Il futuro che non vogliamo parte 1

Quale potrebbe essere la ricetta migliore per salvare il mondo della cultura del nostro amato italico stivale? Difficile a dirsi, la risposta migliore potrebbe essere quella di abbandonare la nave, pratica molto in voga di questi ultimi tempi ed ormai largamente digerita da pubblico e media.

Affondare assieme alla nave era un tempo un atto dovuto, un’azione equiparabile a quella di un samurai che compie il nobile rituale del seppuku, togliendosi definitivamente la vita innanzi ad un’onta irreparabile. L’ultimo samurai della storia moderna è stato Yukio Mishima, illustre letterato giapponese che si tolse volontariamente la vita in diretta televisiva nel 1970 al grido di: “Dobbiamo morire per restituire al Giappone il suo vero volto!”.

60 milioni di critici

60 milioni di allenatori, tutti quanti ultra competenti, che sono soliti parlar di sport dalle loro comodissime poltrone casalinghe. Questo, in sostanza, è il ritratto di noi italiani, popolo di santi, poeti e navigatori ma soprattutto di saccenti pigroni, pronti a sputar sentenze su chi invece ha il difetto di tentare un movimento all’interno dell’immobilità generale.

Per quanto riguarda il nostro dorato mondo dell’arte contemporanea, le cose non cambiano poi tanto, siam sempre 60 milioni di curatori, direttori, critici e giornalisti. Se si assiste al triste decadimento di una struttura museale pubblica, si è subito pronti a chiamare in causa l’incapacità dei direttori e l’insipienza dei curatori, sbandierando ai quattro venti una varietà di soluzioni che avrebbero definitivamente salvato quella povera struttura.

MiArt, la fiera che reinventa la sagra di paese

Alla vigilia del sostanziale fiasco della scorsa edizione di Arte Fiera Bologna, con la relativa fuga/cacciata che dir si voglia della patron storica Silvia Evangelisti, molte gallerie assenti avevano dichiarato a popolo e paese di voler puntare tutto su MiArt, kermesse meneghina a loro parere meglio organizzata e soprattutto più prestigiosa in ambito internazionale. In realtà, dopo un nostro passaggio all’edizione 2012 della fiera, ci siamo resi subito conto che prestigio e caratura internazionale non sono caratteristiche attribuibili a MiArt.

La cartina al tornasole di quanto precedentemente affermato risiede proprio nella selezione delle gallerie partecipanti, un buon 80% delle stesse gioca in casa. Difficile far passare per internazionale una fiera cui partecipano quasi esclusivamente gallerie locali, tra tutti gli attacchi subiti da Arte Fiera Bologna non si può certo metter in dubbio la sua aura nazionalpopolare.

Tutti i Tumblr dell’arte contemporanea

Tumblr è il social network di short blogging che circa un anno ha fatto registrare un boom di utenze senza precedenti. Centro delle attività degli utenti su Tumblr è la così detta dashboard. È da qui infatti che parte gran parte delle attività. La creazione dei post è facilitata da moduli diversi che avviano una procedura diversa a seconda che si voglia pubblicare un testo, una immagine, una citazione, un link, una conversazione, un file sonoro e un filmato. Inutile aggiungere che con queste premesse, Tumblr è praticamente perfetto per l’arte contemporanea. Noi vorremmo quindi pubblicare una lista di risorse internazionali d’arte, disponibili su piattaforma Tumblr. Ma bando alle ciance a vai col tango:

Magazines

Hyperallergic

ART INFO

Artlog

Guernica Magazine

Back Catalogue

BOMB Magazine

Art List Pro

Paperdarts

Il remix, la nuova moda dell’arte

La battaglia legale che ha visto come protagonisti il fotografo Patrick Cariou e l’artista Richard Prince, colpevole di avergli soffiato alcune immagini della serie Canal Zone, ha tenuto banco per tutta la durata dello scorso anno. Anzi a dirla tutta la quaestio è divenuta un vero e proprio caso di studio, tanto che negli ultimi giorni la New York Law School ha organizzato una lecture di tre ore sul copyright infringiment, vale a dire sulla violazione delle leggi sul copyright.

Tra i vari punti trattati si è parlato di quando e come è possibile definire l’appropriazione indebita di opere protette dalle leggi sui diritti d’autore. La cosa è in realtà abbastanza facile in certi casi, anche perché prendendo ad esempio le foto di Richard Prince era assai semplice notare la palesemente scopiazzatura. Ma anche il nostro Shepard Fairey si è impegnato alla grande con il suo Hope poster per la campagna presidenziale del presidente Obama. In quel frangente lo street artists più falso del mondo aveva preso in prestito una foto dell’Associated Press.

Ann Veronica Janssens alla galleria Alfonso Artiaco

Ann Veronica Janssens per la sua terza personale, le precedenti nel 2007 e nel 2010, alla galleria Alfonso Artiaco di Napoli presenterà nuovi lavori scultorei nella grande sala ed una selezione di video nel Project Space della galleria.

