Cominciare un articolo non è mai cosa semplice, specialmente quando l’oggetto di questo è il lavoro di un grande fenomeno quale quello romano Rezza-Mastrella di cui si è parlato in innumerevoli occasioni ma di cui fortunatamente, come faceva presente il da poco scomparso critico Franco Quadri, la portata rivoluzionaria sembra non esaurirsi.
Redazione
Henry Darger l’eterno outsider

Henry Darger (1892-1973), è oggi considerato un grande esponente della corrente artistica Outsider art, termine coniato nel 1972 dal critico d’arte inglese Roger Cardinal per raggruppare artisti autodidatti o i creatori di arte naïve che non si sono mai istituzionalizzati.
Darger visse per tutta la sua vita nel totale anonimato, tanto che di lui si conservano solo tre ritratti fotografici. Si presume sia nato nel 1892 e passò l’intera infanzia in un manicomio, solo alla morte del padre nel 1908 si trasferì a Chicago dove trovò un modesto impiego per i successivi cinquanta anni della sua vita.
La Crisi e le bufale dell’arte made in Cina

La crisi economica è una questione talmente popolare che ormai ha quasi sostituito le disquisizioni meteorologiche. Ogni testata d’arte o blog che si rispetti possiede un approfondimento sulle relazioni tra crisi economica e mercato dell’arte e ovviamente c’è chi dice che quest’ultimo stia tenendo alla grande e c’è chi dice che si stanno registrando notevoli flessioni nelle aste, nelle fiere e persino nelle vendite delle gallerie. Certo è che il mercato dell’arte è un sistema sostenuto da persone più che benestanti e può essere quindi toccato in maniera del tutto relativa dalla crisi. Tra le ultime notizie c’è comunque l’importante ridimensionamento del mercato dell’arte cinese, come si evince dalle statistiche di Artprice, un sito che si occupa di raccogliere tutti i risultati delle aste internazionali.
Il tracollo dell’arte contemporanea e della cultura moderna

Qualcuno lo ha apostrofato come il sistema destinato a cadere: il capitalismo o il capitalismo post-moderno ed i suoi mercati secondari hanno creato una contro realtà ingrassata dalla produzione. L’economia moderna è come un parco giochi ed è evidente come l’arte degli ultimi venti anni abbia attinto a questo sogno ad occhi aperti rifiutando ogni forma di vera creatività.
L’arte è divenuta lo specchio della frode e non è tutto dovuto al teschio tempestato di diamanti di Damien Hirst, si tratta di un processo che ha avuto origine con la società del consumismo.
La crisi dei magazine d’arte contemporanea

Come procede l’editoria d’arte in Italia? Difficile a dirsi, quello che sappiamo con certezza è che le cose non procedono di certo per il meglio. Sarebbe utile riflettere sulla funzione e sulla grandezza reale del bacino di utenza di queste pubblicazioni a carattere artistico. La maggior parte delle riviste d’arte italiane, nel tentativo di piacere ad un vasto pubblico ha da sempre cercato di mitizzare gli artisti alla stregua dei divi del cinema, proponendo articoli non proprio esaltanti e recensioni decisamente spuntate. Il problema reale di questi magazines è rappresentato dalle scarse vendite, questo accade poichè sono letti da un ristretto numero di appassionati ed addetti del settore.
L’arte del ripetersi

Da tempo Globartmag riflette su ciò che avviene all’interno della scena del contemporaneo del Belpaese. Al di là di inutili polemiche ciò che salta miseramente all’occhio è che l’arte italiana non ha più la forza e la voglia di rischiare, di forzare le barricate tentando una disperata ma in certi casi salvifica corsa fuori dalla trincea .
Da tempo immemore oramai le nuove generazioni di artisti prediligono il concetto di riconoscibilità estetica dell’opera in funzione di un sistema dell’arte nostrano che diviene così pericolosamente simile a qualsiasi altra manifestazione commerciale industriale. Il prodotto artistico deve essere rigorosamente associato al nome dell’artista e questi deve per forza di cose apparire in prima persona su riviste di settore e quanto altro rivendicando la paternità della propria opera. In virtù di ciò l’appassionato, il collezionista ed il curatore saranno ben consci sul chi ha fatto cosa e sapranno ben riconoscere l’arte di un determinato artista anche al primo fuggevole sguardo.
In sostanza l’artista soccorre il fruitore d’arte contemporanea tranquillizzandolo con opere racchiuse in un unico e grande brand alla stregua di qualsiasi altro prodotto impilato sugli scaffali del supermercato. Il vero problema è che tutto questo ripetersi di soggetti e di concetti in salse e colori diversi all’insegna dello slogan “squadra che vince non si cambia” qiu tradotto in “opera che vende non si cambia” rischia di creare un controsenso ideologico e temporale in cui il lavoro di un determinato artista perde totalmente il proprio significato iniziale, se ne aveva uno.
Il bello della crisi

