Inaugura il 21 ottobre la prima mostra del progetto Terre Vulnerabili che segna la direzione artistica di Chiara Bertola all’HangarBicocca. Un progetto fortemente innovativo, sia nel suo farsi – gli artisti prescelti hanno partecipato a vari incontri a partire dal settembre 2009 condividendo il proprio lavoro, modificandolo o trasformandolo per accordarlo agli altri e realizzando opere significative e site specific o comunque ripensate per lo spazio di HangarBicocca – sia nella modalità di esposizione – si tratta di quattro mostre che coprono un periodo di otto mesi, in quattro fasi come quelle lunari, la prima da ottobre (le altre seguono a gennaio, marzo, aprile 2011) per un totale di trenta artisti internazionali ed altrettante opere.
La prima mostra vede la presenza di tredici importanti artisti, personalità molto diverse tra loro, con lavori differenti per dimensioni e materiali, alcuni di forte impatto emozionale, altri più concettuali e da scoprire indugiandovi; in tutti il concetto di vulnerabilità è declinato in modo sottile e personale. Tutti gli artisti del primo quarto restano anche nel secondo quarto – portandovi un nuovo lavoro o modificando in parte l’opera già esposta – dove si aggiungono nuovi artisti e così via sino all’ultimo quarto, seguendo l’idea di un terreno fertile che “germoglia”, cresce nel tempo e modifica la visione di quanto esposto precedentemente. Ogni mostra rappresenta un momento espositivo unico, irripetibile e diverso rispetto all’altro come le diverse fasi della vita.
Un progetto in evoluzione, germinativo e organico, che si sviluppa nel tempo della sua vita espositiva, permettendo al pubblico di prendersene cura e agli artisti di continuare a crescerlo e nutrirlo. L’idea è che l’opera di ogni artista non si cristallizzi una volta aperta la singola mostra, ma continui a crescere e a evolversi per l’intera durata del progetto con aggiunte, correzioni, dialoghi con gli altri artisti invitati e con il pubblico.
Tutti gli artisti partecipano in modo continuativo alle diverse fasi dell’evento: ogni nuova fase si innesta su quella precedente, che non viene annullata ma “sommata” all’altra. In questo modo si rende il progetto “vivo”, facendolo proseguire al di là della singola mostra: uno dei tasselli di un percorso più ampio e costantemente in movimento verso “qualcos’altro”.
“La vulnerabilità – dichiara Chiara Bertola – si esprime così non soltanto nelle opere ma anche in questa modalità curatoriale, basata soprattutto sul mutuo riconoscimento e sulla collaborazione tra gli artisti che necessariamente porta a vivere esperienze inaspettate. Si tratta di riconoscere la forza della collaborazione, senza dimenticare l’importanza di ogni individualità, e di mettersi in gioco per arrivare a costruire una coralità, come in un’orchestra in cui i vari strumenti entrano progressivamente in armonia e risuonano insieme”.
“Ma vulnerabilità – prosegue Bertola – è anche la capacità empatica che permette a noi umani di riconoscere ed accettare la propria responsabilità etica verso l’altro, la comunità e l’ambiente. Ed è intesa anche come una dimensione che si avvicina al vasto concetto di terra e di luogo di appartenenza: attraverso le visioni degli artisti questi concetti – oggi appunto vulnerabili – diventano percorribili dentro una nuova prospettiva di libertà e di evoluzione”.
E infine vulnerabilità dei corpi come luogo d’incontro e di dialogo. “La dissolvenza delle frontiere, la mescolanza delle etnie, la combinazione delle lingue – conclude Bertola – restituiscono un luogo che necessariamente si riconosce soltanto a partire dalla stessa vulnerabilità e mobilità dei corpi che, spostandosi, creano, trasformano e articolano lo spazio che attraversano. Mentre la forza della storia ha piegato la vulnerabilità dei corpi per sottometterli e opprimerli, oggi la vulnerabilità dei corpi riesce a piegare lo spazio che li circonda per trasformare quell’enorme non luogo in un luogo d’incontro e di dialogo. In un mondo che non ha paura di riconoscersi indifeso, scoperto, attaccabile, esposto e debole, proprio la debolezza e la vulnerabilità diventano una forza”.
Il progetto intende quindi indicare una direzione e proporre un nuovo linguaggio in un momento in cui il nostro pianeta e i sistemi che lo governano danno importanti segni di cedimento.
Terre vulnerabili affida perciò il suo statement politico ed etico all’opera di due Maestri come Ermanno Olmi e Yona Friedman. Un regista e un architetto che hanno saputo portare, attraverso la loro opera, una riflessione che unisce memoria e speranza: «ritornare ad avere memoria perché senza memoria non c’è futuro e senza senso del limite la terra madre si ribella» (Carlo Petrini). Del grande regista viene proiettato lo straordinario film Terra madre, mentre Friedman propone la videoanimazione La terra spiegata agli extraterrestri dove illustra, nella forma dei suoi noti disegni a fumetto, i temi più importanti della sua ricerca e Labirinto, un lavoro architettonico modulabile, concepito per rendere in scala “umana” gli enormi spazi di HangarBicocca.
Gli artisti coinvolti nel progetto sono:
Ackroyd & Harvey / Mario Airò / Stefano Arienti / Massimo Bartolini / Stefano Boccalini/ Ludovica Carbotta / Alice Cattaneo / Elisabetta Di Maggio / Rä di Martino / Bruna Esposito / Yona Friedman / Carlos Garaicoa / Alberto Garutti / Gelitin / Mona Hatoum / Invernomuto / Kimsooja / Christiane Löhr / Nicolò Lombardi / Marcellvs L. / Margherita Morgantin / Ermanno Olmi / Roman Ondák / Hans Op de Beeck / Adele Prosdocimi / Remo Salvadori / Alberto Tadiello / Pascale Marthine Tayou / Nico Vascellari / Nari Ward / Franz West