Bas Jan Ader, una caduta infinita


“La terra ferma tutto”, in questa semplice affermazione oltre ad una riflessione sull’interazione gravitazionale, Bas Jan Ader focalizza l’attenzione sull’aspetto drammatico e perfetto dell’esperienza umana.  Nato il 19 aprile del 1942 a Winschoten, in Olanda, questo grande artista concettuale ha riempito le sue performance ed i relativi video con un estrema fisicità, rendendo tangibili alcuni concetti astratti come la disperazione e la tristezza della perdita, la capitolazione ed il conseguente ritorno alla madre terra.

Difficile restare impassibili di fronte a I’m too sad to tell you (1971), video in cui l’artista, in primissimo piano, piange di fronte alla telecamera, come è impossibile non meravigliarsi di fronte alla lucida capitolazione di Fall I, Los Angeles e Fall II, Amsterdam (entrambe 1970) dove il performer si getta rispettivamente da un tetto di una casa e dentro un canale di Amsterdam con una bicicletta. Non si tratta solamente di immagini di una fine ma anche dell’ostinazione di un voler raccontare un qualsiasi accadimento improvviso all’interno della vita di tutti i giorni, di una ferma decisione di lasciarsi andare alle leggi della fisica.

Il futuro dell’arte è il concettuale? vedremo

Nel 1965 Joseph Kosuth realizzò l’opera Una e tre sedie che comprendeva una vera sedia, una sua riproduzione fotografica ed un pannello su cui era stampata la definizione della parola sedia. Con tale azione l’artista voleva far riflettere lo spettatore  sulla relazione tra immagine e parola, in termini logici e semiotici. Prima di Kosuth, Marcel Duchamp con la sua celebre opera Fontana del 1917 aveva già gettato le basi per il futuro sviluppo dell’arte concettuale.

Chissà però se Duchamp prima e Kosuth poi si saranno mai fermati a pensare all’enorme influenza della loro creatività nel mondo dell’arte strettamente contemporanea. L’escalation dell’arte concettuale infatti sembra divenuta inarrestabile, è oramai cosa consona recarsi ad una mostra in galleria, ad una fiera o ad una biennale d’arte e trovarci dentro un enorme quantitativo di opere costituite da oggetti assemblati a caso e installazioni ermetiche ed alquanto pretestuose. L’escalation del concettuale ha però perso per strada la spinta provocatoria e rivoluzionaria degli inizi oltre che una certa dose di filosofia dettata da una ricchezza culturale ed in certi casi spirituale.

Il Guggenheim. L’avanguardia americana 1945–1980

Il Guggenheim. L’avanguardia americana 1945–1980 illustra gli snodi principali dello sviluppo dell’arte americana in un periodo di grandi trasformazioni nella storia degli Stati Uniti: un’epoca segnata da prosperità economica, rivolgimenti politici e conflitti internazionali, oltre che da progressi sostanziali in ambito culturale.

La mostra che inaugura il 7 febbraio a Palazzo delle Esposizioni di Roma prende le mosse dagli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, quando gli Stati Uniti si affermarono come centro globale dell’arte moderna e l’ascesa dell’Espressionismo astratto iniziò ad attrarre l’attenzione internazionale su una cerchia di artisti attivi a New York. A partire da quel momento, nell’arte americana si assiste a una straordinaria proliferazione delle pratiche estetiche più diverse: dall’irriverente entusiasmo della Pop art per l’immaginario popolare fino alle meditazioni intellettualistiche sul significato dell’immagine che caratterizzano l’Arte concettuale negli anni sessanta; dall’estetica scarnificata del Minimalismo alle sgargianti iconografie del Fotorealismo negli anni settanta. Pur producendo opere profondamente diverse tra loro, tali movimenti furono accomunati da un impegno sostanziale ad indagare la natura intrinseca, il senso e le finalità dell’arte.

LAWRENCE WEINER – EVER SO MUCH / MAI COSÌ TANTO

Lawrence Weiner, figura centrale tra i fondatori della Conceptual Art, interviene nello spazio di Base con nuove installazioni sui muri di grande formato. E’ la prima mostra personale di Weiner a Firenze e in Toscana, che segna l’inizio del quattordicesimo anno di attività dello storico spazio non profit.

