoint Rounds, una nuova serie di grandi lavori su carta di Richard Serra. Nel corso della sua carriera artistica, Serra ha realizzato disegni non come fasi preparatorie per le opere scultoree, bensì come distinti, immediati, ed essenziali percorsi di ricerca nei quali l’intenzione si traduce in segno. I suoi disegni sono vere e proprie esplorazioni, ricerche autonome ed intuitive dai criteri definiti e, al contempo, parti integranti della ricerca scultorea dell’artista.

Serra inizia a lavorare su Greenpoint Rounds nella primavera del 2009. In questi lavori su larga scala, ciascuno lungo due metri per lato, un grande cerchio nero emerge dalla superficie pesante della carta. L’artista usa il “paintstick”, un pastello ad olio puro: scaldandolo fino a ridurlo a stato viscoso o addirittura liquido, costruisce lentamente forme dense ed irregolari. Ognuna di queste opere possiede così una propria superficie, risultando struttura tangibile piuttosto che semplice piano, e rivelando un carattere ed una energia individuali.

Stefano Arienti da Massimo Minini di Brescia

La galleria Massimo Minini di Brescia presenta dal 10 aprile al 22 maggio 2010 la quinta mostra personale di Stefano Arienti (nato ad Asola, Mantova nel 1961. Vive e lavora Milano) incentrata su una riflessione del tutto personale sui concetti di decorazione e pittura, quest’ultima mostra ci svela solo rappresentazioni di paesaggio e natura.

Punto di partenza dell’artista sono immagini preesistenti, poster fotografici stampati in offset acquistati in un colorificio come tappezzerie, che vengono manipolati e assemblati grazie a cuciture fatte a macchina. In alternativa Arienti utilizza anche sue fotografie che diventano la traccia da percorrere per l’utensile meccanico che andrà ad incidere, segnare, disegnare la pietra.
Nel primo caso l’azione sulla carta ne cambia la consistenza conferendo alle opere un inatteso aspetto materico, segnato dalle imperfezioni causate dalla macchina da cucire, che traccia fili colorati della stessa tinta presente nell’immagine oppure cuce senza filo una semplice traforatura.