Artnet Magazine chiude, il giornalismo d’arte online non se la passa bene

Notizia inaspettata quanto drammatica legata al giornalismo d’arte. Il prestigioso Artnet Magazine (facente parte del noto circuito di Artnet) ha definitivamente chiuso i battenti. La triste decisione è stata presa dall’editore Walter Robinson, che ha diretto per ben 16 anni la testata:  “Mi sono divertito parecchio in tutti questi anni, abbiamo lavorato egregiamente, creando una testata di critica d’arte senza appesantirla troppo con inutili barocchismi” ha dichiarato alla stampa l’ex direttore.

Le parole di Robinson coprono però una realtà ben più oscura di quella data in pasto ai media. In tutti questi anni di attività infatti, Artnet Magazine è riuscito a barcamenarsi nel duro mondo dell’editoria online salvo poi caracollare duramente in questo ultimo periodo di crisi economica. Già, i soldi nel mondo dell’arte, almeno per quanto riguarda determinati servizi, sembrano essere finiti sul serio. Dalle nostre parti si fatica duramente per trovare inserzionisti disposti ad investire.

La Kodak dichiara bancarotta, fine di un’epoca?

I primi segni del collasso li avevamo registrati qualche tempo fa, quando la Polaroid aveva definitivamente dismesso la produzione delle sue storiche pellicole istantanee. In seguito anche la Kodak aveva lanciato disperate grida di soccorso, terminando la produzione della storica pellicola Kodachrome, emulsione che dal 1935 aveva praticamente scritto la storia della fotografia mondiale. Oggi, dopo 131 anni di gloriosa attività è la stessa Kodak a dichiarare bancarotta.

La domanda è stata presentata dalla Eastman Kodak Company e da tutte le sue società controllate negli Stati Uniti  alla corte distrettuale del Southern District di New York.Per quanto riguarda il resto del mondo, le filiali della grande azienda continueranno a tener fede agli impegni presi con clienti e fornitori, almeno stando a quanto dichiarato da Philip Cullimore, Direttore di Kodak Europe:

Pranzi ed altre spese fantasma, il museo chiude i battenti dopo soli sei mesi

A volte, quando si tratta di istituire un nuovo polo museale, le amministrazioni pubbliche sono capaci di rimediare sonore cantonate. Di musei di arte contemporanea ve ne sono sicuramente molti ma c’è sempre un progetto pronto per riqualificare un area urbana disagiata o una città un poco in ombra. Tali intenti sono sicuramente nobili ma quando si parla di sviluppare un’architettura monumentale, creata da un archistar pluricelebrato, bisognerebbe andarci con i piedi di piombo e valutare attentamente ogni aspetto.

Una volta creato il contenitore bisogna avere i soldi e le abilità per mettere al suo interno i tanto sospirati contenuti. Purtroppo molte amministrazioni misurano tutto con l’effetto Bilbao, dove il Guggenheim di Frank Gehry ha di fatto portato alla ribalta una città che in passato non aveva poi molto da offrire al turismo internazionale. Ecco quindi che secondo questo schema collaudato, giusto sei mesi fa ad Avilés (cittadina della Spagna che dista circa 290 chilometri da Bilbao) è sorto il Niemeyer Center.

Art Forum Berlin chiude i battenti

Si parla spesso di ripresa economica di tutto il sistema dell’arte contemporanea e puntualmente, alla fine di ogni manifestazione di mercato, si sciorinano gli ottimi risultati ottenuti cercando di convincere investitori, addetti del settore e collezionisti del sempre più positivo andamento degli affari. Alcune volte però accadono eventi poco rassicuranti che sembrano rovinare la festa al positivismo imperante.

La maggior parte degli eventi negativi ricadono sulle fiere del contemporaneo, questo poiché negli ultimi tempi queste manifestazioni spuntano come funghi, avvicendandosi ed accavallandosi l’una sull’altra. Proprio la scorsa settimana i vertici della prestigiosa fiera Art Forum Berlin avevano annunciato di voler unificare la manifestazione alla consorella Art Berlin Contemporary.

Jeffrey Deitch trova in Kathy Grayson la sua “testa di legno”

 Quando in gennaio Jeffrey Deitch è stato nominato direttore del Moca, Museum Of Contemporary Art di Los Angeles ed ha dichiarato di voler chiudere la sua galleria Deitch Projects in giugno, il mondo dell’arte è rimasto con più domande che risposte. Prima fra tutte è la spigolosa questione sul futuro dei 30 talentuosi artisti che fanno (facevano) parte della scuderia Deitch. Il celebre dealer ha deciso di chiudere baracca e burattini per evitare un possibile conflitto di interessi tra la posizione di gallerista privato e di direttore di museo pubblico.

Deitch ha in seguito dichiarato che parte dei suoi artisti potrebbero passare ad uno dei suoi più stimati collaboratori e cioè a Kathy Grayson, direttore della galleria e responsabile di tutti i rapporti con gli artisti più giovani. Kathy Grayson ha inoltre curato alcune mostre assieme a Jeffrey Deitch come Panic Room che è stata presentata alla Deste Foundation di Atene nel 2006, collettiva a cui hanno preso parte artisti come Assume vivid astro focus, Tauba Auerbach, Devendra Banhart, Paul Chan, Brian Chippendale, Roberto Cuoghi,  Brian Degraw, Naomi Fisher, Barry McGee e Paper Rad.