Lara Mezzapelle e Giacomo Deriu – Pachinko

In una realtà così “liquida”, come l’ha definita lo stesso Zygmunt Bauman, sembra aver preso il sopravvento nella nostra società un forte sentimento di illusione ed attesa dovuti alla mancanza di veri e propri punti di riferimento reali in qualsiasi campo o settore. I meccanismi che regolano la società contemporanea, sia che essi siano economici, politici o culturali, son divenuti alla moltitudine talmente complessi e incomprensibili tanto da causare un forte atteggiamento di fatalismo.

Tutto questo comprime le individualità rendendole quasi incapaci di prendere decisioni importanti, privandole della possibilità di agire a favore di una costruzione futura per finire col costringerle ad un sempre più rintanamento in se stesse e nelle proprie illusioni. La scelta consapevole di fronte ad un bivio, necessaria a governare il corso del proprio destino, è sempre più ardua da afferrare. Vuoi proprio per la dilatazione spazio-temporale percepita, vuoi per una sempre più difficile comprensione del momento storico in cui la quantità di informazione che giornalmente ci raggiunge ha una velocità così elevata tanto da essere di difficile decodificazione immediata.

Jannis Kounellis, una ripetizione sempre diversa

In questi giorni la stampa inglese sta dedicando ampio risalto ad un grande artista, nato in grecia nel 1936, ma italiano e romano ad essere precisi fin dall’età di 20 anni quando traslocò e cominciò a lavorare proprio nella città eterna esordendo nel 1960 alla galleria La Tartaruga.

Si tratta di Jannis Kounellis, patriarca dell’arte povera che in questi giorni è in mostra alla galleria Ambika P3 di Londra dal 22 aprile fino al 30 maggio 2010. Sacchi, carbone, fagioli e bottiglie vuote sono i ferri del mestiere di Kounellis, oggetti che ci riportano alla mente una ripetizione che lentamente è divenuta il modus operandi del maestro. Ovviamente non si tratta della riproduzione seriale di opere ma di una reiterazione di concetti e di pezzi separati come se si trattasse di una grande elegia.

Sergio Zavattieri – The ancient Romans Portfolio

In puro stile seicentesco, la grande wunderkammer di Sergio Zavattieri e’ ad oggi satura di mirabilia, dalla sezione naturalia con le anomalie del ciclo Bòtanica, passando per la sezione artificialia del piu’ recente ciclo sugli avvistamenti UFO, sino ai preziosi reperti di The ancient romans.

Ad accogliere lo spettatore dal 24 aprile alla galleria Zelle Arte Contemporanea di Palermo, un vecchio tavolo, uno sgabello, un paio di guanti, una luce calda dritta sul tavolo, 9 ritratti di personaggi celebri, o presunti tali, d’epoca romana, scattati nel 2000 al Museo della Civiltà Romana di Roma, editati e stampati solamente nel 2009 attraverso un processo di simulazione dei toni originali della stampa cyanotype, tecnica scoperta dallo scienziato e astronomo inglese John Herschel nel 1842.

Chiara Dynys – Labirinti di memoria

L’Archivio Centrale dello Stato di Roma ospita dal 7 maggio al 25 settembre 2010 la mostra Chiara Dynys. Labirinti di memoria, a cura di Fortunato D’Amico. L’artista disegna un vero e proprio labirinto lungo corridoi e scalinate, dove installazioni site specific, videoproiezioni, opere interattive e la presenza ossessiva della carta creano un viaggio alchemico che esplora quella sottile linea che idealmente separa passato e presente offrendo un’opportunità di incontri tra storia e mondo contemporaneo.

L’evento consente l’apertura al pubblico per la prima volta dei depositi dell’Archivio Centrale dello Stato, lo storico edificio sito nel quartiere dell’EUR che conserva al suo interno milioni di documenti e rappresenta, da oltre mezzo secolo, il punto di riferimento obbligato per le ricerche sulla storia unitaria del nostro Paese. L’intero ciclopico archivio è infatti un monumento alla memoria custodita in ben cento chilometri di scaffalature.

