Eva Hesse, minimalismo con sentimento

Tra le fredde emozioni offerte dalla grandi stagioni del minimalismo e del post-minimalismo vi è forse un recondito anfratto empio di rovente sentimento, di lirismo ed introspezione che se si oppone all’asetticità ed alla rigidità plastica delle forme. Questo delicato involucro interno è costituito dalle opere di Eva Hesse, grande protagonista del contemporaneo scomparsa a soli 34 anni nel 1970 ma capace di influenzare le nuove leve creative.

Eva Hesse nel corso della sua breve carriera artistica ha contribuito a cambiare per sempre il modo di approcciarsi alla pratica scultorea avvalendosi di materie all’epoca poco utilizzate e sperimentate come la gomma, le resine, il poliestere, il lattice ed altre materie plastiche. L’estrema duttilità degli elementi utilizzati, assieme ad un ferreo e pragmatico controllo degli stessi, permisero all’artista di realizzare installazioni in bilico tra forme organiche e presenze eteree, opere ibride che evocano tensioni tra contrari: caos e ordine, materiale ed immateriale, spazio positivo e negativo.

Douglas Huebler, il Grande Correttore

Il mondo è pieno di oggetti, più o meno interessanti; Io non voglio aggiungerne altri”, una frase emblematica questa dell’artista statunitense Douglas Huebler (1924 – 1997), partito dall’espressionismo astratto ed approdato a seminali ricerche concettuali, basate su di una commistione tra fotografie ed interventi testuali provenienti da una mitologia squisitamente personale. La sua affermazione, citata all’inizio di questo articolo, risulta ancor più attuale in tempi di sistematica iperproduzione di immagini.

Anche Huebler produceva immagini ma il suo intento non era quello di aggiungerle alla massa pregressa, quanto quello di utilizzare la macchina fotografica come un crudo attrezzo che copia la realtà, che serve solo per documentare un qualsivoglia fenomeno gli si presenti davanti. Nel far questo Huebler ha evitato una scelta estetica focalizzando la sua attenzione sull’essenza dei fenomeni. Ed è così che l’artista ci spinge ad ammirare la realtà degli oggetti all’interno di uno specifico sistema, senza tentare di aggiungerne altri, sottraendo semmai gli stessi all’ambiente circostante.

Ammirare il mondo con gli occhi di un cubista

Vorremmo citare qui sotto alcune riflessioni del nostro beniamino inglese Jonathan Jones, stimato ed irriverente critico che sovente citiamo nel nostro blog. Stavolte Jones compie alcune interessanti riflessioni sul cubismo:

Ammirare un’opera cubista è uno dei rari piaceri della vita. Raro perché è qualcosa che non capita molto spesso. La pittura cubista di Pablo Picasso e Georges Braque è vista da molti esperti d’arte come l’equivalente della musica sperimentale: incredibilmente difficile e di natura quasi ascetica rispetto al nostro vivere quotidiano. Ma secondo il mio parere la musica sperimentale è più vicina ai dipinti di Kandinsky, che tramite l’astratto inseguiva l’assoluto e l’immateriale.

Alberto Grifi e La Verifica Incerta dell’arte contemporanea

La scena dell’arte contemporanea internazionale è piena di protagonisti, volti noti che appaiono su copertine di magazine patinati o presenziano alle grandi manifestazioni ed alle feste private. Ad opporsi idealmente e culturalmente a questi divi dell’arte, non sempre dotati di grande visionarietà o creatività, vi è un agguerrito manipolo di personaggi i quali non hanno mai amato le luci della ribalta ma hanno influenzato intere generazioni di giovani con le loro opere seminali. Parliamo di artisti che hanno lavorato quasi nell’ombra e che non sono mai stati rappresentati da Gagosian, Saatchi e compagnia cantante, fuggendo persino dal mercato e dalle top delle classifiche di vendita.

Uno di questi nomi è senz’altro Alberto Grifi (Roma, 29 maggio 1938 – Roma, 22 aprile 2007), presenza fondamentale all’interno del panorama del cinema sperimentale italiano e creatore, insieme a Gianfranco Baruchello de La Verifica Incerta (1964). Certo è difficile far comprendere ad un mondo dell’arte elitario e snob, l’importanza sia estetica che filosofica de La Verifica di Grifi, opera dal sapore new dada che suscitò l’entusiasmo di Man Ray, John Cage e Max Ernst, fu Cage stesso infatti che entusiasta della colonna sonora, lo presentò al New York Museum of Modern Art. Il metodo di montaggio de La Verifica,questo “detournement”, fu ereditato da Blob (programma di Enrico Ghezzi in onda su Raitre) molti anni dopo.