Lawrence Weiner, nato nel 1942, vive e lavora tra New York ed Amsterdam, ha formulato il suo lavoro, sin dal 1967, ricorrendo al linguaggio piuttosto che a medium tradizionali quali la pittura o la scultura, considerando esso stesso un oggetto materiale. Nel linguaggio, l’artista americano trova uno strumento per la rappresentazione materiale dei rapporti del mondo esterno eliminando tutti i riferimenti alla soggettività artistica, tutte le tracce della mano dell’artista, la sua abilità, o il suo gusto. Utilizzando, dove possibile, simboli semantici e grammaticali, egli ha articolato il suo lavoro in termini inequivocabilmente diretti.

Serena Korda trasforma la polvere e i peli di gorilla in arte

L’arte contemporanea di questi ultimi tempi non manca mai di stupirci. Dobbiamo dire che per tentare di porsi oltre i loro stessi limiti, gli artisti di tutto il mondo si riescono sempre ad adottare soluzioni a dir poco fantasiose e decisamente bizzarre. L’ultima in ordine di tempo è quella di Serena Korda che ha deciso di trasformare la polvere in mattoni per una sua nuova mostra alla Wellcome Collection di Londra (in visione dal prossimo 24 marzo fino al 31 agosto 2011).

All’evento saranno presenti circa 500 mattoni fatti a mano con argilla rossa ed ovviamente della comune polvere casalinga all’interno della quale può trovarsi di tutto, dalla cenere ai capelli, dai peli di gatto alle particelle di pelle fino a giungere ai peli di gorilla. Il procedimento di Serena Korda è alquanto semplice, l’artista ha infatti promosso amici e familiari al rango di donatori di polvere.

Joseph Kosuth – Texts for Nothing. Samuel Beckett in play

La galleria Lia Rumma di Milano inaugura il 12 novembre la mostra personale di Joseph Kosuth dal titolo Texts for Nothing’ Samuel Beckett, in play.

L’installazione ‘Texts for Nothing’ Samuel Beckett, in play è basata su una selezione di frasi, in inglese e in italiano, tratte da ‘Texts for Nothing’ di Samuel Beckett e composta da 19 opere singole realizzate in neon bianco a luce calda e ricoperte di nero. I ‘Texts for Nothing’ sono stati per anni sottovalutati dai critici più importanti dell’opera di Beckett, considerati al margine del filone principale della sua produzione e raramente inseriti nelle antologie dei suoi lavori. Se in passato questi testi sono stati ritenuti spesso una pausa nell’opera di Beckett, per Kosuth al contrario rappresentano la quintessenza del lavoro del drammaturgo irlandese, un esempio perfetto della sua eccezionale integrità artistica.

John Baldessari alla Fondazione Prada

La Fondazione Prada e’ lieta di annunciare la prossima mostra dedicata all’artista John Baldessari (1931, National City, CA) che si terrà in via Fogazzaro 36 a Milano dal 29 ottobre 2010 al 31 dicembre 2010. Per la Fondazione Prada l’artista californiano ha concepito un progetto totalmente inedito, dal titolo “The Giacometti Variations”. Consiste in una serie di enormi figure, alte circa 4,5 metri, ispirate all’immaginario dello scultore svizzero, che saranno abbigliate e accessoriate con oggetti e con vestiti, disegnati da Baldessari stesso, al fine di formare, seppure immobili, un’ipotetica sfilata. Un’ipotesi di integrazione che tende a captare le valenze di un dialogo tra arte e moda, dove l’osmosi tra mannequin e entità scultorea diventa una dichiarazione di reciproca attrazione e comunicazione.

La logica del progetto e’ cosi’ descritta dall’artista stesso: “Ho sempre voluto fare quadri e sculture alti. Sospetto che sia perche’ io sono piuttosto alto. Ho avuto poche opportunità poiche’ la maggior parte delle gallerie hanno muri la cui altezza rispecchia quella dei muri nelle case dei collezionisti. Alcuni anni fa, sono stato invitato ad esporre presso l’Haus der Kunst, a Monaco di Baviera. Dato che l’ingresso li’ e’ estremamente alto, ho cominciato a pensare a lavori alti che potessero catturarne lo spazio.