La Robba di Laboratorio Saccardi

La Z2O Galleria di Roma inaugura il 13 maggio (sarà visibile fino al 30 giugno) la mostra La Robba, personale di Laboratorio Saccardi. Gli artisti del collettivo siciliano, per la loro prima esposizione a Roma, hanno istoriato un carretto siciliano in legno, dipingendo i fatti di mafia più eclatanti della recente storia siciliana, i misteri insoluti della storia politica del nostro Paese.

Simbolo della Sicilia, per tradizione il carretto è decorato con rappresentazioni mitologiche delle gesta dei condottieri appartenenti alla tradizione cavalleresca “dei Paladini di Francia”, arricchito da arabeschi e fregi geometrici di ogni specie. Le raffigurazioni, un tempo, avevano anche la funzione di sintetizzare vicende e storie di cronaca per coloro che non sapevano né leggere, né scrivere. La riscrittura dell’apparato iconografico del carretto condotta da Laboratorio Saccardi racconta la cruda attualità delle stragi di mafia: Portella della ginestra, l’assassinio di Peppino Impastato, la strage di Ustica, le stragi di Capaci e di via d’Amelio. I fatti con i quali gli artisti si misurano sono il risultato di un’approfondita conoscenza dei fatti storici, e di una critica spontanea e feroce agli eventi contemporanei, da sempre alla base della ricerca artistica del gruppo.

Alberto Di Fabio, oltre l’arcobaleno alla Galleria Pack di Milano

Alberto Di Fabio concepisce, per questa sua terza mostra personale alla Galleria Pack di Milano, un progetto che si pone in stretta relazione con lo spazio espositivo recentemente ridisegnato. In mostra dal 4 maggio all’11 settembre varie tele di grandi dimensioni appositamente realizzate sono intervallate da una serie di opere di medio formato a segnare un percorso più intimo e frammentato.

L’insieme dei lavori – caratterizzati da nuove sperimentazioni cromatiche, come l’uso di pigmenti fluorescenti, e dalla giustapposizione di riflessi brillanti e tonalità oscure – suggerisce l’idea di una visione paesaggistica totalitaria, una sorta di osservatorio che permette un’esplorazione globale del mondo: materiale e visibile (paesaggi Himalayani, geografie cosmiche) da una parte ma anche psichica e interiore (tracciati del pensiero, partiture di ritmi psichici), conducendo lo sguardo oltre, verso l’ultraterreno e l’inesplorato (sentieri luminosi interplanetari, grafismi c elesti enigmatici).

Scandalo negli U.S.A. collezionismo a numero chiuso per speculare sulle opere

Il New York Times ha pubblicato lo scorso 16 aprile un dossier a dir poco allarmante sul mercato dell’arte americano, svelando alcuni retroscena a dir poco sconcertanti che pensavamo potessero esistere solamente all’interno di alcune pellicole cinematografiche hollywoodiane. Provate a pensare ad un mercato dell’arte contemporanea dove gli artisti ed i galleristi si impegnano affinché le opere messe in vendita siano comprate solamente da una ristretta cerchia di collezionisti, anche se altri compratori sarebbero disposti ad offrire una cifra più alta per aggiudicarsi tale opera, difficile da credere certo, ma non finisce qui.

I collezionisti facenti parte di questa sorta di club del contemporaneo sono in seguito tenuti a non rivendere le opere in questione  per alcuni anni, anche se il valore delle opere nel frattempo ha raggiunto quotazioni piuttosto alte, chi non rispetta le regole è fuori dal club e non può più comprare opere di determinati artisti rappresentati da determinate gallerie. L’obbiettivo è quello di far raggiungere a tali opere un valore vertiginoso e c’è un semplice modo per farlo.

