
“La terra ferma tutto”, in questa semplice affermazione oltre ad una riflessione sull’interazione gravitazionale, Bas Jan Ader focalizza l’attenzione sull’aspetto drammatico e perfetto dell’esperienza umana. Nato il 19 aprile del 1942 a Winschoten, in Olanda, questo grande artista concettuale ha riempito le sue performance ed i relativi video con un estrema fisicità, rendendo tangibili alcuni concetti astratti come la disperazione e la tristezza della perdita, la capitolazione ed il conseguente ritorno alla madre terra.
Difficile restare impassibili di fronte a I’m too sad to tell you (1971), video in cui l’artista, in primissimo piano, piange di fronte alla telecamera, come è impossibile non meravigliarsi di fronte alla lucida capitolazione di Fall I, Los Angeles e Fall II, Amsterdam (entrambe 1970) dove il performer si getta rispettivamente da un tetto di una casa e dentro un canale di Amsterdam con una bicicletta. Non si tratta solamente di immagini di una fine ma anche dell’ostinazione di un voler raccontare un qualsiasi accadimento improvviso all’interno della vita di tutti i giorni, di una ferma decisione di lasciarsi andare alle leggi della fisica.





Con la mostra The Panza Collection. Conceptual Art, il Mart di Rovereto rende omaggio ad uno dei piu’ grandi collezionisti internazionali del secondo dopoguerra, di recente scomparso: Giuseppe Panza di Biumo, grande sostenitore del Mart fino dalla metà degli anni Novanta, e tra i primi collezionisti ad aver concesso parte del loro patrimonio in deposito a lungo termine al Museo.

Vancouver non è solo una città che sta ospitando le olimpiadi invernali ma un crocevia importante per l’arte contemporanea ed in special modo per l’arte concettuale. C’è da dire che la città è anche piena di pubs dove è possibile gustare ottime birre. Ad unire le due cose ci ha pensato Theo Sims, artista britannico, che ha pensato di costruire un’installazione dal titolo Candahar nel mezzo del Playwrights Theater. L’opera è in soldoni un grande container di legno che vorrebbe riprodurre un pub di Belfast.

16 anni sono passati da quando il MoMa ha presentato l’innovativa creatività dell’artista concettuale Gabriel Orozco al grande pubblico. Con la sua natura ironica e lirica l’artista si oppose alla natura monumentale dei trend artistici degli anni ’80 mediante una ridefinizione del concetto di bellezza e focalizzando l’attenzione su dettagli inaspettati, memorie quotidiane ed esperienze personali. In questi giorni (precisamente dal 13 dicembre 2009 al 1 marzo 2010) la celebre istituzione museale newyorchese ha deciso di dedicare un’importante retrospettiva al genio dell’artista messicano classe 1962 intitolandola semplicemente Gabriel Orozco.