Di crisi ne abbiamo parlato molto, ne hanno parlato in tanti. Giornali, webmagazines e blogs di tutto il mondo hanno lasciato scorrere fiumi di nero inchiostro sopra questo periodo di recessione dell’arte, gettando appassionati e addetti del settore nel più profondo sconforto. Eppure anche in questo tetro frammento di tempo in cui le gallerie vendono meno, le istituzioni museali tagliano il personale e Sotheby’s non riesce a pagare i suoi movimentatori, ci deve esser per forza qualche nota positiva. Noi di Globartmag abbiamo provato ad analizzare i possibili giovamenti della crisi.
Per gli artisti e le gallerie: con meno vendite facili in giro si è costretti a focalizzare la propria ricerca sulla qualità. Ciò significa che la crisi attuerà una reale selezione naturale in cui il superfluo lascerà il posto al necessario elevando in tal senso i contenuti estetici, formali e filosofici di ogni opera d’arte e di ogni evento. In seconda battuta la chiusura di locali commerciali ed il successivo calo del prezzo degli immobili rappresenterà un ottimo investimento per gli artisti che sono ancora in cerca di uno studio a buon mercato (basti pensare a Soho, New York nel 1970) .
Senza critica la situazione è critica

Benvenuti nell’universo uniformato dell’arte contemporanea, già perché da quanto si evince dalle notizie presenti sui maggiori magazines d’arte italiani, in questi ultimi anni stiamo assistendo al trionfo del bello e della creatività nazionale. Ed allora perché l’arte contemporanea del nostro paese stenta ad imporsi sulla scena internazionale? Dove mai saranno finiti gli eventi male organizzati e gli artisti della domenica?
La quasi totale mancanza di una piattaforma critica coerente è un male diffuso in Italia, un problema annoso che rischia di appiattire l’arte contemporanea su di un unico livello estetico dove tutto è considerato di buona qualità ed ogni artista compie una sua personale ricerca su qualcosa di interessante e sperimentale. Il risultato di questa inutile piaggeria e che gli artisti realmente meritevoli di attenzione così come gli eventi ben riusciti non riescono ad emergere, uniformandosi al resto e pregiudicando un futuro sviluppo sia creativo che tecnico di coloro che potrebbero rappresentare un cambiamento nel vasto mare dell’arte contemporanea nostrana.
Le ultime mostre dell’anno – Parte II

Seconda arte delle mostre da vedere in questo 2012 che volge ormai alla fine:
Pier Paolo Pasolini al MoMA di New York fino al 5 gennaio 2013 Già che ci siete, dovete per forza visitare la mostra dedicata al genio pasoliniano. Films, fotografie e letteratura di un maestro italiano che tutto il mondo ci invidia.
Le ultime mostre dell’anno – Parte I

Siete in vacanza all’estero e per la fine dell’anno volete visitare qualche museo, tanto per restare in tema con l’arte contemporanea? Ecco la nostra agenda per chi vuole festeggiare il nuovo anno a contatto con la cultura:
Blues For Smoke al MOCA di Los Angeles fino al 7 gennaio 2013, una mostra di ampio respiro che abbraccia arte, musica e letteratura blues dal 1950 al presente.
Le aste toste del 2012

Un anno vissuto pericolosamente quello del mercato dell’arte internazionale. Crisi a parte, le aste sono andate piuttosto bene, confermando il buon andamento del mercato”istituzionale” a scapito di quello “sperimentale”. Vediamo quindi quali sono state le aste più “toste” del 2012.
1. Edvard Munch, “The Scream,” $119.9 million
Festival Hall by Delugan Meissl Associated Architects

Avveniristica festival hall a Erl, in Austria, proggettata da Delugn Meissl. Vista da qui sembrerebbe un’astronave di Star Wars, ma i suoi interni sono una vera meraviglia di tecnica ed ingegneria…
I migliori film del 2012 – parte II

Continua la nostra breve rassegna dei films più belli del 2012, sempre a nostro dire:
Amour di Michael Haneke declino e vecchiaia visti dagli occhi freddi di un regista che ha già abituato il suo pubblico alle crudezze della vita. Capolavoro di sguardi e tenerezze che illustrano la difficoltà dell’esperienza umana.
I migliori film del 2012 – parte I

Il 2012 è stato un anno molto proficuo anche per la cinematografia e dobbiamo proprio dire che di pellicole interessanti se ne son viste parecchie. Se mai vi foste persi qualche buoni film noi vi forniamo una piccola lista di quelli che ci sono piaciuti di più:
Ai Weiwei Never Sorry di Alison Klayman, la tumultuosa vita del celebre artista-dissidente vista da molto vicino. Un’interessante biografia a tratti divertente che ci aiuta a comprendere i meccanismi creativi di un genio dei nostri tempi.
