Marco Morici – Ignazio Mortellaro | OSSIDIANA

L’ossessione per la percentuale oscura, mai del tutto indagabile dalle leggi scientifiche, viene quì concentrata in un nucleo di ossidiana, vetro lavico di colore nero, polo di attrazione magnetica di masse celesti e di pellegrinaggi umani. Il progetto espositivo nasce con l’intenzione di proporre per la prima volta a Roma, due giovani artisti italiani, Marco Morici e Ignazio Mortellaro, che lavorano insieme dal 2009 e che solitamente si sono confrontati con le sperimentazioni video e la bidimensionalità delle opere su carta. L’intera mostra prenderà corpo all’interno della galleria CO2 di Roma (14 ottobre – 26 novembre) proponendo una selezione di lavori dei due artisti e un’installazione concepita e realizzata da entrambi appositamente per lo spazio.

Il progetto intende unire la materializzazione del lavoro ipsografico delle cartografie di Mortellaro all’indagine sull’uomo, sulla terra e sull’oscurità dell’universo di Morici. Un mostro metallico che fluttua nel centro della galleria attenderà l’osservatore silenziosamente e si relazionerà con un nucleo di ossidiana, minerale riconducibile alla materia appartenente alla crosta terrestre, all’organo umano ed all’oscuro territorio cosmico. Le schegge di ossidiana fin dal passato erano note per la loro estrema affilatura ed allo stesso tempo fragilità.

Short stories 1 | T-Yong Chung

CHI: T-Yong Chung, nasce a Tae-gu in Corea del Sud nel 1977. Padre scultore e madre musicista, T-Yong cresce in un ambiente stimolante che lo porta a viaggiare e a trasferirsi in Italia per studiare arte, prima a Carrara poi a Milano.

DOVE: Galleria Ottozoo – Milano

QUANDO: 15 settembre – 29 ottobre 2011

COSA: Seppur non ama definirsi tale T-Yong è principalmente uno scultore, nel senso che predilige la costruzione di oggetti tridimensionali. La sua ricerca va a incastrarsi perfettamente nel filone dei ready-made surreali: oggetti d’uso comune manomessi e reinventati a cui viene aggiunto un tocco straniante ad esempio vernice d’orata o argentata che ricoprono intere installazioni. Lui stesso dichiara che il suo intento è far emergere aspetti di culture ormai passate e di far riflettere sulla molteplicità di società che si sono alternate sulla Terra.

ADRIAN TANQUILLI – IN EXCELSIS

STUDIO STEFANIA MISCETTI di Roma inaugura il 20 ottobre la mostra personale di Adrian Tranquilli intitolata In Excelsis, un’istallazione interamente composta da opere inedite, ulteriore capitolo della specifica narrazione visiva  da sempre portata avanti dall’artista con coerenza e rigore, affrontando temi e simboli che, seppure in costante mutazione e sovrapposizione, si trovano alla radice di differenti culture.

Come nella recente personale All is violent, all is bright al MACRO – Museo d’Arte Contemporanea di Roma, visitabile fino a novembre 2011 – anche in questa occasione l’artista presenta un lavoro di forte impatto visivo, incentrato sul dialogo che la figura dell’eroe, costante di tutti i grandi miti e narrazioni epiche dall’antichità fino ad oggi, instaura con alcuni simboli fortemente radicati nel nostro immaginario collettivo, quali la croce latina, quella greca e la svastica.

CHARACTERS, ANGELO BELLOBONO – VALENTINA VANNICOLA

Wunderkammern dal 7 ottobre presenta nei suoi spazi la doppia personale di Angelo Bellobono e Valentina Vannicola. Attraverso la serie fotografica La principessa sul pisello di Vannicola e dipinti, video, performance di Bellobono, Characters indaga il ruolo dei personaggi di una storia o della Storia attraverso la lente dell’arte contemporanea. I “Protagonisti” sfumano trasmutando in “Caratteristi” e viceversa. La celebrità si relativizza. Attori e comparse sono tutti eroi del quotidiano, mentre il racconto assume un ruolo marginale. Gli interpreti della grande Storia o delle micro-storie quotidiane si equiparano: uguaglianza o omologazione? Dove finisce il ruolo e inizia l’identità individuale?
Fotografa eppure regista, costumista, e scenografa, Valentina Vannicola presenta il lavoro ispirato a La principessa sul pisello, favola classica reinterpretata in chiave contemporanea. Le sue fotografie, riconducibili al filone della staged photography, presentano come reali scene costruite secondo le dinamiche proprie della cinematografia; in mostra, oltre all’intero lavoro composto da 7 stampe di grandi dimensioni, sarà presente anche una delle installazioni realizzate dall’artista per uno degli scatti.