Il Museo Privato. La passione per l’arte contemporanea nelle collezioni bergamasche

Dedicare una mostra al collezionismo d’arte contemporanea della città di Bergamo e del suo territorio, a vent’anni dall’apertura della GAMeC, significa esplorarne le ‘potenzialità nascoste’ e scoprirne l’inaspettata ricchezza.

La mostra – curata da Giacinto Di Pietrantonio e Maria Cristina Rodeschini – inaugura il 5 ottobre e intende presentare quanto e in che modo il quadro culturale della città si sia sviluppato dal 1991, anno di apertura della GAMeC, attraverso una selezione delle opere d’arte contemporanea acquisite dai collezionisti di Bergamo e del suo territorio tra il 1980 e il 2010; si propone inoltre di aggiornare la ricerca su quell’arte che ha dato il meglio di sé, a partire dalla fine anni Sessanta con le correnti dell’Arte Povera e Concettuale prima e della Transavanguardia poi, per passare alla fine della modernità e al successivo postmodernismo. In tal modo si intende evidenziare le ragioni di fondo che ispirano le scelte e la visione del collezionista, figura illuminata che si dedica all’arte con passione, dedizione e generosità.

The Panza Collection. Conceptual Art al Mart di Rovereto

 Con la mostra The Panza Collection. Conceptual Art, il Mart di Rovereto rende omaggio ad uno dei piu’ grandi collezionisti internazionali del secondo dopoguerra, di recente scomparso: Giuseppe Panza di Biumo, grande sostenitore del Mart fino dalla metà degli anni Novanta, e tra i primi collezionisti ad aver concesso parte del loro patrimonio in deposito a lungo termine al Museo.

La mostra, programmata e progettata da Gabriella Belli insieme a Giuseppe Panza nel 2008, vedrà la luce nella formulazione originale pensata dallo stesso collezionista, che, come e’ noto a coloro che hanno avuto l’onore di lavorare con lui, ha sempre progettato fin nei minimi dettagli tutte le esposizioni dedicate ai lavori della sua vastissima collezione. L’idea di una mostra che avesse come oggetto le opere di arte concettuale presenti nella sua collezione, e’ nata dall’esigenza – con lui condivisa – di ripensare al deposito a lungo termine attualmente presente in museo, selezionando alcune nuove opere, con particolare riferimento all’arte concettuale, tendenza piu’ che mai attuale.

Arakawa e l’arte contro la morte

Arakawa è stato uno dei più raffinati e poetici artisti dell’epoca contemporanea. Assieme a sua moglie, Madeline Gins, l’artista ha esplorato il concetto di mortalità, creando opere intese a fermare l’invecchiamento ed ingannare la morte. La filosofia personale dei due coniugi prende il nome di Reversibile Destiny (destino reversibile) ed i due hanno cercato di espanderla negli anni all’interno delle loro produzioni, tra libri, poemi, dipinti ed occasionalmente edifici.

La loro più recente opera architettonica è infatti la Bioscleave House di Long Island, un’abitazione del tutto inconsueta dipinta con vernici che spaziano su ben tre dozzine di tinte. La casa possiede un pavimento incredibilmente ripido che forza gli ospiti a rotolare (per così dire) in cucina. I diversi livelli della villa donano una sensazione di spaesamento, come se ci si trovasse in due differenti posti in una sola volta.

In Canada ci si ubriaca di arte contemporanea

 Vancouver non è solo una città che sta ospitando le olimpiadi invernali ma un crocevia importante per l’arte contemporanea ed in special modo per l’arte concettuale. C’è da dire che la città è anche piena di pubs dove è possibile gustare ottime birre. Ad unire le due cose ci ha pensato Theo Sims, artista britannico, che ha pensato di costruire un’installazione dal titolo Candahar nel mezzo del Playwrights Theater. L’opera è in soldoni un grande container di legno che vorrebbe riprodurre un pub di Belfast.