Luca Padroni alla Galleria 3)5 di Rieti

La galleria 3)5 di Rieti presenta dal 17 aprile al 19 giugno 2010 la mostra personale dell’artista romano Luca Padroni (classe 1973), confermandosi, con questa scelta, come una delle gallerie fra le piu’ vivaci e interessanti del panorama del centro Italia e spazio da tenere sott’occhio per quanto riguarda i progetti futuri. I piani di colore nelle opere di Luca Padroni si accostano in prospettive infinite, legate sempre all’idea di una partenza o forse di un arrivo. Il simbolismo del viaggio, particolarmente ricco, si riassume nella ricerca della verità, della pace, dell’immortalità, nella ricerca e nella scoperta di un centro spirituale.

Nella sala principale della galleria, una tela di grande dimensioni dal titolo Terra! (286x420cm. olio su tela 2010) ci appare come se ci trovassimo dinnanzi ad un’immensa voragine, un gigantesco cratere che sembra stia per divorarci. Ma – se di cratere si tratta – questo si lega al simbolismo intorno alla montagna, che e’ un punto di incontro tra cielo e terra. Ed e’ la terra quella che sostiene, come femmina e madre, come sostanza universale, dà e riprende vita, e’ simbolo di fecondità e di rigenerazione.

Nathaniel Mellors – The Seven Ages of Britain Teaser

La galleria Monitor di Roma inaugura il 16 aprile la prima personale italiana dell’artista inglese Nathaniel Mellors. Focus della mostra sarà il nuovo video The Seven Ages of Britain Teaser, commissionato dall’emittente britannica BBC per la nuova serie televisiva The Seven Ages of Britain presentata dal famoso showman David Dimbledy.

In linea con l’aspetto visionario del lavoro di Mellors in bilico tra uno humor in perfetto stile Monty Pyton unito all’ispirazione per icone del cinema e del teatro come punto di partenza per osservazioni relative alla lingua, all’appropriazione culturale e alle strutture del potere, lo sguardo dell’artista si focalizza ora sulla comunicazione televisiva e sul ruolo che essa ricopre nella società contemporanea.

Tracey Emin, Yayoi Kusama, Damien Hirst e l’arte degli scacchi

ProjectB di Milano porta per la prima volta in Italia, in occasione della 49ma edizione de I Saloni, il Salone Internazionale del Mobile 2010, The Art of Chess, in collaborazione con RS&A che ha commissionato le scacchiere ad alcuni degli artisti più amati e discussi del panorama contemporaneo internazionale, già esposte nel 2009 al museo di arte contemporanea di Reykjavik. L’interesse delle avanguardie verso gli scacchi fu di centrale importanza per lo sviluppo delle scacchiere d’artista nella prima metà del XX secolo. Da Marcel Duchamp a Man Ray, Max Ernst, Alexander Calder, André Breton e Isamu Noguchi sono stati tutti appassionati giocatori.

La prima volta che una collezione di artisti di questo calibro si sono trovati a celebrare il gioco degli scacchi è stato a New York nel 1944 per la mostra L’immagine degli scacchi presso la Julien Levy Gallery. In mostra a Milano sette scacchiere – a dimensioni reali – dove base, pedine re e regine sono state reinventate da sette artisti: Tracey Emin, Tom Friedman, Damien Hirst, Barbara Kruger, Yayoi Kusama, Alastair Mackie, Rachel Whiteread.

Negli anni ’70 l’arte era più vicina alla gente

Alcuni giorni fa il noto gallerista americano Jeffrey Deitch ha rilasciato un’intervista in cui si parlava dei cambiamenti occorsi all’interno del mondo dell’arte negli ultimi quaranta anni. Le dichiarazioni di Deitch potrebbero farci comprendere quanto questi cambiamenti hanno in qualche modo de-umanizzato ed allontanato I protagonisti della scena dal loro pubblico, ma vediamo cosa ha detto Deitch:

Il mondo dell’arte è senz’altro meno aperto di quanto lo era nel 1970. In quegli anni ad esempio Dan Flavin poteva recarsi in un pub dopo aver installato la sua mostra e magari imbattersi in Blinky Palermo e magari i due potevano decidere di andare a cena insieme farsi cucinare qualcosa Da Julian Schnabel che a quei tempi era lo stimato chef di un ristorante di Manhattan, insomma tutto era più a misura d’uomo. Oggi ci sono le cene della Gagosian Gallery, eventi superblindati  dove possono accedere solo i collezionisti miliardari o le star dell’arte contemporanea o meglio ancora ragazze giovani estremamente attraenti”.