In Deed: certificati di autenticità nell’arte

L’opera esiste anche se non esiste? E’ sufficiente che il suo autore ci inviti a intendere come opera qualcosa che non ha niente di materiale, come un pensiero, un progetto o un’azione? Questa domanda è al centro della mostra In Deed: certificati di autenticità nell’arte, che si terrà dal 13 ottobre al 6 novembre nella Galleria di Piazza San Marco della Fondazione Bevilacqua La Masa.

La mostra, curata da Susan Hapgood e Cornelia Lauf, investiga il significato dei certificati di autenticità nel sistema dell’arte contemporanea, soprattutto a partire dagli anni ’60, quando tali certificati hanno iniziato a accompagnare opere che non esistono fisicamente, bensì consistono in performance, opere concettuali, o istruzioni per realizzare l’opera a distanza. L’esposizione è stata precedentemente allestita presso De Kabinetten Van De Vleeshal, Middelburg, Olanda; successivamente sarà ospitata presso le seguenti sedi: KOHJ International Artists’ Association, New Delhi; Mumbai Art Room, Mumbai; Nero HQ, Roma; John M. Flaxman Library Special Collections, the School of the Art Institute of Chicago, Chicago; Salt Beyoğlu, Istanbul; The Drawing Center, New York.

Nedko Solakov – All in (My) Order, with Exceptions

Il 7 ottobre la Fondazione Galleria Civica di Trento inaugura la mostra All in (My) Order, with Exceptions prima mostra retrospettiva in un’istituzione pubblica italiana dell’artista bulgaro Nedko Solakov a cura di Andrea Villani. L’esposizione costituisce un’esaustiva indagine cronologica della pratica artistica di Solakov, dal 1981 al 2011, ed è frutto della collaborazione fra la Fondazione Galleria Civica di Trento e tre tra i più prestigiosi musei d’arte contemporanea europei: Ikon Gallery di Birmingham, S. M. A. K. di Ghent e Museu Serralves di Porto.

Figura di primo piano della scena internazionale, nel suo lavoro Nedko Solakov si avvale di differenti tecniche, caratterizzate da un linguaggio artistico spiazzante, spesso umoristico, che mette a nudo le convenzioni del vivere quotidiano e riflette sui nostri meccanismi di pensiero, sul rapporto fra storia personale e collettiva, fra sfera intima e dimensione sociale, fra realtà e immaginazione. Negli spazi della Fondazione, infatti, l’artista interverrà con immagini e scritte collocate direttamente sulle pareti bianche per legare tra loro le diverse opere in mostra: 31 opere, più di una per anno, dal 1981 a oggi, selezionate direttamente dall’artista, tra disegni e acquarelli su carta, dipinti su tela, interventi parietali, testi, mosaici, fotografie, video, ricostruzioni di installazioni ambientali e progetti mai realizzati, ricostruiti appositamente per la mostra.

Donatella Spaziani – In me

Venerdì 7 ottobre alle 18.30, si inaugura a Roma, in via Reggio Emilia 24, presso la galleria OREDARIA, “In Me” mostra personale di Donatella Spaziani. Roma è la città che Donatella Spaziani ha scelto, è il luogo dove interrompe il suo frequente peregrinare nel mondo. Roma è la città dove l’artista ha presentato il suo lavoro in importanti contesti istituzionali (Quadriennale, Provincia di Roma – Palazzo Valentini, Incontri Internazionali d’Arte, Casa delle Letterature). Per la prima volta a Roma una sua personale, nello spazio della Galleria Oredaria.

Il percorso creativo, pensato per il contesto che lo ospita, si dipana in diverse pagine di un unico racconto; i materiali e le tecniche diversificate (ceramica, disegno, ricamo, fotografia, scultura) sono tutti capitoli di un sentiero che l’artista ci offre per comprendere il suo universo poetico.