Arte Fiera Art First ai nastri di partenza

Arte Fiera Art First, nel corso delle trentaquattro edizioni, ha consolidato il suo ruolo di più importante e completa fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea in Italia, attraverso un sempre più forte coinvolgimento delle migliori gallerie, sia storiche che di ricerca. Nell’ambito del panorama artistico internazionale Arte Fiera Art First conferma la sua costante attenzione per la promozione dell’arte italiana dall’inizio del Novecento, agli anni ‘50 fino ai movimenti contemporanei, con artisti riconosciuti nello scenario mondiale.

Un parterre unico per scoprire maestri storici come Carlo Carrà, Felice Casorati, Giorgio de Chirico, Gino Severini, accanto all’arte concettuale di Enrico Castellani, Agostino Bonalumi e Vincenzo Agnetti, o ai movimenti di arte informale di Giuseppe Capogrossi, Alberto Burri e Emilio Vedova; lo Spazialismo di Lucio Fontana fino ai poveristi Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Pier Paolo Calzolari, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto e Gilberto Zorio – al quale il Museo d’Arte Moderna di Bologna dedica un’importante antologica fino al 17 febbraio 2010 – accanto ai rappresentanti della Transavanguardia.

Il Moma celebra Gabriel Orozco, genio dell’inaspettato

 16 anni sono passati da quando il MoMa ha presentato l’innovativa creatività dell’artista concettuale Gabriel Orozco al grande pubblico. Con la sua natura ironica e lirica l’artista si oppose alla natura monumentale dei trend artistici degli anni ’80 mediante una ridefinizione del concetto di bellezza e focalizzando l’attenzione su dettagli inaspettati, memorie quotidiane ed esperienze personali.  In questi giorni (precisamente dal 13 dicembre 2009 al 1 marzo 2010) la celebre istituzione museale newyorchese ha deciso di dedicare un’importante retrospettiva al genio dell’artista messicano classe 1962 intitolandola semplicemente Gabriel Orozco.

All’interno della mostra sarà possibile ammirare una vasta collezione di opere dell’artista, alcune delle quali sono divenute estremamente popolari tra gli appassionati d’arte di tutto il globo. Pezzo forte della mostra è la scultura intitolata La DS del 1993, un’automobile della citroen (una ds per l’appunto) chirurgicamente ridotta di tre terzi. La mostra presenta anche un’altra celebre opera di Orozco, si tratta di Black Kites del 1997, costituita da un teschio umano coperto da una griglia di grafite. Gran parte delle opere sono in mostra per la prima volta a New York e offrono una vasta prospettiva del lavoro dell’artista dai piccoli oggetti, sino ai dipinti ed ai lavori su carta.

Rudolf Stingel curatore della mostra di Sol LeWitt alla Galleria Massimo De Carlo di Milano

Il 27 gennaio 2010 la Galleria Massimo De Carlo di Milano inaugura una mostra di Sol LeWitt curata da Rudolf Stingel. L’artista italiano, per la prima volta nelle vesti di curatore, si cimenta con uno dei maestri dell’arte minimalista e concettuale, coinvolgendo nell’allestimento tutti gli spazi della galleria.

Rudolf Stingel decide di proporre, nelle tre sale della galleria, cinque wall drawings di grandi dimensioni, tutti giocati sul contrasto bianco/nero e realizzati con matite, pastelli o china: una serie di stelle grigie su sfondo nero, le cui punte aumentano progressivamente da tre a nove (Wall Drawing #386); archi neri che si susseguono su due pareti bianche contigue (Wall Drawing #546); linee, orizzontali su una parete e verticali su quella opposta, disegnate a matita, a mano libera, che sembra che si intersechino ma che in realtà non si toccano mai (Wall Drawing #137); quattro parti uguali di un quadrato in quattro diverse gradazioni di grigio, dal più chiaro al più scuro(Wall Drawing #365); forme bianche di polistirolo applicate su una parete grigia (White styrofoam on a gray wall).