La pratica artistica di Ann Veronica Janssens può essere definita come un viaggio esplorativo nell’esperienza sensoriale della realtà. Mediante l’utilizzo di dispositivi e materiali diversi, installazioni, proiezioni e sculture, questa mostra invita lo spettatore a varcare la soglia di un nuovo spazio sensoriale. Fortemente ispirata dai processi cognitivi, l’artista propone opere dal carattere effimero e fragile che, attraverso l’uso dello spazio e la distribuzione di luce, colore e superfici traslucide o riflettenti, rivelano l’instabilità della nostra percezione del tempo e dello spazio. Proprietà della materia (lucentezza, leggerezza, trasparenza, fluidità) e fenomeni fisici (riflessione, rifrazione, prospettiva, equilibrio, onde) sono rigorosamente studiati per la loro capacità di destabilizzare il concetto stesso di materialità. 


Reversibility alla Peep Hole di Milano

 

“La storia della de-creazione ci ricorda che l’arte è anti-tecnica. Se ho organizzato questo concetto come una sorta di ‘teatro’, non è solo per estendere l’idea di teatro della defigurazione, descritta da Jaques Rancière nella sua storia della pittura astratta, a tutte le pratiche artistiche, ma è anche per dimostrare la reversibilità di creazione e de-creazione che sono parte dell’opera in ogni circostanza, sia nel momento in cui il processo creativo si qualifica come opera d’arte, sia in quello del suo declassamento a prodotto/feticcio culturale.

La ‘Reversibilità’ del titolo fissa le basi di questo pensiero al quale Marcel Duchamp, molto tempo fa, ha proposto una soluzione in forma di domanda: ‘È possibile fare opere che non siano arte?’. ‘Reversibility – A Theatre of De-Creation’ inverte i termini di questa affermazione chiedendosi: ‘È possibile fare arte che non sia un’opera?’” (PBB)

Un festival per risollevare l’Egitto

l’11 febbraio 2011. Piazza Tahrir, al Cairo, luogo simbolo delle rivolte delle settimane precedenti, accoglie con manifestazioni di giubilo l’annuncio del vicepresidente Omar Suleiman delle dimissioni da presidente egiziano, (dopo trent’anni di lunga dittatura), di Hosni Mubarak. Prima di questo lieto evento, sangue e violenza hanno macchiato la rivolta del popolo egiziano. Una spirale di tensione che ha conosciuto sviluppi drammatici, sfociando in aspri scontri che hanno provocato numerose vittime tra manifestanti, poliziotti e militari.

Oggi, dopo questi fatti, l’Egitto prova a rialzare la testa e lo fa grazie al mondo dell’arte. In questi giorni è infatti partito il  Downtown Contemporary Arts Festival, primo evento culturale organizzato in Egitto dalla caduta di Mubarak. Il festival è partito lo scorso 29 marzo e si protrarrà fino al prossimo sabato 14 aprile.

Tagliamo qualche museo per far respirare i musei

Dalle nostre parti l’arte contemporanea sembra un tantino in affanno. Difficile raggranellare i fondi per organizzare mostre dignitose in spazi pubblici, anzi a dirla tutta è già sin troppo difficile tenerli in piedi questi sacrosanti spazi pubblici. Ed allora cosa fare per tentare di sbarcare il lunario e finanziare al meglio i poli culturali del nostro martoriato stivale? La risposta giusta potrebbe suonarvi un tantino polemica, visto che una ricetta ideale sarebbe quella di chiudere qualcuno di questi hub culturali.

Chissà quanti di voi saranno sul punto di sguainare la spada al solo udir tali scellerate parole. Eppure, signori miei, se i soldi non si trovano bisogna organizzare bene le cose, bisogna innanzitutto concentrare gli sforzi sui grandi musei nazionali che già da diverso tempo non ospitano mostre di caratura internazionale. In seguito, come si era già detto, bisognerebbe tagliare qualche testa.

Nate Lowman – Swiss Cheese and The Doors: A One Night Stand

La mostra personale dell’artista americano Nate Lowman Swiss Cheese and The Doors: A One Night Stand inaugura l’11 aprile presso la galleria Massimo De Carlo a Milano. Rispecchiando i diversi flussi di pensiero dell’artista, nella sua prima personale a Milano sono presenti circa quaranta nuovi lavori, organizzati in una narrazione sperimentale attraverso gli spazi della galleria.
Nel corso di diversi anni di carriera prolifica, che vede la sua partecipazione a mostre collettive e personali presso le principali sedi espositive dedicate all’arte contemporanea di New York, Oslo, Londra, Roma e Hydra, Lowman affina tecniche e approfondisce temi che vengono ora sviluppati e riproposti.