Filippino Lippi e Sandro Botticelli nella Firenze del ’400

Le Scuderie del Quirinale proseguono nella presentazione al grande pubblico dei massimi esponenti dell’arte italiana, secondo un indirizzo prescelto dal Presidente, Prof. Emmanuele F.M Emanuele, e in co-produzione con 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE. «Sino ad oggi – dichiara il Presidente Emanuele – è mancata un’esposizione che rendesse pienamente merito a questo nobile artista e mostrasse al grande pubblico la sua indiscussa grandezza».

La vicenda artistica e umana di Filippino Lippi (Prato 1457 circa – Firenze 1504) è avvincente, si svolge tra Prato, Firenze e altre città nella seconda meta del XV secolo e si incrocia con quella di Sandro Botticelli (Firenze 1445 – 1510): figlio di fra Filippo Lippi (Firenze, 1406 -1469), celebre pittore e frate carmelitano, e della monaca Lucrezia Buti, cresce a Prato e, artisticamente, a Firenze, nella bottega di Sandro Botticelli dove è documentata la sua presenza nel 1472. Chiamato Filippino per distinguerlo dal padre, pittore tra i più famosi e apprezzati del suo tempo, diviene a sua volta un artista di primissimo livello, cui il Vasari riserva nella ‘Vita’ dedicatagli, parole di elogio per il “bellissimo ingegno” e la “vaghissima e copiosa invenzione”.

Roma Art2Nights è una bufala

Ci risiamo. La Roma che sembrava essersi finalmente adeguata (almeno mentalmente) agli standard internazionali di crescita del sistema arte si è arenata. Quella Roma che aveva iniziato un processo di redenzione, prima, e beatificazione poi, grazie ad un lavoro univoco delle gallerie romane, ad una nuova fiera dell’arte contemporanea, alla nascita di ben due musei dedicati alle ultime tendenze, insomma quella Roma che puntava alla crescita comune e alla qualità della proposta ha deciso nuovamente di bloccarsi e regredire. Come quando a Via Margutta negli anni ’60 iniziavano a rimpallarsi sempre quegli stessi nomi, quelle stesse gallerie, quella proposta sempre più piatta e noiosa che nel tempo si è verificata essere provinciale, poco lungimirante e stantia. Come la fanghiglia di quella pozzanghera romana fatta di lobbismo piccolo borghese, scelte fatte da un gruppo di pseudo intenditori e nichilismo di quartiere.
Siamo tornati a pensare in piccolo per paura di crescere o per paura di perdere quei pochi metri di terreno conquistati in meno di 5 anni di duro lavoro comune e a sostegno della nostra Roma? Un po’ come accade nella tutela dei nostri artisti, dove se hanno uno pseudonimo anglofono sono più apprezzati di quei poveri italioti che fanno ricerca sudata e voluta. Come se, tutto ad un tratto, la reale concorrenza che si stava creando tra le varie gallerie romane potesse generare un processo inverso, di abbattimento di alcuni capisaldi e di creazione di nuovi idoli. Si è vero la crisi fa terrore e nei momenti di crisi è giusto tentare di salvarsi spalleggiandosi tra pochi, piuttosto che restare in balia delle correnti del mercato, che si sa è incontrollabile perchè in mano al popolo.

Marc Jacobs lascia Louis Vuitton? intanto Milano lo celebra

Si apre proprio oggi alla Triennale di Milano Louis Vuitton: The Art of Fashion, evento curato da Katie Grand e dedicato al talento di Marc Jacobs, emblematico fashion designer che ha curato le collezioni del celebre brand dall’Autunno-Inverno 1998-1999 fino a giungere all’Autunno-Inverno 2011-2012. In visione più di 70 collezioni ready-to-wear che in sostanza hanno decretato la grande ascesa in campo internazionale di Louis Vuitton.

La griffe francese, fondata a Parigi nel lontano 1854, deve molto a Jacobs, quest’ultimo ha saputo rilanciarla grazie ad una costante ricerca di eccellenza ed artigianalità e a contaminazioni con i grandi protagonisti dell’arte contemporanea.  Per la collezione Primavera – Estate del 2003 fu infatti il re del pop Takashi Murakami ad aggiungere un tocco di ironia e colore ad una serie di borse ed accessori intitolata Cosmic Blossom ed impreziosita dagli ormai noti fiorellini sorridenti partoriti dalla scoppiettante mente dell’artista giapponese.