Valerio Berruti – I wish I was special

Due bambine che giocano, si prendono per mano, si stringono l’una all’altra, si allontanano, si osservano e guardano lontano. Ancora l’infanzia protagonista di questa mostra di Valerio Berruti – presentata il 12 maggio nella galleria romana di Ermanno Tedeschi e il giorno successivo nella sede torinese – la sua prima personale dopo l’entusiasmante esperienza alla Biennale di Venezia.

L’artista prosegue il suo percorso fatto di immagini essenziali che ripensano i temi degli affetti, della quotidianità e dei legami familiari, per la prima volta mettendo al centro dell’opera due soggetti. I wish I was special nasce da una riflessione sulla personalità e sul momento in cui essa si forma: le due protagoniste, ritratte con la tecnica minimale che caratterizza l’artista, dialogano fra di loro, mutano, sembrano fondersi l’una con l’altra per poi discostarsi nuovamente, mettendo lo spettatore nella posizione di decidere se siano due figure distinte o se si tratti invece di uno sdoppiamento della stessa persona.

Un labirintico Gregor Schneider alla Fondazione Volume! di Roma

La Fondazione Volume! di Roma inaugura il 28 aprile (l’evento rimarrà in  visione fino al prossimo 28 maggio) la mostra Totem Raum, Rom 2010, personale dell’artista tedesco Gregor Schneider a cura di Danilo Eccher e Claudia Gioia.

Tortuosi passaggi che confondono e disorientano nell’incertezza della meta, un ambiguo viaggio nelle strettoie della vita per riflettere sulla sua temporalità, accidentalità ed inevitabile contiguità con la morte. Gregor Schneider (Rheydet 1969), artista tedesco tra i più rappresentativi del panorama contemporaneo, vincitore del leone d’oro nella 49ma Biennale di Venezia, noto per la sua abile ossessione nel costruire e ricostruire ambienti, crea appositamente per gli spazi della Fondazione Volume! un percorso installativo che alla barocca esorcizzazione della morte affianca l’aderenza alla materialità della vita.

Russia Today, video arte russa alla Nina Lumer di Milano

Russia Today: Video arte dalla Nuova Russia, evento organizzato dalla galleria Nina Lumer di Milano (dal 16 aprile al 28 maggio 2010) presenta opere di alcuni dei più apprezzati esponenti di arte contemporanea russa a livello internazionale: Viktor Alimpiev, Sergey Bratkov, Anna Jermolaewa e Vladimir Logutov, che hanno fatto (e continuano a fare) del video uno dei loro mezzi d’espressione più efficace. Nel loro continuo oscillare tra mise-en-scène e realtà quotidiana, tra plastica e pelle, tra caos e ordine, i video in mostra ci parlano, almeno in superficie, di questa Nuova Russia, temibile ed amabile allo stesso tempo.

Sono però opere queste che si presentano come una minaccia agli stereotipi amati dagli appassionati di turismo che tendono ad identificare intere nazioni con determinate icone-souvenir – matrioske, caviale, vodka, gasdotti e barili di petrolio, nel caso della Russia. Sono opere che certamente ci parlano, apertamente o indirettamente, di Russia, ma che non si esauriscono in indicazioni topografiche. Forse l’approccio più legittimo è considerare questi video dei paesaggi psicologici, logos non topos, espressioni, in altre parole, di condizioni che non si esauriscono nel particolare, ma si ampliano nell’universale.