L’artista è solito prelevare ritagli di immagini da una collezione, tuttora in corso, di giornali e riviste, cose trovate online, per la strada o nel suo studio. I suoi dipinti, così particolareggiati da sembrare stampati, sono in realtà creati attraverso l’utilizzo di pittura alchidica o ad olio, utilizzando come supporto il lino o la tela. Attraverso i suoi lavori Lowman esprime il potenziale metonimico delle immagini, creando un perfetto parallelismo tra visione iconica della rappresentazione e ricerca di differenti livelli di significato personali, culturali e storici.

ALESSANDRO ROMA – Il sole mi costrinse ad abbandonare il giardino

Brand New Gallery di Milano inaugura l’11 aprile Il sole mi costrinse ad abbandonare il giardino, mostra personale di Alessandro Roma, primo artista italiano ospitato ad esporre nell’intero spazio della galleria. Il giardino è un luogo magico, di concezione antichissima, che porta con sé una metamorfosi perenne nella costruzione e nel significato, in cui l’uomo crea un punto d’incontro e di perfetta armonia con la natura. Ciò che resta inalterata nel tempo è la visione paradisiaca di questo luogo incantato e fertile, Eden cercato e ricreato dall’uomo sulla terra (basti pensare che gli antichi Persiani chiamavano il giardino pairi-daeza). A differenza di un paesaggio che si apre a chi lo osserva, il giardino per essere scoperto deve essere attraversato, esplorato, scrutato a fondo, in quanto è celato nel suo recinto che ne determina e custodisce la forma.

Questo genere di approccio è la chiave per comprendere le opere di Alessandro Roma ospitate presso lo spazio milanese, che suggeriscono allo spettatore una catarsi e una predisposizione mentale attraverso cui calarsi nelle forme che si intersecano, in un collage di ricordi e nelle suggestioni che prendono vita sulla superficie scultorea e pittorica. Il tema del giardino è preso in considerazione solo idealmente e non in modo documentaristico, allo stesso modo in cui Paul Klee per lunghi anni ha affrontato nella sua pittura l’archetipo del giardino, pur senza mai descriverlo nella sua forma realistica, o come Monet, che addirittura giunse a realizzarne uno vero e proprio alle porte di Parigi che divenne il principale soggetto del suo studio. Alessandro Roma nel suo lavoro restituisce la duplice forma del paesaggio e del giardino, completezza e frammento, di uno spazio definito che custodisce al suo interno elementi di richiamo che non sono però di immediata assimilazione. La pittura vive in equilibrio tra figurazione ed astrazione, la scultura restituisce al contempo forme antropomorfe e la memoria di contenitori atavici di elementi naturali, mentre i collages si configurano come bozzetti che tracciano visioni surreali.

L’arte contemporanea ed i polli da spennare

 Leggevo proprio oggi su Repubblica un articolo sulla truffa dei finti casting. Si tratta di un giro da milioni di euro l’anno che incastra puntualmente 100 ragazzi i quali vorrebbero sfondare nel mondo dello spettacolo. Il trucco è semplice, le agenzie di casting si fanno pagare qualche migliaio di euro per iscrivere i giovani nelle loro liste e produrre un book fotografico.

 Poi, promesse a parte, non succede un bel niente. L’italiano si sa è sognatore ed ha le sue manie di protagonismo, tutti vorrebbero essere divi del cinema o star della televisione, far leva su questi sogni da poveri illusi è un gioco da ragazzi. Esistono poi centinaia di case editrici che promettono di farvi diventare i nuovi Dan Brown o Stephen King e voi che da tanti anni avete un libro chiuso nel cassetto non vedete l’ora di farvelo pubblicare.

100³ – L’Art Hotel Gran Paradiso di Sorrento apre le sue stanze all’arte contemporanea

L’Art Hotel Gran Paradiso di Sorrento giunge a definire la propria identità per offrire lo spazio dell’albergo di famiglia ad una riflessione più ampia sul ruolo svolto dalle collezioni private e sulle loro potenzialità di sviluppo in relazione al pubblico ed al proprio contesto. 100³: 100 anni, 100 stanze, 100 artisti racchiude nel titolo la lungimirante ambizione di costituire un punto di riferimento per il territorio campano, rinnovando annualmente l’appuntamento con un programma di attività espositive e dialogo diretto tra i visitatori e i protagonisti della scena artistica internazionale.

Per l’edizione 2012, l’inaugurazione sarà, infatti, occasione di un imperdibile confronto, lungo tutto il week-end, con artisti, galleristi e critici d’arte, invitati ad offrire il loro eccezionale punto di vista sulle piccole personali allestite in ogni stanza. In una giornata un po’ diversa dal solito, in una carambola di Arte, Musica e Poesia, muse dionisiache che, come si vuole, s’accompagnano a satiri, baccanti, vino e delizie. Tra esse verrà inaugurata, inoltre, l’installazione site-specific di Nicola Gobbetto, vincitore del concorso dello scorso anno su valutazione del pubblico e quindi impegnato in una serie di attività rivolte a creare un legame tra la produzione artistica ed i luoghi in cui essa viene concepita.