Silvia Giambrone e Liliana Moro indagano il valore delle relazioni

Paolo Maria Deanesi Gallery di Rovereto inaugura il 23 settembre una mostra con due artiste italiane che appartengono a generazioni diverse e condividono un approccio plastico e concettuale nell’esplicitamento delle loro pratiche artistiche. Silvia Giambrone e Liliana Moro si incontrano per la prima volta in una mostra per la quale hanno lavorato insieme non per produrre opere a quattro mani, ma per scoprire e sviluppare come una nuova relazione tra due artisti può influire sul processo generativo del fare arte.
Hanno trascorso del tempo insieme per conoscersi – la più giovane invitando l’altra in questo progetto – e mettersi in gioco, per (ri)scoprire, con la grazia ed il sospetto che in fondo accomuna tutti, il valore delle relazioni e le dinamiche che ne conseguono. Cappio per due, una delle opere di Silvia Giambrone presenti in mostra, sintetizza la dimensione ambigua degli equilibri esistenti nella messa in scena di una relazione.

Quando la critica e Jerry Saltz prendono cantonate colossali

La scorsa domenica la scrivente ha presenziato all’inaugurazione della libreria Let’s Art in via del Pellegrino 132, praticamente uno dei pochi luoghi a Roma dove è possibile trovare un’ottima selezione di pubblicazioni riguardanti l’arte contemporanea, alcune introvabili. Lo spazio è chic ed accogliente e si può persino gustare un caffè od un ottimo vino mentre si sceglie il volume preferito. In mezzo a tutti quei saggi, cataloghi e volumi illustrati, la voglia di comprare è tanta ed allora la scelta è ricaduta su Vedere ad alta voce di Jerry Saltz, un compendio di 10 anni di arte contemporanea a New York raccontata con la giusta dose di ironia e veleno.

Leggere Saltz è sempre uno spettacolo anche perché parliamo di uno dei pochi critici capace di fornire giudizi imparziali ed irriverenti senza subire la sudditanza psicologica che attanaglia il resto dei suoi colleghi. Ma la critica, lo dice anche Saltz, non è una scienza perfetta ed a volte,per tener fede all’ostinazione di dover per forza risultar caustici o profetici, si prendono storiche cantonate.

David Byrne ed il mondo in sovrappeso

Ci risiamo, David Byrne è tornato alla carica. Non molto tempo fa l’eclettico leader dei Talking Heads aveva creato un vero e proprio caso diplomatico, sparlando di Lady Gaga e Klaus Biesenbach sul suo blog. La vicenda si era in seguito talmente gonfiata che Byrne aveva dovuto scusarsi pubblicamente per non rimetterci la faccia.

E dire che nel 2009 il poliedrico artista aveva realizzato una bellissima installazione sonora, convertendo la Roundhouse di Londra in un gigantesco strumento musicale per l’opera intitolata Playing The Building. A distanza di due anni quindi, Byrne ha deciso di ritornare all’installazione in grande stile collaborando nientemeno che con l’iper blasonata Pace Gallery di New York ma come al solito i risultati sono di dubbio gusto. L’artista ha infatti occupato uno spazio vuoto sulla 25esima strada che la Pace ha da poco acquistato con l’intento di inaugurare a breve termine una nuova galleria. Ma che cosa ha combinato il nostro Byrnetto in questo luogo sperduto?

East of Eden: il potere evocativo del reale

Dal 14 settembre al 15 gennaio è possibile visitare, presso gli spazi del Ludwig Museum di Budapest, la mostra East of Eden / Photorealism: Versions of Reality a cura di Nikolett Erőss.

Il fotorealismo, fenomeno che ha preso piede per lo più negli anni sessanta, è visto qui con un’attenzione particolare a quelle che sono le dinamiche socio-politiche che hanno attraversato gli anni della guerra fredda.

Le diverse mostre che hanno più volte affrontato questo aspetto si sono focalizzate sul versante degli artisti occidentali; invece scopo di questa mostra itinerante, che ha attraversato prima Vienna poi Aquisgrana, è di mettere in luce analogie e differenze attraverso l’analisi degli artisti che hanno operato al di là della cortina di ferro, lungo la sfera d’influenza sovietica.